Al Sisi dice sì alla grande diga in Etiopia

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Il regime egiziano cerca d'evadere l'isolamento internazionale mollando la presa sulle acque del Nilo, vero e proprio feticcio nazionale. E l'Etiopia, con un investimento straordinario, punta tutto sulla diga che gliene sottrarrà una buona parte

È stato finalmente raggiunto l’accordo tra Etiopia, Egitto e Sudan per lo sfruttamento della Grand Ethiopian Reinassance Dam (GERD) o Grand Millennium Dam, la gigantesca diga in Etiopia che intanto l’italiana Salini-Impregilo sta costruendo a cavallo del Nilo Azzurro.



LA DIGA DELLA DISCORDIA – Negli ultimi anni il pomo della discordia tra Etiopia, Sudan e soprattutto Egitto, è stata la gigantesca diga che l’Etiopia sta costruendo sul Nilo Azzurro a pochi chilometri dalla frontiera con il Sudan. La diga andrà per forza a ridurre la fornitura d’acqua egiziana, il che potrebbe rivelarsi disastroso per il paese che s’appoggia tutto sul Nilo e che per di più va incontro a un discreto aumento della popolazione nei prossimi anni.

L’EGITTO HA CEDUTO – L’isolamento internazionale del regime di al Sisi ha favorito gli etiopi, che dopo una corte discreta si sono visti aprire una porta proprio da quei militari egiziani che, chiamati a consiglio dal deposto Mubarak, gridavano invece alla guerra a al bombardamento della diga. L’audio della riunione del gabinetto di sicurezza fu poi reso pubblico preoccupando alquanto il regime di Addis Abeba, che nella diga ha investito pesantemente e che militarmente avrebbe grosse difficoltà a parare la minaccia. Bisogna comunque vedere se l’accordo, che nella sua stesura definitiva è ancora da precisare, riporterà precise indicazioni numeriche sulla quantità d’acqua che arriverà in Egitto, in particolare durante gli anni che serviranno a riempire l’enorme invaso, un bacino che poi incomberà sulle regioni a valle e che rischia di privare l’Egitto dell’acqua necessaria alla sopravvivenza di colture e insediamenti.



IL NAZIONALISMO PUÒ ATTENDERE – L’Egitto cederà quindi su una sua antica pretesa che si fonda sugli accordi d’epoca coloniale, che l’hanno grandemente privilegiato, e accetta di ferire la sacralità da sempre attribuita nel paese al Nilo, che a prescindere dal fatto che nasca molto lontano dall’Egitto, è considerato madre e padre degli egiziani e delle civiltà che hanno espresso nei millenni. Il problema più prosaicamente è che oggi l’Egitto riceve dal Nilo 55 miliardi di metri cubi di acqua all’anno e che secondo l’Istituto Nazionale per la Pianificazione nel 2050 avrà bisogno di altri 21 miliardi di metri cubi, un deficit destinato ad aumentare nella misura in cui la diga ne sottrarrà altri. Che ne sottragga è fuori discussione, oltre a quella necessaria a riempire l’invaso molta se ne perderà per l’evaporazione dallo stesso bacino e pare naturale che l’invaso finirà per servire anche l’agricoltura etiope. Secondo la scheda di Salini l’invaso avrà una capacità di 63 miliardi m3 e una superficie di 1.800 km2, ci sono più di 60 stati al mondo con confini meno estesi.



Conferenza stampa al termine dell’incontro tripartito del 3 marzo a Khartum (Photo credit ASHRAF SHAZLY/AFP/Getty Images)

LE ESIGENZE DELL’ETIOPIA – Il Nilo Azzurro arriverà quindi più esile alla capitale sudanese Khartum, dove s’incontra con il Nilo Bianco, ed è per questo che all’Etiopia serviva assolutamente un accordo che modifichi quello d’epoca coloniale sulla spartizione delle acque prima di terminare la costruzione della diga, nella quale ha investito oltre 5 miliardi di dollari e dalla quale il regime s’aspetta molto. Meno s’aspettano gli etiopi all’opposizione, che finora non hanno visto clamorosi ritorni dalla numerose dighe costruite nel paese, molte delle quali dalla stessa Salini, come quella di Gilgel Gibe III, altro mega-progetto questa volta a cavallo del fiume Omo.

I DUBBI DI MOLTI – La capacità complessiva di generazione eccederà di gran lunga quella di consumo degli etiopi, la gran parte dei quali non sono neppure collegati alla rete, e pare che il regime etiope usi la società elettrica, l’Ethiopian Electric Power Corporation, come una vacca da mungere dopo aver venduto l’energia elettrica ai paesi confinanti. Con la diga in costruzione la produzione elettrica etiope raddoppierà di colpo, i più di 5.000 MW prodotti dalle sue turbine faranno la differenza. Salini-Impregilo nel corso degli anni ha costruito tutte le più contestate opere idrauliche nel paese, ottenendo gli incarichi senza gara e sorvolando con facilità le formalità come le valutazioni d’impatto ambientale e gli studi sulle conseguenze per le popolazioni a monte e a valle delle opere, che invece secondo le associazioni ambientaliste e l’opposizione locale saranno severe.

TUTTO SULLA DIGA – Per avere un’idea dell’inusuale velocità delle procedure basti sapere che il  31 marzo 2011 l’allora dittatore Meles Zenawi ha annunciato la costruzione della «Diga del grande rinascimento etiope», il primo aprile ha concesso un contratto da 4,8 miliardi di euro a Salini e il 2 aprile ha posato la prima pietra. La valutazione d’impatto ambientale è stata fatta altrettanto in velocità dallo stesso appaltante ed è anche per questo che l’Unione Europea ha ritirato parte dell’impegno finanziario che era atteso. Così a forza di polemiche è stato ritirato anche il finanziamento italiano all’opera, finanziamento che non è mancato per altre dighe, ma ciò non ha fermato gli etiopi, che hanno emesso anche un prestito nazionale per finanziarla, decidendo di giocare il tutto per tutto a prescindere dalle grandi incognite che si stagliano ancora oggi sul futuro e le conseguenze dell’opera. L’accordo di ieri dimostra che per ora l’azzardo ha pagato, ma il successo o meno dell’operazione, e dell’opera, potrà essere valutato solo nei decenni a venire.