Alla salute del Führer

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In un piccolo negozio in provincia di Verona, una coppia di americani ha trovato in bella vista sugli scaffali delle bottiglie di vino con raffigurati sull'etichetta eroi del terzo reich e del fascismo. Un business di migliaia di euro l'anno che cavalca un'ambiguità giuridica tipica italiana

Apologia del fascismo. Si tratta di un reato definito dalla Legge Scelba numero 645 del 20 giugno 1952. L’articolo 4 si occupa espressamente di tutti coloro che in un modo o nell’alro propagandino e diffondano principi, fatti e metodi del fascismo, risolvibili con una detenzione che può andare da sei mesi a due anni.



LE BOTTIGLIE DELLO SCANDALO – Non è necessario organizzare un movimento di almeno cinque persone, ma basta come apologia la propaganda razzista e l’esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del Partito fascista. Detto questo perché in Italia vengono vendute bottiglie di vino con il faccione del “mascellone” o recanti fotografie di Hitler? Ne parla Sette, supplemento del Corriere della Sera. Dei turisti tedeschi si sono trovati in un albergo di Bibione una serie di bottiglie con le effigi del terzo reich, mentre al supermercato Filsi di Garda una coppia statunitense, Cindy e Matthew Hirsch, hanno trovato sugli scaffali una bottiglia con una foto del buon Adolf e le parole “Ein Volk, ein Reich, ein Führer”.



APOLOGIA DEL FASCISMO? – A fianco, in bella mostra, ecco le bottiglie con l’effige del Duce accompagnati dal motto Dux Fiat Lux. I due si sono definiti indignati, hanno ritenuto i prodotti un’offesa alla memoria di milioni di morti. Oltretutto i nonni e gli zii della ragazza furono tra le vittime di Auschwitz. Osservatorio Antisemitismo propone un contributo tratto da Libero il quale parla di un’azione della procura della Repubblica di Verona, nella figura del procuratore Mario Giulio Schinaia, il quale ha aperto un fascicolo per apologia del fascismo. Una bottiglia da 9 euro e 50 appartenente alla serie “Linea della storia” che per Hirsh, avvocato, e sua moglie, costa molto, molto di più.

LA CONTRAPPOSIZIONE COME EQUILIBRIO – E dire che a fianco della bottiglia con Hitler ne era presente un’altra con l’immagine di Papa Giovanni Paolo II. A fianco a questa una seconda bottiglia con il Führer con stavolta scritto sotto “Mein Kampf”. E giusto per capire di cosa stiamo parlando, a fianco alla seconda bottiglia con Hitler ecco comparire altre due etichette: Hermann Goring e Heinrich Himmler. I gestori del negozio si sono difesi sostenendo come le bottiglie appartengano ad una catena storica e che sono presenti anche effigi di Stalin e di Che Guevara. Come se la presenza di soggetti contrapposti possa garantire un alibi annullando le rispettive colpe. “Se un’azienda imbottiglia ed etichetta tali prodotti evidentemente in Italia è permesso e l’affare rende. Ma con che coraggio si fanno soldi sulla tragedia di milioni di morti ammazzati?”.



L’INDIGNAZIONE DI RICCARDI – E dire che il ministro per l’integrazione, Andrea Riccardi, aveva rassicurato “gli amici americani che visitano il nostro Paese che l’Italia, per Costituzione e cultura, ripudia il razzismo, l’antisemitismo e il nazifascismo”. Riccardi ha poi aggiunto che è opportuno “meditare sul gesto improvvido e sciagurato di chi, per motivi economici o per una malintesa goliardia, ha prodotto, distribuito e messo in vendita una bottiglia di pessimo gusto che offende la memoria di milioni di persone e che rischia di compromettere l’immagine dell’Italia all’estero”.

PER ME E’ UN MONITO – Infine, ecco la mossa: “Chiederò all’ufficio antirazzismo del governo di aprire un’istruttoria sul caso”. Qualcuno ricordi al Ministro che non è necessario muovere mari e monti, basta rivolgersi ad un avvocato fresco di abilitazione. Fabrizio Flisi, gestore del piccolo negozio, si è giustificato dicendo che lui di queste bottiglie ne vende poche e che gli acquirenti sono soprattutto turisti tedeschi. Ovviamente lui le tiene sul bancone a monito, perché, parole sue, «quegli orrori non vanno dimenticati e si deve continuare a provare vergogna». Chissà perché questa tesi non ha convinto il sindaco di Garda, Antonio Pasotti. Torniamo anche ai turisti di Bibione che si sono trovati le bottiglie di vino con la svastica e si sono sentiti offesi. Probabilmente non erano simpatizzanti.

LA VERSIONE DI STORMFRONT – Simpatizzanti che si possono trovare a manciate su Stormfront, comunità di nazionalisti bianchi. Dal “non romperci i maroni”, dedicato all’esimio turista, il cognome Hirsch ha scatenato una ridda d’ipotesi sulla reale identità religiosa del soggetto in questione. “Vorrei soffermarmi sul turista, Hirsch come il noto rabbino Samson Raphael Hirsch -scrive Dagren- sono pronto a scommettere che sto tizio è ebreo e aveva solo da rompere i cog****i… proprio vero che gli ebrei oltre a rastrellare denaro non sanno far altro che protestare e lamentarsi”.

I SOLITI EBREI – Re Arduino è molto meno soft: “Sempre a rompere le scattole sti ebrei, secondo loro dovrebbero vendere le bottiglie di vino con l’immagine di ebrei come carl marx,lenin,perez o la bandiera israeliana.Ma vadano a farin c..o per una volta,visto che loro si lamentano di cose del genere poi sono i creatori e consumatori di naziporno,ma di quello non si lamentano”, mentre per il Nuovo Duce “Sono decenni che vendono quelle bottiglie, doveva arrivare adesso l’americano chic a scoprirle. Che si beva la sua bottiglia da due litri di coca cola, il nobile succo d’uva se lo può sognare…”. Insomma, ebreo fatti i fatti tuoi, lasciaci almeno le bottiglie con i nostri eroi.

IL VINO DI HITLER? UN AFFARE – Di queste riflessioni la più importante è sicuramente quella secondo la quale queste bottiglie sono in vendita da anni, senza che nessuno dica nulla. La Repubblica prova a raccontarci il business del vino “nero”, ovvero le bottiglie “griffate” con le foto dei “grandi” della storia, bottiglie che per qualcuno assumono i contorni di un oggetto di culto, al pari dei bustini del Duce o delle suppellettili presenti in luoghi come il ristorante da Oscar a Milano. A Roma un proprietario di un’enoteca è stato chiaro: “Il vino di Hitler? Per me è solo un affare. È legale, e ai turisti piace molto”.

UN BUSINESS IMPORTANTE – In Germania ed in Austria, a differenza dell’Italia, l’apologia del nazionalsocialismo è un reato. Per questo niente bottiglie con il Führer. Al di qua del Brennero però le cose cambiano parecchio. Per questo i negozianti hanno aperto le porte dei loro negozi ai nostalgici desiderosi di tenersi sul caminetto la loro bella bottiglietta con un Hermann Göring che scruta severo i commensali dall’alto di una mensola in sala da pranzo. Il giro d’affari in Italia è di 350 mila euro, mentre le aziende che si dividono il mercato sono tre. Queste distribuiscono 130 mila bottiglie in tutto il Paese, esportando anche in Spagna e Francia.

L’INVASIONE DI RIMINI – Se non fosse stato per l’Associazione Nazionale Partigiani, Anpi, il vino di Mussolini avrebbe accolto i turisti in arrivo all’aeroporto di Rimini – Miramare. Le proteste hanno portato al ritiro della merce, ma solo da quell’aeroporto. Con buona pace della legge Scelba. Daniele Susini, presidente del comitato provinciale riminese dell’Anpi, ha spiegato: “Negli oltre 100 bar del lungomare si trova ogni tipo di fascisteria: dalle medagliette ai mezzi busti, fino alle bevande: vino, birra, grappa”. Probabilmente la città è piena così di ricordi del Ventennio e della sua Luce a causa della vicinanza con Predappio, luogo in cui nacque Benito Mussolini e meta ogni anno di centinaia di nostalgici in rigorosa camicia nera.

NIENTE POLITICA – Eppure il vino del Duce viene imbottigliato a Udine, dal 1995. L’idea è di Alessandro Lunardelli: “Produciamo vino da 45 anni – racconta – tutto è iniziato da quell’anno, quando un amico mi chiese una bottiglia per il suo compleanno, poi l’idea è piaciuta e si è sparsa la voce. Dopo qualche mese abbiamo iniziato la produzione. Ma non c’è nulla di politico, per noi è un business e basta”. Del resto frutta nel solo Veneto qualcosa come 80 mila euro l’anno con 20 mila bottiglie distribuite in 10 autogrill divisi tra A4 -tratto veronese-, A22 e A 23, Palmanova – Tarvisio.

MA E’ LEGALE? – La ricerca del business ha spinto Lunardelli ad allontanarsi dai nostalgici bolzanini, udinesi e veronesi cercando i turisti sulle riviere del nord Adriatico. Le bottiglie più vendute sono quelle di Hitler con 12 mila pezzi l’anno mentre per il Duce si parla di 8 mila pezzi. Per quanto riguarda i prezzi, il vino del Duce all’ingrosso costa 4 euro mentre al dettaglio può arrivare fino a 35. Tornando alla questione legalità, sotto il profilo giuridico il tutto dovrebbe basarsi sulla Legge Scelba del 1952. Il punto sta nel fatto che se la diffusione dell’effige del Duce viene vista come un semplice business non si parla di reato, dato che non c’è esaltazione tra chi produce.

VUOTO NORMATIVO – Infatti come detto precedentemente, il reato si configura in caso di una pubblica esaltazione di esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo. In caso contrario non si può parlare di reato. Arzigogolo normativo che mette al riparo i produttori. In merito al nazismo invece, a differenza di quanto sostiene ad esempio l’articolo di Wikipedia sull’apologia del fascismo, c’è un vuoto normativo. Con Lunardelli oggi producono vino per romantici anche Fabio Bogo, già suo raprresentante e proprietario della “i nostalgici”, azienda di Belluno che nel 2000 ha iniziato a ricercare “immagini storiche tali da risvegliare nostalgie in ciascuno di noi”, come spiega il sito dell’azienda che etichetta e distribuisce 80mila bottiglie di vino, 5mila bottiglie di birra e 100 confezioni da mezzo litro di grappa l’anno, per un fatturato da 33mila euro.

IL DUCE NON HA FATTO MALE ALL’ITALIA – Il volto del Fuhrer campeggia sulla metà delle bottiglie di vino marchiate “I nostalgici”. Parliamo di 40 mila bottiglie contro le 20 mila di Mussolini e costano 4,20 euro all’ingrosso e 8 euro al dettaglio. La birra artigianale è venduta a 1,70 euro all’ingrosso, la grappa a 7,60 l’ampolla. Il terzo produttore è Elvio Alessandria, anche lui in passato rappresentante per Lunardelli e oggi titolare della Albotrade di Bandito di Bra, in provincia di Cuneo, il quale non vuole sentire parlare di politica. “Il fatto che in Germania e in Austria questi prodotti siano vietati non significa nulla, e poi Hitler ha fatto solo del male al suo Paese, contrariamente al Duce”. Amen.

GLI “INCIDENTI” – I prodotti di Alessandria hanno però incontrato l’opposizione di alcuni clienti nei vari punti vendita in cui questi venivano distribuiti. La sua precedente società si chiamava Alpa ma dovette subire le denunce di alcuni clienti che ritenevano di dubbio gusto le etichette con il volto del “mascellone”. Chiusa la prima esperienza commerciale, è toccato alla Abo Trade, impegnata in calamite da frigorifero. E per confermare una certa vena europeista ecco che l’azienda ha inziato a vendere per il mercato spagnolo immagini del Caudillo, Francisco Franco.

NEANCHE L’ALIBI MORALE – Secondo Alessandria le bottiglie con l’effige del Duce vengono vendute in tutta Italia, Costa Smeralda compresa. A differenza degli altri due, Alessandria punta molto sulla birra. “Reperirla non è semplice. Molti grossisti si rifiutano di venderla perché sanno che la imbottigliamo con l’etichetta di Hitler: ma io ne ho trovato uno di fiducia e praticamente agisco in regime di monopolio”. Ogni bottiglia viene via a 1,75 euro. Ciò vuol dire che si parla di 80 mila euro l’anno. Certo, poi ci tocca pensare a quelle che erano le intenzioni della Legge Scelba, di evitare cioè che le idee del fascismo potessero attecchire nelle generazioni future. Di certo c’è che esiste un mercato che soddisfa i nostalgici e che agisce nelle pieghe della legge italiana, favorendo inoltre le voglie degli affezionati di oltre confine venendo incontro ai loro interessi favorendo la prosecuzione di un passato che in tutta Europa si voleva cancellare. Ma il business non guarda in faccia a nessuno, neanche ai milioni di morti causati dagli eroi sulle loro bottiglie. Non fanno politica. Hanno l’alibi morale. (Photocredit Getty Images)