Alitalia, cosa succede dopo il referendum

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Gli scenari che seguono la bocciatura dell'accordo sul taglio del costo del lavoro

Cosa succede ad Alitalia dopo il referendum che ha bocciato il piano di salvataggio della compagnia aerea? Il successo del fronte della protesta guidato da piloti e hostess (circa il 67% di contrari all’accordo che prevedeva tagli al costo del lavoro) apre la strada al commissariamento dell’azienda. Oggi il cda prenderà atto del risultato del voto (al quale ha partecipato l’87% dei dipendenti, oltre 10mila votanti) e chiederà al governo la nomina di un commissario straordinario, che dovrebbe poi accompagnare Alitalia verso la vendita.



 

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ALITALIA, COSA SUCCEDE DOPO IL REFERENDUM

È probabile l’acquisto da parte dei tedeschi di Lufthansa. Ma non sono esclusi altri scenari. Scrive Alessandro Barbera sul quotidiano La Stampa:

Questa volta però le troppe sigle Alitalia non potranno porre i veti che nella primavera del 2008 fecero scappare da Roma l’allora amministratore delegato di Air France-Klm Jean Cyril Spinetta, disgustato dall’arroganza con cui i leader tentarono di imporgli un piano di salvataggio diverso da quello immaginato. Ammette una fonte di governo sotto la richiesta di stretto anonimato: «Se oggi dicessimo agli italiani che Alitalia deve fallire riceveremmo più applausi che fischi». Se ciò non avverrà, è solo perché in ballo ci sono dodicimila posti di lavoro, un pezzo di traffico aereo italiano e conseguenze politicamente più gravi dei soldi pubblici che in ogni caso lo Stato dovrà sborsare per gestire i nuovi licenziamenti. A Fiumicino c’è già il nome di colui che dovrebbe occuparsi della delicatissima faccenda: si tratta del commercialista romano Enrico Laghi, già commissario all’Ilva.



Anche Repubblica parla di Enrico Laghi come possibile commissario. Scrive Lucio Cillis:

Un percorso segnato che porta dritti alla scomparsa e allo spezzatino della compagnia e non, come forse sperava qualcuno tra i dipendenti pronti a combattere in trincea, ad un piano B che nessuno ha voglia di mettere in scena. L’unico piano possibile sembrerebbe un via libera a compagnie straniere pronte e disposte a farsi carico delle rotte da e per l’Italia che (con fatica) Alitalia ancora copre. Ma non c’è da essere allegri visto che da oggi negli scali su cui opera il vettore potrebbero andare in scena proteste e manifestazioni. Qualcuno però affaccia una soluzione diversa. Vista la delicatezza del momento e del settore che oltre ai dipendenti di Alitalia conta su un indotto che da lavoro ad almeno altre 8mila famiglie, si ipotizza un tentativo in extremis a Palazzo Chigi, con azionisti e sindacati pronti a limare per l’ultima volta il documento che ha fatto imbestialire i dipendenti.

Un tentativo, quest’ultimo, dalle flebili speranze.

«Rammarico e sconcerto per l’esito del referendum Alitalia che mette a rischio il piano di ricapitalizzazione della compagnia», hanno dichiarano stamane in un comunicato congiunto i ministri dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, dei Trasporti e delle Infrastrutture Graziano Delrio e del Lavoro Giuliano Poletti. «A questo punto l’obiettivo del Governo, in attesa di capire cosa decideranno gli attuali soci di Alitalia, sarà quello di ridurre al minimo i costi per i cittadini italiani e per i viaggiatori».

(Foto: ANSA / TELENEWS)