Tutti i guai di Airbnb

Categorie: Economia

La Catalogna ha multato il popolare servizio che permette ai privati di affittare per brevi periodi case o stanze perché viola le leggi locali in materia di locazione. Si tratta dell'ultimo di una serie di ostacoli al servizio che se da un lato fa il bene dei proprietari dall'altro pone interrogativi dal punto di vista fiscale ed economico

Airbnb come Uber? Il popolare servizio statunitense che permette a chiunque di affittare o subaffittare la propria casa anche solo per pochi giorni, nato nel 2008 ed ormai presente in 200 Paesi, se da un lato sta riscuotendo un enorme successo tra i propri clienti, dall’altro sta suscitando non poche perplessità dal punto di vista legislativo, con alcuni Paesi pronti a fermare l’espansione del servizio pur di tutelare le norme nazionali in tema di affitto e locazione di immobili.



 

(Lapresse-AP Photo/Airbnb)

 



LA MULTA DELLA CATALOGNA AD AIRBNB – La Catalogna qualche giorno fa ha multato Airbnb, così come altre sette società del settore, per 30.000 euro in quanto ritenuta colpevole di non aver rispettato, insieme ad altre sette aziende del settore, le leggi locali in materia di affitto. Il Sole 24 Ore ricorda che la regione autonoma spagnola, nel 2012, ha promulgato una legge locale che impone la registrazione di tutti gli appartamenti affittati per turismo presso un ente apposito che poi trasferisce i dati al ministero del Turismo. Soprattutto, con questa legge la pratica di affittare stanze all’interno dei singoli appartamenti viene dichiarata illegale. Di fatto Airbnb viene inibita nella sua attività principale, ovvero quella di affittare singole stanze o la propria casa per pochi giorni.

LE MULTE DEL 2013 – Il governo catalano, aggiunge Il Post, ha fatto sapere che potrebbe in futuro decidere di bloccare gli accessi ad Airbnb dalla propria regione. Un provvedimento di difficilissima attuazione, probabilmente, che sembra studiato più ad impedire la pubblicazione di annunci piuttosto che la prenotazione da parte dei turisti. Turisti che sarebbero i primi responsabili della multa comminata all’azienda. Nel maggio del 2013 il governo catalano ha analizzato un centinaio di casi denunciati da altrettanti cittadini che lamentavano la presenza di turisti rumorosi e in quantità fuori controllo in alcuni appartamenti in affitto per le vacanze. Le autorità hanno multato i responsabili, accusati di avere violato le leggi locali sulle modalità di affitto degli appartamenti, per un totale di 90.000 euro.



 

(Photo by Chris Weeks/Getty Images for Airbnb)

 

LA DELUSIONE DELL’AZIENDA – Un eventuale blocco di Barcellona rappresenterebbe un duro colpo per Airbnb, che nella città catalana ha il suo terzo mercato dopo New York e Parigi. La delusione dell’azienda è evidente ed è testimoniata dalle parole di un portavoce:

 «Barcellona dovrebbe essere una città ai vertici dell’innovazione. Per questo motivo la decisione ci provoca dispiacere. Così facendo non si permetterà alla città di restare al passo coi tempi»

Ora toccherà agli avvocati dell’azienda californiana capire come agire. Airbnb ne ha approfittato per ricordare i benefici economici del suo servizio all’economia catalana con quattro mila nuovi posti di lavoro e ricavi per 130 milioni di euro.

QUANTO COSTA AIRBNB – Una cifra che rappresenta una parte dell’indotto complessivo di Airbnb che addebita agli ospiti «un costo del servizio per l’uso della piattaforma che va dal 6% al 12% in base al totale della prenotazione», con la percentuale che varia al momento della prenotazione in quanto tiene conto del numero degli ospiti. Inoltre l’azienda addebita agli host, ovvero a coloro che offrono il proprio spazio «un costo del servizio del 3% per ogni prenotazione completata tramite il sito». Condizioni per gli host evidentemente vantaggiose, visto che come ha spiegato il Guardian, due settimane fa 200 affittuari di Barcellona inseriti nel network di Airbnb hanno manifestato per le strade chiedendo alle autorità di tutelare il servizio in grado di garantire loro un guadagno extra.

I DIVIETI IN TUTTO IL MONDO – Barcellona rappresenta però l’ultima grana in termini di tempo per Airbnb. Nel marzo del 2013 nello stato di New York, negli Usa, un uomo è stato condannato ad una multa di 2.400 dollari perché la legge statale vieta il subaffitto per un periodo inferiore a 29 giorni, a meno che il concessionario sia in casa. Rimanendo negli Usa, il subaffitto è vietato nel Michigan mentre in Nuova Zelanda, così come nello stato canadese dell’Ontario, il proprietario deve firmare un permesso scritto per accordarlo. Previsto invece il subaffitto in Quebec,Canada, per un periodo non inferiore ai 31 giorni e dietro pagamento di 250 dollari per la concessione ufficiale. Il Guardian aggiunge poi che il servizio è oggetto di dispute a San Francisco, New Orleans, Malibu, Berlino, città il cui consiglio comunale ha vietato con una nuova ordinanza l’affitto di stanze senza il permesso delle autorità.

 

(Photo by Vivien Killilea/Getty Images for Airbnb)

 

LA QUESTIONE TASSE – Da non sottovalutare la questione fiscale, Airbnb è parecchio chiara, in quanto invita i proprietari a prendere confidenza con le tasse previste nel loro Paese:

il tuo stato o la tua città potrebbero imporre una tassa sull’affitto di camere. In molti posti questa viene chiamata tassa di soggiorno ma può avere anche altri nomi. Chiediamo ai nostri host di familiarizzare con queste normative e di rispettarle.

Gli affittuari di fatto svolgono un servizio di hotel senza essere registrati come albergatori ed a volte non vengono dichiarati i guadagni. Inoltre, mentre gli hotel sono tenuti a rispettare precise norme sanitarie e relative alla sicurezza delle strutture, chi affitta o subaffitta informalmente non ha doveri. A questo proposito torniamo a Barcellona per proporre i risultati di un’indagine condotta da La Caixa e diffusi da Business Insider che ha stimato come nel 2012 due terzi del miliardo e centomila visitatori della città catalana sia stata accolta in strutture non registrate, con un ammanco fiscale nelle casse del Paese di milioni di euro.

 

 

LA PRESSIONE DELLA GIUSTIZIA A NEW YORK – L’azienda risponde con accordi locali che tengono conto delle tasse con il risultato di una crescita dei prezzi, come accaduto a Portland, in Oregon, dal primo luglio di quest’anno, con un aumento riportato dal Guardiandell’11,5 per cento dei costi d’affitto. In altri casi l’azienda ha dovuto «scendere a patti» con l’autorità. È il caso ad esempio di New York. Come spiega il Sole 24 Ore, il portale degli affitti brevi ha risposto dopo un anno al procuratore di New York Eric Schneiderman che sta indagando sulla legalità dei locatori di New York che si affidano al portale. L’azienda ha comunicato che fornirà alla procura dati relativi ai locatori che affittano le stanze sul sito garantendo l’anonimato e che le autorità avranno un anno di tempo per esaminare i dati e ricevere informazioni sui singoli proprietari che potrebbero essere oggetto di ulteriori indagini.

 

(Gettyimages)

 

VIOLAZIONI NELLA GRANDE MELA? – Schneiderman vuole capire se qualche utente sta facendo il furbo. A New York non si possono affittare stanze o mini appartamenti per meno di trenta giorni, a patto che locatore e locatario condividano lo stesso tetto. Eppure, continua il Sole 24 Ore, sono numerosi gli annunci per periodi più brevi. Si aggiunge poi che si tratta di una concorrenza molto spesso sleale, perché i pagamenti non sono tassati e in più di un’occasione sono completamente in nero. Come detto in precedenza, Airbnb trattiene una percentuale delle somme pattuite tra locatore e locatario che varia dal 6 al 12%. Ma la transazione fra i due soggetti non è tassata. Inoltre il procuratore sospetta che dietro gli affitti degli appartamenti ci sia un business con più annunci riferibili ad un solo soggetto, con Airbnb che sostiene di aver rimosso dal portale i locatori con un numero di annunci sospetto.

L’OPPOSIZIONE DELL’INDUSTRIA ALBERGHIERA – Infine c’è la questione del rapporto tra Airbnb ed industria alberghiera. Come riportato da Businessinsider nel 2012 Airbnb ha contato su 10 milioni di clienti in tutto il mondo per 10 milioni di camere di hotel prenotate in meno. All’inizio gli operatori ritenevano che Airbnb sarebbe stato simile a Couch-surfing, un sistema dedicato a viaggiatori al risparmio che non avrebbero mai prenotato un hotel. Airbnb invece è diverso e rappresenta un problema per tutto un settore, quello del turismo. Merito dei costi minori e della possibilità di avere appartamenti anche in posizione centrale.

 

(Gettyimages)

 

IL VIA LIBERA AD AIRBNB DI AMSTERDAM – Nel 2013 Airbnb ha assunto David Hantman, un esperto di politiche pubbliche internazionali, il cui compito è quello di convincere i governi che i proprietari che affittano con Airbnb non devono essere trattati come catene del calibro del Marriott. Il sospetto è che l’azienda dovrà lavorare a lungo in ogni Paese per evitare di essere buttata fuori dal business degli affitti temporanei. Qualche città ha però aperto le porte all’azienda. Parliamo di Amsterdam che il 13 febbraio 2014 ha introdotto un nuovo regolamento che prevede l’esistenza di un affitto privato. I termini, diffusi da Airbnb, prevedono che i locatari debbano pagare le tasse previste, che gli affitti non debbano superare i due mesi l’anno, come riportato dal Sole 24 ore e che l’autorità ha il permesso d’indagare qualora dovessero esserci lamentele dai vicini o se l’affitto si configura come un business.

IL FUTURO PASSA DALLE LEGGI – Airbnb, così com’è avvenuto con Uber, ha aperto una breccia nella legislazione di tutto il mondo. Questa volta però la legge sembra che il servizio goda di appoggi minori da parte degli stati che temono di perdere milioni in tasse non pagate. Ma esattamente come avviene con Uber, anche Airbnb rappresenta il futuro del turismo. Appare necessaria però una regolamentazione chiara che apra eventualmente le porte a servizi come quello californiano, regolamentazione che tenga conto delle esigenze del territorio e del sistema produttivo in cui è inserito senza cercare lo scontro. Perché senza l’appoggio delle singole autorità cittadine, un’azienda come Airbnb non può sopravvivere.