Amianto, cromo e Pcb, i veleni che soffocano Brescia

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La città lombarda e la sua provincia sono oggetto negli ultimi mesi di frequenti scoperte di materiali nocivi nascosti nel sottosuolo e venuti alla luce per caso nel corso di lavori per la realizzazione di nuove infrastrutture, segno che molti in passato hanno approfittato dei vuoti normativi per riempire il sottosuolo di sostanze pericolose

Negli ultimi mesi la città di Brescia e la sua provincia hanno dovuto fare i conti con una serie di scoperte che hanno dimostrato come nel sottosuolo di quell’area di Lombardia siano presenti scorie pericolose ancorché nocive per la popolazione. Oltre alle concentrazioni di cromo che hanno portato allo stop dei cantieri della Tav nei pressi dell’autostrada A4 Torino-Trieste ed alla presenza di policlorobifenili nei terreni circostanti l’area del «cono Caffaro», si assiste ora allo stop dei lavori per la realizzazione dell’Alta Velocità a causa dell’elevata presenza d’amianto nel terreno.



I sigilli al cantiere Tav di Brescia (giornaledibrescia.it)

L’AMIANTO TROVATO A BRESCIA – Partiamo dalle ultime notizie, relative appunto alla scoperta di scorie nascoste nei terreni di via Dalmazia, a Brescia, nell’area del piazzale dello scalo, zona della Piccola velocità. Il ritrovamento, datato 9 marzo, è stato confermato l’11 dai tecnici dell’Arpa Lombardia che ha verificato la presenza di grandi quantità del pericoloso materiale, che ha portato alla chiusura del cantiere della parte finale del tracciato che proviene da Treviglio. Il materiale rinvenuto, come spiega il Corriere di Brescia, è stato trovato dall’azienda incaricata dell’opera di bonifica dell’area, la Cepav 2, che ha rinvenuto lastre d’amianto interrate abusivamente circa 20 anni fa, a poca distanza dalle abitazioni.

MERITO DEI LAVORI PER LA TAV – La polizia ferroviaria ha isolato il sito mentre ora si cercherà di capire da dove vengono tali lastre e sopratutto chi ce le ha messe lì. L’analisi di Legambiente, ripresa da Il Giorno, è impietosa ed in un certo senso assolve la Tav, in quanto i lavori hanno portato alla luce, in buona parte d’Italia ma sopratutto in Lombardia, scorie industriali nascoste nella speranza che nessuno le trovasse: «La Lombardia è la regione più industrializzata, anzi, era la regione a più alto tasso industriale, dove sono finite le scorie, dove sono state stoccate? Quando poi è arrivata la deindustrializzazione il fenomeno è diventato macroscopico. E adesso i nodi vengono al pettine».



I teli a copertura dell’amianto trovato nel cantiere Tav di Brescia (Bresciaoggi.it)

LAVORI BLOCCATI – Oltretutto la scoperta dovrà portare ad analisi ulteriori che stabiliscano l’effettiva pericolosità del materiale sotto sequestro. Difatti non si sa se sia sfibrato o integro e se per questo sia nocivo o meno. Inoltre data la scoperta di materiale sepolto in quella che anni fa era una zona destinata ad orti, curati peraltro dai ferrovieri, non si esclude che nelle vicinanze possano esserci altre tracce di Eternit. A tutto svantaggio del cantiere dell’Alta Velocità. Prima della scoperta si pensava che in massimo 14 mesi i lavori si sarebbero conclusi. Ora invece è impossibile stabilire dei tempi anche perché l’amianto trovato andrà smaltito e bisognerà stabilire chi ci metterà i soldi, visto che i responsabili dell’interramento, molto probabilmente, non verranno mai trovati.

GLI SCARTI DI ACCIAIERIA RINVENUTI A ROVATO – Ed a proposito di ritrovamenti nella provincia, in un altro cantiere Tav, questa volta a Rovato, nel 2013 vennero trovate altre scorie di amianto. La Cepav 2, consorzio che si occupa della bonifica, ha però precisato che le migliaia di quintali di scorie non erano di loro competenza e non venivano dal cantiere Tav, bensì da quello della Bre-Be-Mi, l’autostrada che doppierà l’A4 e collegherà Brescia, Bergamo e Milano. E sempre in provincia di Brescia, ad Esine, nei terreni destinati alla costruzione di una variante stradale che collegasse la cittadina con l’ospedale locale, sono emersi scorie di acciaierie per un totale di 45.000 metri quadri di diffusione. Ma rimanendo nell’ambito dell’amianto, è opportuno ricordare che sono stati trovati depositi sotterranei illegali anche a Travagliato e Ospitaletto.



Discarica Profacta (bresciacontrolenocivita.wordpress.com)

LA DISCARICA DELLA DISCORDIA – I cittadini di Brescia non solo devono fare i conti con i depositi illegali di Eternit che emergono nel corso dei lavori per la realizzazione di nuove infrastrutture, ma devono fare i conti anche con una discarica cittadina di amianto protagonista della cronaca locale ormai da anni. Parliamo della discarica d’amianto Profacta di via Brocchi, a Brescia. Il 18 ottobre 2012 la locale Procura sequestrò l’impianto dopo aver accertato difformità tra i metodi di smaltimento impiegati e quanto prescritto nell’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata da Regione Lombardia.

I RILIEVI DELLA PROCURA – La decisione venne accolta con soddisfazione dai comitati ambientalisti di San Polo, impegnati dal 2008 nel chiedere la chiusura della discarica. Il tre giugno 2013 la Procura chiese all’Assessore all’Ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile della Regione, Claudio Terzi, la revoca dell’autorizzazione rilasciata a Profacta. Il consulente tecnico d’ufficio, nella sua relazione ha spiegato che la discarica non rispetta le prescrizioni per lo smaltimento dell’amianto. Il materiale era collocato ad una distanza compresa tra 69 e 77 metri dalle prime case di un quartiere popoloso. Inoltre non era previsto alcun sistema di drenaggio, con il risultato che l’acqua piovana allagava il fondo.

L’AZIONE DEL COMITATO SPONTANEO – Inoltre l’amianto già conferito è stato, nel trenta per cento dei casi, smaltito in modo irregolare: è presente dell’amianto frantumato, i teli che avvolgono le lastre sono rotti e le lastre non sono state trattate su entrambe le superfici come prescrive la normativa. La decisione della Procura venne accolta con entusiasmo dai rappresentanti del comitato spontaneo contro le nocività che allestirono all’epoca delle proteste anche un presidio permanente che sorvegliava l’ingresso dell’impianto dal lunedì al venerdì per verificare anche i camion sospetti ed avere la certezza che gli accordi venissero rispettati, chiedendosi peraltro chi aveva potuto autorizzare una discarica di amianto in città, a Brescia.

Discarica Profacta (bresciacontrolenocivita.wordpress.com)

IL DISSEQUESTRO – La doccia fredda, se così si può dire, è arrivata il 6 settembre 2013, quando la Procura dissequestrò la discarica in quanto, secondo loro, non sarebbe stato necessario mantenere il sequestro per finalità probatorie. La Profacta, per bocca del suo Amministratore Delegato Tommaso Brognoli, spiegò che erano in corso valutazioni, in collaborazione con Regione Lombardia, per trovare una soluzione sulla modalità di controllo dei materiali conferiti in discarica, della struttura di drenaggio e delle distanze dal centro abitato, con la possibilità di valutare una riduzione del sito. Ed il cinque marzo i comitati spontanei, ripresi da Quibrescia, hanno fatto nuovamente sentire la loro voce, sostenendo che secondo loro non è cambiato nulla.

IL NODO DELLE AUTORIZZAZIONI – Il Comitato spontaneo contro le nocività di Brescia ha inviato alla Regione Lombardia, lo scorso febbraio, quelle che sono le inadempienza della discarica di via Brocchi. Nello specifico, è stato segnalato che non essendo stati rispettati i termini di alcune prescrizioni, i permessi per lo stoccaggio del materiale non dovrebbero più essere validi. Nello specifico, l’autorizzazione prevedeva una conclusione dei lavori di creazione del sito di massimo tre anni a partire da febbraio 2010, pena la decadenza della stessa. Ed oggi mancherebbe ancora il sistema di drenaggio oltre che il punto di osservazione per la popolazione. Eppure l’amianto viene depositato nonostante la discarica non sia completa. Manca inoltre la fascia boscata autoctona che faccia da filtro su lati nord ed ovest che doveva essere realizzata prima mentre oggi c’è una fascia boscata piantumata nata dopo i lavori di approntamento della discarica.

Discarica Profacta (bresciacontrolenocivita.wordpress.com)

 

IL CROMO DI CASTEGNATO – La Profacta, poi, ha richiesto il rinnovo con modifiche dell’Autorizzazione Integrata Ambientale con Regione Lombardia che nel novembre 2013 ha concluso una procedura di autotutela con cui ha confermato, riformandola, la vecchia autorizzazione, che si accinge a concedere il rinnovo. In sostanza, secondo la denuncia dei comitati, siamo punto ed a capo. E la discarica farà sicuramente parlare di sé nei prossimi mesi. Come peraltro sta avvenendo a Castegnato. Qui, e siamo sempre in provincia di Brescia, l’11 febbraio l’Arpa ha confermato che verranno effettuati controlli del terreno in prossimità della corsia di emergenza dell’autostrada A4 per capire come verranno compiute le operazioni di bonifica dei terreni ricchi di cromo.

UN MATERIALE CANCEROGENO – Il sindaco della località, Giuseppe Orizio, ha spiegato che se il problema riguarderà solo il Comune di Castegnato, i lavori saranno a carico della Provincia di Brescia mentre invece se dovessero interessare altri territori toccherebbe alla Regione farsi carico della sicurezza. Si, perché il 28 dicembre sono state scoperte sotto l’autostrada tra Ospitaletto e Castegnato, nel corso dei lavori per la realizzazione della Tav, scorie industriali ad altissima presenza di cromo. A scovarle anche in questo caso il consorzio Cepav Due. Esclusa la contaminazione della falda acquifera, anche se il cromo esavalente cancerogeno contenuto nei terreni sotto la terza corsia è di 1.400 volte superiore ai limiti di legge. Segno che anche qui ignoti hanno approfittato dei vuoti normativi del passato per tumulare scorie di ogni tipo nel sottosuolo, incuranti di quelle che potevano essere le conseguenze.

La Caffaro di Via Milano, Brescia (vocidibrescia.corriere.it)

I POLICLOROBIFENILI CHE HANNO AVVELENATO BRESCIA – Ma non finisce qui. Brescia e la sua provincia devono fare i conti con un’altra emergenza ambientale. Parliamo della Caffaro, fabbrica diventata d’interesse nazionale nel 2003 in quanto ritenuta area industriale tra le più inquinate al mondo. Parliamo di un’area di 7 chilometri quadrati compresa nel cono «cono Caffaro», al cui vertice c’è l’azienda di via Milano, a pochi passi dal centro di Brescia. La Caffaro nel 1932 iniziò a produrre Pcf, Policlorobifenili, interrompendo l’attività nel 1983. Due anno dopo venne inglobata dalla Snia-Bdp. Ma nel 2001 una ricerca dello storico ambientalista Marino Ruzzenenti, pubblicata su La Repubblica, rivelò che nei 51 anni di attività vennero riversate nella acque di Brescia 150 tonnellate di Pcb.

LE INCIDENZE NEI TUMORI – I policlorobifenili sono una classe di composti organici considerati inquinanti persistenti dalla tossicità simile a quella della diossina. Ed a seguito delle analisi si è scoperto che il Pcb, come riporta Il Giorno, è oltre i limiti nel 67 per cento delle zone prossime all’azienda e del 18 per cento in quelle più lontane. Il Pcb ha effetti cancerogeni ed è ritenuto in correlazione con il melanoma ed è probabilmente coinvolto nei linfomi non-Hodking e nei tumori alla mammella. E Brescia rispetto al resto del Nord Italia una una maggiore incidenza di tumori al seno (+12 per cento) ed al fegato (+68 per cento). Sarebbe opportuno provare a bonificare anche per venire incontro alle 25.000 persone che abitano intorno alla Caffaro, ma un’operazione del genere non è mai stata fatta.

(cislbrescia.it)

BONIFICHE IN PARTENZA – Ma dopo 12 anni dalle prime promesse di bonifica, non si è ancora mosso niente. Tanto che Il Giorno il 27 novembre 2013 spiegava che sei bresciani su 10 non si sono presentati ai controlli richiesti dall’Asl. Segno che per più di qualcuno ormai è diventato un pensiero con il quale si fanno i conti giorno per giorno. Tuttavia il 20 febbraio 2014 La Conferenza di Servizi convocata a Roma ha certificato passi avanti compiuti dalla Sogesid, società incaricata dal ministero che, come riporta Quibrescia, ha proposto piani per la bonifica del Campo di atletica Calvesi, della pista ciclabile lungo il Mella, della bonifica delle acque di falda, la messa in sicurezza delle rogge, del parco di via Passo Gavia. Ed i lavori partiranno dal prossimo settembre.

UNA TERRA AVVELENATA – Il mese prossimo, intanto, Arpa renderà pubblici i risultati delle analisi del sangue condotte su 1.523 persone residenti tra Brescia, Castel Mella e Capriano del Colle per capire se ci sono pericoli per la salute causati da un’esposizione prolungata al Pcb. Segno che al momento l’unica cosa che si può fare è indagare per scoprire se l’esposizione all’inquinamento ha causato gravi problemi di salute agli abitanti che, loro malgrado, si sono trovati vicino a zone contaminate, direttamente o indirettamente, dall’uomo. E probabilmente, e questo è il sospetto di Legambiente, forse c’è ancora dell’altro nascosto nella zona di Brescia. Ed in un certo senso, questa è la lettura dell’associazione, i lavori per la Tav hanno avuto un effetto benefico, scoprendo quelli che sono i veleni nascosti nella terra ed ormai dimenticati con la speranza che nessuno avrebbe mai potuto scoprirli.