La guerra di Anonymous all’ISIS sta già cadendo a pezzi?
24/11/2015 di Valentina Spotti

La guerra di Anonymous all’ISIS sta già perdendo mordente? Appena una settimana fa, all’indomani degli attentati del 13 novembre a Parigi, il gruppo di “hacktivist” aveva dichiarato una lotta senza quartiere ai terroristi del sedicente Stato Islamico: poche ore più tardi compariva sul web una lista di cinquemila account Twitter di “sospetti terroristi”, lista consegnata ai vertici del social network dell’uccellino tra gli applausi degli utenti di mezzo mondo. Si direbbe però che l’ondata di entusiasmo per #OpIsis – così come è stata battezzata una delle operazioni di Anonymous contro il terrorismo islamico – si stia rapidamente sgonfiando e che lo stesso movimento sia lacerato da divisioni interne e bisticci tra i vari gruppi della galassia Anonymous.
ANONYMOUS E QUELLA LISTA DI «NUOVI ATTENTATI» –
In queste ore sta diventando virale un articolo di The Verge che racconta cosa stia succedendo ad Anonymous: dopo che era arrivata la dichiarazione di “guerra totale” all’ISIS in molti si erano mostrati scettici, obiettando che l’intervento degli hacker avrebbe potuto fare più male che bene alla lotta contro il terrorismo, diffondendo nel web informazioni inesatte e false e intralciando il lavoro dell’intelligence. A quanto pare alcuni di questi timori sembrano essere diventati realtà: ne è un esempio quello che è accaduto tra sabato e domenica, quando «un gruppo della galassia di Anonymous» ha diffuso una lista di luoghi in tutto il mondo che sarebbero stati «nel mirino dell’ISIS». Tra questi c’erano diversi punti di Parigi, un grande evento di wrestling ad Atlanta e un concerto rock in programma all’Alcatraz di Milano, poi annullato. Anonymous non ha un account o una pagina ufficiale: è quindi molto difficile riuscire a verificare le notizie che arrivano dai tanti gruppi di affiliati che agiscono in Rete. Nonostante questo, uno degli account Twitter più autorevoli e accreditati ha smentito quella lista, dicendo che la veridicità di quelle informazioni non poteva essere provata. Lo stesso aveva fatto l’FBI, dopo le dovute indagini.
LA LISTA DI ACCOUNT TWITTER «DEI TERRORISTI» –
Non solo: negli ultimi giorni gli “hacktivist” di Anonymous avrebbero segnalato circa 20.000 account Twitter, ritenuti connessi all’ISIS. Questa lista è stata girata al quartier generale di Twitter, dove però sarebbe stata subito accantonata perché giudicata «gravemente inaccurata». The Verge cita un articolo di Ars Technica in cui si spiega che molti di quegli account sarebbero stati segnalati soltanto perché scritti in arabo. Tra questi ci sarebbero stati anche account di curdi, iraniani, palestinesi e ceceni: «Forse – scrive Ars Technica – chi gestisce questi account possono non essere brave persone, ma di certo non hanno nulla a che fare con l’ISIS».
Could not stress this enough! #GhostSec #OpISIS pic.twitter.com/WD1ZjXcyi1
— TorReaper – Official (@TorReaper) 23 Novembre 2015
«CI SONO TROPPI MORTI DI FAMA» –
A quanto pare qualcuno si sarebbe fatto prendere un po’ troppo dall’entusiasmo di giocare a fare “il giustiziere digitale”, tanto che negli ambienti di Anonymous hanno preso a girare messaggi piuttosto spazientiti che invitano a «tenere a mente chi sono i nostri reali obiettivi» e che «solo perché un post è scritto in arabo o chi scrive è di fede musulmana non significa che debba essere un nostro obiettivo». Il gruppo principale di Anonymoys ha pubblicamente preso le distanze da #OpIsis, sottolineando come ci siano troppi «morti di fama» che per un retweet e qualche follower in più sarebbero capaci di diffondere false informazioni.
Seriously, after #OpISIS there have been too many fame whores. It’s not about the follows or RTs. It’s about the truth. Have some integrity. — Anonymous (@GroupAnon) 22 Novembre 2015
(Photocredit copertina: Twitter)