Alessandria, la (non) favola dei Grigi tornati grandi per una sera
19/01/2016 di Maghdi Abo Abia

L’Alessandria batte lo Spezia in rimonta per 2-1 ed approda in semifinale di Coppa Italia (pardon, Tim Cup, altro segno di insopportabile esterofilia del calcio nostrano) dove incontrerà un Milan desideroso della finale di Coppa per tornare in Europa dando così un senso ad una stagione altrimenti anonima come quei film trasmessi in estate dalle tv commerciali.

L’Alessandria non è una favola ma è la quintessenza della realtà. Lo dimostra il suo cammino in Coppa. 2-1 contro la Pro Vercelli (Serie B), 1-0 contro la Juve Stabia (Lega Pro), 2-3 contro il Palermo (Serie A), 1-2 contro il Genoa (Serie A), 1-2 contro lo Spezia (Serie B). Tolta la sfida contro la Juve Stabia ha sempre preso gol, merito anche di una difesa scolastica e molto grezza. La dimostrazione? Il fallo da rigore di Celjiak su Valentini, una trattenuta con maglia strappata a metà dello spezzino che non poteva non essere punita da Tagliavento con un rigore. Roba da scuola calcio.
Lo Spezia parte bene ma compie lo stesso errore del Palermo e del Genoa: “massì sono di Serie C e manco sanno giocare”. Un pensiero superbo? Chissà. In campo sono calci, interventi che vanno ben oltre il regolamento, roba da campi di periferia. L’Alessandria corre e mena, lo Spezia mena e basta convinto che possa bastare. Come hanno fatto Palermo e Genoa. Invece non basta. Perché succede che poi il tecnico dei grigi Angelo Gregucci manda in campo quello davvero buono, Riccardo Bocalon, e questo in 7 minuti castiga una difesa imbambolata e un portiere, Chichizola, che meriterebbe ben altri traguardi.
Alessandria in semifinale e Spezia piange. Ma è stata vera gloria? No. La partita è stata brutta nella sua bellezza, quel calcio nostalgico che in genere finisce con un perone rotto o una rissa negli spogliatoi. Il tasso tecnico, specie quello dell’Alessandria, è al limiti del risibile. Si salva il gruppo e quel Riccardo Bocalon che potrebbe sfruttare la rampa di lancio piemontese per trovare il posto che merita nel calcio che conta, nella speranza che questa definizione non gli porti sfortuna come a qualcun altro.
E tutti gli amanti del calcio nostalgico, formula ormai abusata figlia dei social network e della condivisione a tutti i costi erano già pronti a sfregarsi le mani immaginando una splendida trasferta allo stadio Giuseppe Moccagatta, casa dell’Alessandria, forte di 5.827 posti. E invece no, si va all’Olimpico di Torino. Il 26 gennaio Alessandria-Milan si giocherà lì. Mancano i requisiti di sicurezza, dicono. Più probabilmente, è meglio giocare in una cornice più grande con tanto di tifosi, visibilità e denaro. Un’altra picconata a quella che non è una favola ma rappresenta la realtà.
Vogliamo per forza una favola? Allora parliamo di Riccardo Bocalon. Classe 1989, nato a Venezia, viene acquistato nel 2008 dall’Inter rimanendo sotto contratto con i nerazzurri fino al 2015. Nel frattempo non giocherà mai coi nerazzurri andando in prestito rispettivamente al Portogruaro, Viareggio, Cremonese, Carpi, Sudtirol, Venezia, Prato, collezionando 165 presenze con 53 gol. Di queste reti, una è valsa la Serie B col Portogruaro. Alessandria-Milan potrebbe rappresentare la vera rampa di lancio per un giocatore che cerca la grande occasione e che contro lo Spezia ha dimostrato di avere l’istinto del vero bomber di razza, oltre che la giusta età, 27 anni da compiere a marzo.
E chissà, la vera favola sarebbe quella di ripercorrere le gesta di un grande Grigio, Gianni Rivera, debuttante in Serie A con la maglia dell’Alessandria contro l’Inter il 2 giugno 1959 e poi passato al Milan al termine di quella stagione. Andrea Rizzoli, presidente rossonero, disse: «Ho speso un sacco di soldi per acquistare un ragazzino di cui non conosco persino il nome». Fu l’ultimo anno dei Grigi in Serie A. Bocalon non è più un ragazzino ma allo stesso tempo fino a questa stagione era un illustre sconosciuto. Oggi ha dimostrato di essere una punta che puo’ fare male e che con il giusto allenamento potrebbe diventare qualcuno.
L’Alessandria non ha fatto altro che giocare come una squadra di Lega Pro. Poca tecnica, tanto agonismo, calci che non guastano mai, tutti ingredienti che hanno permesso a una squadra priva d’individualità importanti di giocarsela contro il Milan. La semifinale di Coppa Italia è un premio, in uno stadio grande, enorme per le necessità dei Grigi, con visibilità in tutto il mondo. Il destino è scritto, non scherziamo, del resto il tecnico Angelo Gregucci in serie A ha un ruolino purtroppo per lui da record in negativo: due esperienze, Lecce e Atalanta, zero vittorie, un pareggio e otto sconfitte.
Possiamo solo sperare in Riccardo Bocalon, il golden boy di Alessandria, 10 gol in 15 presenze, unico in grado di cambiare le sorti della propria squadra, unico a poter sperare di diventare grande in un calcio dove 5.000 persone accolgono all’aeroporto uno che ha segnato un solo gol su azione in Serie A, un mondo in cui essere di talento e italiano rappresenta un handicap. Alessandria, Inter e il sogno Milan. Se i grigi sono una favola lo devono a lui. Anche perché in Lega Pro il Cittadella in vetta a 35 punti sta scappando, il Bassano è appaiato con i grigi al secondo posto a 32 e dietro ci sono Feralpi Salò (31, vincitore dello scontro diretto per 3-0) e Sudtirol (30) che rampano.
Bocalon per continuare il sogno deve dare il massimo contro i rossoneri in quella che sembra l’ultima occasione per l’Alessandria, la prima da quel lontano 1959. E come in quel 1959 potrebbe scattare una scintilla. Basterebbe un gol e l’estate per lui potrebbe essere dorata. Nuovi palcoscenici, nuovi tecnici, nuovi allenamenti, nuove prospettive per un numero 9 come quelli di una volta. Un nuovo golden boy, ciò di cui l’Italia pallonara ha disperatamente bisogno.
(Photocredit copertina: ANSA/LUCA ZENNARO)