Il Fatto, Giulietto Chiesa e i complotti sull’11 settembre

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La replica punto per punto ad un articolo - intervista pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 14 settembre scorso con il titolo “L'eredità dell'11 settembre. Il complotto non muore mai” a firma di Alessandro Cisillin. Il complotto non muore mai...…e si alimenta a spese del cervello

Alcune teorie complottiste non smetteranno mai di perseguitarci e, anzi, più passa il tempo (e si perdono i ricordi dei fatti), più si ripropongono con rinnovata forza. Kennedy fu ucciso da un plotone di tiratori, l’uomo non è mai stato sulla Luna, il DC9 di Ustica fu crivellato di missili sparati da aerei di almeno mezza dozzina di paesi diversi e l’11 settembre del 2001 è successo di tutto e di più, tranne quello che è veramente successo.



I VERI COMPLOTTISTI – Al di là dello sfregio che certe teorie arrecano ai fatti, ai loro protagonisti e alle loro vittime, è motivo di rammarico la consapevolezza che il moltiplicarsi di ciarlatani e di teorie campate in aria finisce per compromettere irreparabilmente la possibilità di svelare complotti reali. Infatti, nessuna persona di buon senso crede che i complotti non esistano mai. Il punto è che i veri complotti sono concepiti per restare segreti, non certo per essere svelati da qualsiasi nullafacente munito di connessione Internet. Su questa base possiamo individuare almeno tre categorie di persone che parlano di complotti: i complottisti sono coloro che, pur di sostenere le proprie convinzioni, mentono o ricorrono a espedienti di vario genere; i razionalisti sono quelli che credono all’esistenza di un complotto ma ammettono di non averne le prove; e infine ci sono quelli che scoprono i complotti e ne mostrano le prove (e di solito vincono il Pulitzer). Grazie alla snervante insistenza dei primi, si finisce per fare di tutta l’erba un fascio e di definire complottista chiunque parli di complotto, anche quando lo fa a ragion veduta.

IL COMPLOTTO NON MUORE MAI – Pertanto, è bene precisare che in questa sede si parlerà di complottisti in senso stretto, ossia della prima categoria che abbiamo elencato e in particolare analizzeremo un articolo – intervista pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 14 settembre scorso con il titolo “L’eredità dell’11 settembre. Il complotto non muore mai” a firma di Alessandro Cisillin.



Complottista? Non vuol dire nulla. Piuttosto, scovare complotti è il mestiere del giornalista.



L’articolo inizia così, citando le parole di Giulietto Chiesa, giornalista, ex europarlamentare, produttore di un film (e relativo libro) intitolato “Zero” che già dal 2007 , prometteva di svelare la verità sui fatti dell’11 settembre, ma in effetti era concepito – per bocca dei suoi stessi autori – per essere utilizzato come un vero e proprio strumento politico. Il mestiere di un giornalista non è scovare complotti (soprattutto dove non ci sono) ma è quello di raccontare i fatti, le ipotesi e le opinioni, badando che ciascuna categoria sia ben riconoscibile al lettore. Se si presentano ipotesi come fossero fatti, se si presentano informazioni decontestualizzate al fine di distorcere la verità, non si fa certo il mestiere del giornalista: si è bugiardi e basta.

IL CONSENSUS PANEL – L’incipit dell’articolo:

Se la ride Giulietto Chiesa, membro del 9/11 Consensus Panel, un tavolo internazionale di scienziati, intellettuali ed ex militari mobilitato negli Stati Uniti per contestare in modo documentale le verità ufficiali sugli attentati di undici anni fa.

In realtà il “Consensus Panel” è l’ultima arrivata di una serie di associazioni complottiste create negli ultimi dieci anni in USA. Quasi nessuno dei suoi membri  è uno scienziato in senso stretto, l’unica eccezione è probabilmente il fisico Steven E. Jones, già noto per aver avuto un ruolo importante nel certificare la scoperta della fusione fredda (che poi si rivelò una bufala) e per aver sostenuto di avere le prove che Gesù Cristo visitò il Sud America. Qualcuno penserà che non è giusto contestare una teoria screditandone i suoi sostenitori, ma la questione è diversa. Nel momento in cui le referenze di un soggetto (“scienziati, intellettuali ed ex militari”) sono utilizzate per dare credibilità e spessore alle teorie che propugna, è più che giusto verificarne il grado di attendibilità. E di sicuro uno scienziato che scrive un rapporto inteso a dimostrare che Gesù Cristo è stato in Sud America, è ben poco attendibile in termini scientifici.

Tra gli altri membri del cosiddetto “panel” troviamo anche attori, insegnanti di educazione fisica, assistenti sociali, registi cinematografici. Di “scienziati” c’è poco o niente, “ex-militari” non significa nulla e “intellettuali” è un’etichetta che chiunque può appiccicarsi assieme a un paio di occhialini da vista e a un bel blog. Gli amministratori del “panel” sono David Ray Griffin (un professore di religione), William Veal (un avvocato) e Elizabeth Woodworth (una libraia). Anche il riferimento alle “verità ufficiali” è ingannevole. I fatti dell’11 settembre sono avvenuti sotto gli occhi di tutti, hanno coinvolto decine di migliaia di persone, sono stati oggetto di regolari processi e di numerosissime inchieste  anche indipendenti. Non sono quindi una velina prodotta dall’ufficio stampa del governo americano, bensì una tragedia comunemente vissuta, accettata, accertata. Ci sono perfino le rivelazioni, confessioni, documentazioni provenienti dagli stessi responsabili degli attacchi. Tutto questo non può essere definito “verità ufficiale”, è verità e basta.


LE CREPE
Proseguiamo passo per passo:

E se la ride perché si allargano le crepe su tali verità e la platea degli scettici, tant’è che perfino il New York Times denuncia ora la strana “sordità di Bush” dinanzi alla quantità impressionante di precedenti allarmi di un imminente attacco da lui ricevuti e ignorati.

A parte il fatto che non c’è nessuna crepa che si allarga (tant’è che nessun giudice americano ha mai messo in dubbio i fatti dell’11 settembre e non lo ha fatto nemmeno l’amministrazione Obama) la “quantità impressionante” di allarmi è un fatto noto da molti anni. Esso è perfettamente documentato nel 9/11 Commission Report (il rapporto della Commissione di Inchiesta indipendente), nel Joint Inquiry (il rapporto del Congresso sull’operato dei servizi segreti) e nelle inchieste dei reporter investigativi, quali Lawrence Wright, Peter Lance, Steve Coll. Si tratta di documenti redatti a partire dal 2002, quindi sono almeno dieci anni che queste circostanze sono state accertate e a partire dal 2004 sono diventate di dominio pubblico. Quindi non c’è alcuna nuova rivelazione, tantomeno straordinaria. Ma, in termini di logica del complotto, il fatto che ci siano stati molti allarmi (da parte di CIA ed FBI) cosa dovrebbe significare? Se davvero la CIA avesse organizzato un complotto, perché avrebbe dovuto essere così idiota da tentare in tutti i modi di allarmare Bush sul proprio complotto? E se Bush avesse avuto la coda di paglia, perché non ha fatto sparire tutte le prove di quei imbarazzanti “allarmi”? E se non fosse stato possibile far sparire questi documenti, come si può pensare che si sarebbe potuto organizzare in segreto un simile complotto?

Non c’è logica. Semplicemente perché non c’è stato nessun complotto. D’altro canto, quando un presidente apprende dai propri servizi di controterrorismo che c’è il rischio di attentati, cosa dovrebbe fare? Indossare cinturone e pistola e dare la caccia ai terroristi? O piuttosto dire ai suoi uomini: “Ok, mi avete dato questa notizia, ma non vi pago per darmi le notizie. Vi pago affinché evitiate che una cosa simile possa accadere”. Gli allarmi della CIA e dell’FBI contenevano anche “richieste di azioni”? I documenti dicono di no. Si trattava di informazioni, abbastanza generiche, che appaiono sorprendenti solo se osservate con il senno del poi. Nell’eBook Crono911, c’è una sezione dedicata proprio a questo aspetto, con indicazione di tutte le fonti e i documenti di riferimento, dai quali si evince chiaramente che la sottovalutazione della minaccia non fu certo un errore di Bush (peraltro insediato da pochi mesi) ma piuttosto della CIA e dell’FBI e della loro incapacità di condividere le informazioni.

GLI ARTICOLI SCIENTIFICI – E poi:

Ma i sospetti che hanno mobilitato migliaia di siti web, documentari, libri e articoli scientifici vanno ben oltre l’antica accusa dell’inazione, rimpallata tra la Casa Bianca e la Cia.

Innanzitutto di articoli scientifici degni di questo nome (ossia scritti con metodo scientifico e condivisi dalla comunità scientifica) che avallino le teorie complottiste sull’11 settembre, semplicemente non ce ne sono. Ci sono articoli spacciati per scientifici ma nessuna rivista scientifica attendibile ha mai pubblicato articoli del genere. Non è poi vero che ci sia stato un “rimpallo” di accuse di inazione tra Casa Bianca e CIA. Il 9/11 Report e il Joint Inquiry hanno individuato le responsabilità di ciascuno, descrivendo e documentando con precisione le informazioni in loro possesso e perfino le perplessità degli investigatori, acquisendo finanche i messaggi email scambiati. Basta armarsi di pazienza e leggere le migliaia di pagine dei due rapporti.

 

 


LE FALSIFICAZIONI
Si prosegue:

La denuncia è quella di una serie di deliberate falsificazioni. L’ultima a emergere coinvolge i video che ritrassero i 19 terroristi mentre s’imbarcavano sugli aerei. “Pochi e falsi”, giura l’ex europarlamentare Chiesa, secondo il quale non sono mai saliti a bordo.

Analizziamo quest’affermazione da un punto di vista logico. Ipotizziamo che Chiesa abbia ragione: i 19 terroristi non sono mai saliti a bordo. E allora, chi avrebbe dirottato gli aerei? I passeggeri, tutti cittadini americani tranquilli, con famiglia e lavoro? Gli equipaggi, anche quelli composti da professionisti americani con tanto di famiglia e onorata carriera? E perché mai avrebbero dovuto suicidarsi? Per fare piacere alla CIA? Non ha senso. Bisognerebbe quindi dedurre che i quattro aerei non sono mai decollati, non si sono mai schiantati. Allora mentono centinaia e centinaia di famiglie che sanno perfettamente che i propri cari hanno preso quei voli? Mentono centinaia di addetti alle torri di controllo e ai servizi aeroportuali e alle compagnie aeree, che sanno perfettamente che quei voli sono decollati regolarmente e non hanno fatto più rientro? E le chiamate effettuate dai passeggeri e dagli assistenti di volo, usando i telefoni di bordo, sono tutte false anch’esse?

Mentono anche i gestori dei servizi telefonici? E cosa sarebbero gli aerei che si sono schiantati l’11 settembre? Altri Boeing dipinti con le livree di American Airlines e di United? E come mai migliaia di persone della Boeing non lamentano la scomparsa di altri aerei (e far sparire un aereo non è esattamente come nascondere un posacenere…)? E come mai i resti di piloti, assistenti di volo e passeggeri, sono stati recuperati tra le macerie e identificati con il DNA? Quanta altra gente dovrebbe aver mentito e prodotto false prove? Quante migliaia di persone sarebbero coinvolte in questo fantomatico complotto? Ciascuna delle evidenze sopra elencate può essere singolarmente contestata (mancherebbero le prove, ma si può provare a sostenere, ad esempio, che i controllori di volo fossero complici, o che i gestori telefonici siano stati minacciati, o che qualcuno abbia manomesso i risultati del DNA) ma non è possibile contestare (cum grano salis) un complesso di evidenze così vasto e articolato.

E passiamo ai video dei dirottatori. Sin dai giorni immediatamente successivi agli attacchi, è stato reso noto che gli investigatori avevano rintracciato pochi video e immagini dei dirottatori. Ci sono alcune riprese di un bancomat, le riprese aeroportuali a Portlande quelle dell’aeroporto di Dulles. Queste ultime sono le uniche relative a uno dei voli dirottati (le altre riprese sono di momenti precedenti). Gli investigatori hanno verificato che negli altri aeroporti le riprese delle telecamere non venivano registrate. Quest’ultima affermazione potrebbe essere falsa? No, perché nessuno tra le centinaia di addetti alla sorveglianza aeroportuale che lavoravano presso gli aeroporti di Newark e di Boston ha mai alzano la mano per dire: “Quello che ha scritto la commissione d’inchiesta è falso, ricordo perfettamente che le nostre telecamere registravano”. Quanto al fatto che i video sarebbero “falsi”, non basta dirlo, bisogna dimostrarlo. Quei video non riprendono soltanto i dirottatori, ma anche altra gente: altri passeggeri, altri addetti alla sicurezza. Nessuno di loro ha mai detto: “Ehi, quello non posso essere io”, oppure: “Ehi, non ho mai visto quell’addetto ai controlli di imbarco dove io lavoro da vent’anni”.


LE TELECAMERE DI SICUREZZA – Ancora:

Le immagini dell’orrore hanno fatto il giro del mondo ma molte sarebbero state dunque manipolate o occultate. Il caso più clamoroso riguarda il velivolo piombato sul Pentagono, contornato da centinaia di telecamere di sorveglianza che non hanno saputo filmare il fatto.

Se è per questo, a New York ci sono migliaia – se non milioni – di telecamere di sicurezza, ovunque. Eppure, nemmeno una – dicasi una – ha ripreso gli impatti al World Trade Center. Come si spiega? Semplicemente, le telecamere di sicurezza non sono puntate verso il cielo, ma verso strade, accessi, muri perimetrali, parcheggi. E dato che devono riprendere oggetti relativamente lenti (persone, veicoli) non sono dotate – per evidenti motivi di economicità – di sensori e otturatori capaci di “congelare” oggetti che si spostano ad altissima velocità, come un aereo a reazione. Ciò nonostante, l’impatto al Pentagono (per via del fatto che negli ultimi secondi di volo l’aereo era vicinissimo al suolo) è stato ripreso da alcune telecamere, sia pure con la scarsissima qualità conseguente all’utilizzo di sensori progettati per altri scopi.

Queste riprese sono a disposizione di chiunque, compreso qualsiasi genio del montaggio video e dell’elaborazione grafica, che avrebbe buon gioco a scoprire eventuali manomissioni e a vendere lo scoop ai giornali o a consegnare le prove a un giudice federale. Non è mai successo in 11 anni. Secondo voi, perché? Se l’impatto del volo American 11 contro la North Tower, che ha dato il via alla sequenza di tragici avvenimenti di quel giorno, non fosse stato ripreso casualmente da una troupe televisiva, quasi certamente i complottisti oggi sosterrebbero che il grattacielo fu colpito da un missile… Oltre alle telecamere di sicurezza, però, ci sono i testimoni, e sono centinaia. A New York come al Pentagono [], e ce ne sono perfino per lo schianto di United 93 nelle campagne di Shanksville. Come la mettiamo? Tutti complici del complotto?

GLI SCHERMI RADARSugli schermi:

E a proposito di false immagini, ci sono quelle che avrebbero “accecato” gli schermi radar della difesa aerea statunitense proprio nei minuti dell’attentato. Un’anomalia che si aggiunge a quella di una quantità straordinaria di esercitazioni militari, ben sette, anticipate proprio a quella mattina dirottando l’aviazione lontano dai punti nevralgici del paese.

Quest’affermazione è semplicemente falsa. Gli schermi radar della difesa aerea statunitense (così come quelli del controllo aereo civile) non sono mai stati “accecati”. Addirittura, tutti i dati radar sono stati rilasciati dall’aviazione americana e possono essere scaricati e analizzati da qualsiasi curioso, che può anche riprodurre sul proprio computer la visualizzazione dei contatti. In nessun momento ci sono accecamenti di sorta. Quanto alle esercitazioni, innanzitutto bisognerebbe dire che la difesa aerea americana, nel settore in cui si sono verificati i dirottamenti, poteva contare solo su quattro caccia intercettori, perché dopo la fine della Guerra Fredda c’era stato un drastico ridimensionamento dei velivoli in allarme e, addirittura, il GAO, la corte dei conti americana, aveva raccomandato la totale abolizione del servizio di allarme per difesa aerea sin dal 1994! Nessuno degli aerei dislocati per il servizio di allarme è stato dirottato altrove a causa delle esercitazioni. Semmai, la presenza di esercitazioni ha aumentato il numero di velivoli e piloti disponibili e difatti tra i primi caccia ad arrivare su Washington ci furono proprio alcuni velivoli impegnati in esercitazione e decollati dalla base aerea militare di Andrews. E’ poi del tutto pacifico che negli Stati Uniti, che dispongono delle forze armate più potenti al mondo con centinaia di basi militari, ogni giorno vi siano numerose esercitazioni di ogni tipo.

 


IL CROLLO
E il crollo:

Poi ci sono le incongruenze sulle modalità del crollo delle Torri, compatibile, a detta di fisici, ingegneri e architetti, solo con una catena di esplosioni controllate propria delle demolizioni, nonché le contraddizioni, in parte emerse anche nell’ambito delle indagini della Commissione ufficiale d’Inchiesta del 2004, sul cedimento dell’Edificio 7, non colpito dai velivoli.

Innanzitutto è bene specificare che la Commissione Indipendente (questo è il termine corretto, non “Commissione ufficiale”) non si occupò affatto dei cedimenti dei grattacieli del World Trade Center e tantomeno di quello dell’edificio 7. Se ne occuparono, invece, gli esperti (veri esperti: ingegneri strutturisti civili, esperti metallurgici e di anti-incendio) del NIST, che pubblicarono le loro risultanze a partire dal 2005, quindi dopo la chiusura dei lavori della Commissione Indipendente. Oltre alle centinaia di esperti del NIST, anche prestigiosi ingegneri indipendenti la cui competenza è riconosciuta a livello mondiale, si sono occupati dei collassi e hanno presentato studi e rapporti, non solo americani ma perfino cinesi  e arabi . Nessuno di loro ha mai nemmeno ventilato l’ipotesi che i grattacieli siano collassati per effetto di esplosioni controllate. Tra l’altro, i crolli sono avvenuti sotto gli obiettivi di centinaia di telecamere e chiunque può vedere e sentire che non c’è alcuna “catena di esplosioni”. Basta cercare da sé qualche filmato originale (e non quelli videomontati dai complottisti) di demolizioni controllate, completo di audio, per verificare che nulla di simile è successo l’11 settembre 2001. 


I SERVIZI –

Su questo e altro c’è chi si limita a elencare obiezioni e quesiti senza risposta. Molti però chiamano direttamente in causa la Casa Bianca. “Fu un’azione congiunta dei servizi americani, britannici, israeliani, sauditi e pakistani, coordinata dall’ex vicepresidente Cheney”, l’opinione di Chiesa. Il movente?

Addirittura Chiesa dà la colpa a cinque servizi segreti di altrettanti nazioni. Tiene fuori russi, cinesi, francesi… forse perché gli sono più simpatici? Ma se così fosse, davvero si può pensare che un complotto che ha coinvolto decine di migliaia di persone a ogni livello, non sia conosciuto ai servizi segreti russi? E perché mai starebbero zitti? Vorrebbe dire che anche gli altri sono parte del complotto, almeno dal punto di vista della copertura e dell’accettazione di quanto è successo. Di questo passo, tre quarti della popolazione mondiale è parte del complotto…

DOPO L’11 SETTEMBRE

“È nella storia attuale. Dopo l’11 settembre gli americani hanno fatto quel che hanno voluto, tra le guerre in Afghanistan e Iraq, le restrizioni globali sui diritti civili e perfino la finanza, con i guasti esplosi nella crisi del 2008. Accertare la verità non significa quindi guardare al passato, serve al futuro”, spiega il giornalista, guardato con folklore dai più.

Guardato con folklore è un eufemismo, ma almeno è un piccolo segnale di presa di distanze da parte dell’intervistatore nei confronti di un Giulietto Chiesa che – quando comincia a parlare di complotto sull’11 settembre – lancia affermazioni così poco credibili che perfino l’interlocutore meglio predisposto inizia a pensare che certe posizioni non sono sostenibili. Ad ogni modo, ciò che è accaduto dopo l’11 settembre ne costituisce conseguenza, e ben difficilmente si può dire che sia stata una conseguenza voluta a priori dagli americani, anche perché l’organizzazione di un simile complotto non poteva certo avvenire nei pochi mesi di presidenza Bush (lo dimostrano anche i primi ingressi dei dirottatori in territorio americano) ma richiedeva tempi di pianificazione che ricadono cronologicamente nel periodo di presidenza Clinton, e tempi di gestione delle conseguenze che ricadono ancora oggi sull’amministrazione Obama. Il tutto non avrebbe alcun senso.

BUSH –

Lui però fa sul serio e nelle prossime settimane, assieme al presidente onorario aggiunto della Cassazione Ferdinando Imposinato, denuncerà l’amministrazione Bush alla Corte Penale dell’Aja.

E’ passato almeno un anno da quando Imposimato ha annunciato questa famosa denuncia e non l’ha ancora presentata. Se davvero le prove del complotto fossero così evidenti, come sostengono i complottisti e dato che sono più di 10 anni che i complottisti affermano di averle, con tanto di studi e relazioni pubblicati in ogni dove sul Web e diffusi anche con libri e film, perché Imposimato non ha ancora presentato questa denuncia? Curiosamente, negli USA i complottisti che hanno tentato questo genere di cause si sono visti condannati a risarcire 15.000 dollari di spese legali e sanzioni, per l’evidente infondatezza e fantasiosità delle loro accuse. Tuttavia, la comunità dei debunker (così sono definiti coloro che contestano le teorie, le affermazioni e i metodi dei complottisti) guarda con interesse e curiosità all’iniziativa di Imposimato (sarebbe la prima volta, almeno da questa parte dell’Atlantico, che i complottisti portano le loro prove in un tribunale, anziché farne libri e film) e si chiede cosa faranno i complottisti se i giudici dell’Aja respingeranno il ricorso: diranno che anche la Corte Internazionale è sul libro paga della CIA?

INSISTENZA – A conferma dell’estenuante insistenza dei complottisti, il 15 settembre Il Fatto Quotidiano ha pubblicato un altro articolo sul tema, questa volta a firma di Giulietto Chiesa in persona, con il titolo “11 settembre. E noi insistiamo”. L’articolo di Chiesa si apre con la storia dei video aeroportuali che riprendono i dirottatori e spiega chi avrebbe stabilito che quei video sarebbero falsi:

 “Ora il panel internazionale di esperti (del quale mi onoro di fare parte) ha concluso che anche quelle pochissime immagini sono false. Per altro esse risultano manipolate (da chi?) in diversi modi e in diversi punti”.

A certificare la manipolazione dei video, quindi, sono stati i vari complottisti (autodefinitisi esperti) che – come si è detto più sopra – compongono il cosiddetto “panel” (poeti, assistenti sociali, insegnanti di ginnastica…). Vero che c’è Massimo Mazzucco, che si diletta a produrre filmati complottisti, ma sulle sue capacità di analisi è bene essere molto scettici, visto che è riuscito a confondere la scritta SHON con quella della NASA. Poi Chiesa se la prende con la valigia di Atta, il capo dei dirottatori, che fu recuperata in aeroporto in quanto il bagaglio non fece in tempo ad essere imbarcato sul volo American 11:

In particolare risulta del tutto ridicola la scoperta della confessione di Atta in un bagaglio che avrebbe dovuto essere imbarcato sull’aereo destinato a schiantarsi  contro la torre nord del World Trade Center. Mohammed Atta doveva proprio essere ubriaco per scrivere la confessione e poi portarsela con sé nella tomba.

PROBLEMI – La considerazione è arguta. O meglio, sarebbe arguta, se effettivamente nel bagaglio di Atta fosse stata trovata una confessione. Ma così non è. La lettera trovata nella valigia, infatti, è una specie di “memorandum” per i dirottatori, una lista di cose da fare e di comportamenti da tenere prima del martirio. E’ quindi del tutto normale che l’abbia messa in valigia, senza preoccuparsi che fosse distrutta con lo schianto. Questo è il tipico comportamento dei complottisti: mistificare la realtà, anche attraverso piccole e impercettibili (per chi non abbia un’ottima conoscenza dei fatti) correzioni come quella di definire confessione una lettera che ha tutt’altro contenuto e significato. Se i complottisti fossero davvero convinti della bontà delle proprie prove, perché hanno bisogno di ricorrere a simili trucchetti? Poco oltre Chiesa scrive:

Questo vale, ancora più clamorosamente, per il video dei 5 (cinque) dirottatori del volo AA77 (quello su cui sarebbe stata imbarcata anche la signora Barbara Olson, che, secondo la vulgata ufficiale fece una telefonata al marito in cui gli fece la telecronaca della  sua imminente fine in una telefonata che durò  zero secondi).

Questa è un’affermazione molto grave. Barbara Olson è morta sul volo AA77. Ha lasciato marito, parenti, amici. L’uso del condizionale, a mettere in dubbio che abbia mai preso quel volo, è un insulto non solo alla memoria della donna, ma anche ai suoi familiari e al marito che è rimasto in contatto telefonico con lei fino a poco prima della sua tragica morte. Quel che è peggio, non è vero che la sua telefonata durò zero secondi. Infatti nelle note 57 e 58 di pagina 455 del 9/11 Commission Report (che a loro volta fanno riferimento a prove esibite e validate nel processo Moussaoui) è chiaramente indicato che Barbara Olson fece 4 telefonate: alle 09:15:34 (durata 1 minuto e 42 secondi), alle 09:20:15 (durata 4 minuti e 34 secondi), alle 09:25:48 (durata 2 minuti e 34 secondi) e alle 09:30:56 (durata 4 minuti e 20 secondi). I dati provengono dalle registrazioni del gestore telefonico AT&T al quale apparteneva l’Airphone (telefono di bordo) utilizzato dalla donna.

NECESSITA’ – Perché Chiesa ha bisogno di mentire? L’articolo di Chiesa si chiude chiamando in causa un certo Paul Craig Roberts (e le sue considerazioni complottiste) che si auto referenzia con queste parole:

Come ex membro dell’apparato del Congresso e come funzionario di nomina presidenziale per alti compiti, io avevo accesso a segreti di primaria importanza in termini di sicurezza. Ai miei compiti di assistente al segretario al tesoro degli Stati Uniti si aggiungevano responsabilità nella Fema (Federal Emergency Management Agency, ndr) in caso di attacco nucleare. C’era una montagna dove nascondersi alla quale si supponeva che io avrei dovuto fare rapporto nel caso di un attacco nucleare e in cui  io sarei stato incaricato di assumere  il governo degli Stati Uniti  nel caso che nessun più alto dirigente fosse sopravvissuto all’attacco.

CURRICULUM – Sembra davvero una persona molto importante, questo Craig Roberts, addirittura candidato a guidare gli Stati Uniti in caso di attacco nucleare che avesse decimato i vertici della catena di comando. Nella sua biografia, però, non c’è traccia di simili responsabilità (peraltro, teoricamente anche lo sceriffo di un paesotto del Texas potrebbe assumere il governo degli USA “nel caso che nessun più alto dirigente fosse sopravvissuto all’attacco”). Craig Roberts è stato un economo, per un paio d’anni ha avuto un incarico governativo in materia, nei primissimi anni ottanta. Tutto qui o poco più. In compenso, è stato criticato per le sue posizioni antisemite, quasi una costante dei complottisti americani, che solitamente provengono da ambienti neonazisti. Insista pure, Giulietto Chiesa. Ma una frottola, anche se ripetuta mille volte, resta sempre una frottola.