Angelo Ciocca

Basta una visita veloce al suo sito personale per capire che il consigliere regionale del carroccio lombardo si diverte un mondo a fare politica. Ciocca è la politica sul territorio in tutto il suo splendore atletico: pacche sulle spalle, presenzialismo, foto, comparsate televisive, strette di mano, iniziative pittoresche a ciclo continuo, cartelli, musichette, ed un largo sorriso da giovanottone prestante, belloccio, simpatico, sollecito, fattivo, instancabile, alla mano. Un vero e proprio Figaro: Ciocca di qua, Ciocca di là, Ciocca è il factotum della città! E io non disprezzo affatto Ciocca. Io, che sono di natura contemplativa, cioè naturalmente stupido, ci ho messo decenni per capire che il politico di razza prima si muove, poi si mette a pensare: se non sei un fenomeno, il tempo di reazione ai blocchi di partenza è tutto, come sui 100 metri. Lui lo ha capito al volo, senza neanche pensarci. Con questi scoppiettanti presupposti non stupisce perciò che da candidato leghista alle europee Ciocca si sia subito fatto notare per il suo dinamismo ingombrante e fracassone grazie ad uno «spot rivoluzionario che farà discutere» (Ciocca dixit): cinque immigrati provenienti dal continente indiano e dall’Africa, da lui arruolati, che si spendono in appelli accorati ai loro compatrioti a non venire in un paese di morti di fame come l’Italia. Io però sono un po’ inquieto. Non vorrei che i loro compatrioti equivocassero e si arrabbiassero: i cinque danno le spalle a nude e grigie pareti e, a parte uno stranamente allegrotto se non alticcio, non sembrano affatto convinti, anzi, sembrano spauriti come prigionieri di guerra o come ostaggi in mano ad un gruppo di terroristi in vena di dichiarazioni “spontanee”. Insomma Ciocca, dovevi motivarli di più, intervistarli all’aria aperta, tra la gente. Non è che adesso ci becchiamo gli osservatori dell’Onu?

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