Mediolanum, il buco è tutto intorno a te

Categorie: Economia

Secondo un giudice di Teramo, l’istituto ha praticato una “clausola vessatoria” nei contratti di molti suoi ex promotori. E la sentenza potrebbe costarle un risarcimento molto elevato



Avete presente Banca Mediolanum? Quell’istituto di credito, tanto per intenderci, che ha più spot pubblicitari e promotori finanziari sparsi per L’Italia che sportelli di filiale? Sì, insomma, quella banca che è parte integrante del sistema di potere, finanziario ed economico della Fininvest della famiglia Berlusconi? Quella stessa banca che ha per presidente tal Ennio Doris, un simpatico personaggio che poco tempo fa sostenne, sprezzante del ridicolo, che “Silvio Berlusconi è un dono di Dio”. L’avete presente? Bene, perché ci sono alcune interessanti novità che la riguardano, non tutte – temiamo – positive sul suo conto. Ma procediamo con ordine.

UN NUOVO TERREMOTO IN ABRUZZO? – Secondo quanto si è appreso, Una sentenza del Giudice del Lavoro di Teramo, Luigi Santini potrebbe costare molto caro a quella che possiamo definire, senza tema di smentita, come una delle cassa di risparmio privilegiate della famiglia Berlusconi. La sentenza che riguarda, per ora, solo la posizione di due ex promotori finanziari dell’istituto di credito milanese, potrebbe espandersi a macchia d’olio ad altri numerosi casi riscontati su tutto il territorio nazionale. Il verdetto emesso dal giudice teramano, infatti, ha condannato Banca Mediolanum al pagamento degli emolumenti per le attività svolte da dai due promotori finanziari abruzzesi i quali, ad un certo punto, avevano interrotto il loro rapporto di lavoro con l’istituto milanese. Si tratta di Giuseppe Fini, a cui la sentenza del Giudice del Lavoro riconosce un indennizzo pari a circa 138 mila euro, e di Alessandro Coccioletti a cui spettano invece circa 25 mila euro di indennità. Nel complesso una cifra modesta (poco più di 160 mila euro) che però, potrebbe moltiplicarsi esponenzialmente se si pensa che i promotori finanziari di Banca Mediolanum, complessivamente, sono oltre 5.000 e tutti, a questo punto, potrebbero ricorrere alla giustizia per farsi assegnare le giuste spettanze, dopo l’interruzione del loro rapporto di lavoro, finora negate da una clausola contrattuale che il giudice Santini ha giudicato “vessatoria” nei confronti dei dipendenti dell’istituto di credito di casa Fininvest.



LA NOTA “ESPLICATIVA” – Secondo quanto accertato dal Giudice del Lavoro, nel 2002, i due professionisti fuorono “avvisati” a mezzo di una raccomandata della banca meneghina, dell’intenzione da parte di quest’ultima “di rinunciare volontariamente alla clausola del contratto di agenzia che prevede l’obbligo di non concorrenza post contrattuale della durata di due anni”. La nota aziendale è stata trasmessa, ovviamente, anche gli altri 5.500 promotori finanziari che lavarono per Banca Mediolaum. In sostanza, quindi, Mediolanum,  consentiva ai promotori finanziari di lavorare per gruppi concorrenti nei due anni successivi alla cessazione della collaborazione, contrariamente a quanto previsto dal contratto d’agenzia. Un dato apparentemente positivo per i due lavoratori, se non fosse che ne nella stessa missiva, un’altra clausola la contraddicesse di fatto. Infatti, l’ultimo paragrafo della lettera “precisava” che “Chi non avesse [nei successivi due anni] lavorato per la concorrenza”, avrebbe maturato il diritto ai benefici economici aggiuntivi previsti dal contratto.



NON E’ AMMESSA CONCORRENZA – In pratica, una volta risolto il contratto con Mediolaum, per poter accedere ai vari benefit  economici, i due i promotori non avrebbero dovuto lavorare per la concorrenza. Una contraddizione stridente rispetto all’oggetto della stessa missiva e ovviamente un danno evidente nei confronti dei due lavoratori, poiché li costringeva all’inattività.  Evidentemente, per cautelarsi, Banca Mediolanum richiedeva una firma da parte dei suoi promotori per l’accettazione della sua “norma”. Un’operazione che ripetuta per il numero dei promotori finanziari (che sono, almeno apparentemente, dei professionisti e non dei dipendenti dell’istituto) ha permesso all’istituto di Doris di risparmiare centinaia di milioni di euro in tutti questi anni.

UNA BANCA COSTRUITA INTORNO (O SU) DI TE? – I due ex promotori globali, pertanto, hanno fatto ricorso al Giudice del Lavoro. Per la verità, non sono stati nemmeno i primi a ricorrere alle carte bollate, ma in tutti i casi precedenti, finora, Mediolanum l’aveva sempre spuntata. Questa volta però, l’avvocato Maurizio Lupini che assiste i due promoter teramani, ha basato il suo ricorso sul principio della cosiddetta “clausola vessatoria”, così come previsto dall’articolo 1341 del Codice Civile. Il Giudice del Lavoro, con sentenza dello scorso 11 novembre gli ha dato ragione, condannando con sentenza immediatamente esecutiva Banca Mediolanum al pagamento. Secondo chi ha fatto i calcoli, questa sentenza rischia di costare assai salato alla Banca della Fininvest: la famiglia Berlusconi, partecipa al suo pacchetto azionario con il 35,97%, mentre quella di Doris ne detiene il 40.49%. Infatti, essendo oltre 5.000 i promoter di vario livello che lavorano con l’istituto milanese, si è stimato una media di circa 75.000 euro a testa di benefit  maturati più gli interessi e gli oneri aggiuntivi, il gruppo bancario potrebbe essere costretto a sborsare fino a 400 milioni di euro (770 miliardi di vecchie lire).

“UN SALUTO AGLI EROI”… DI MEDIOLANUM – Chiudiamo questo articolo, segnalando un video di qualche tempo fa riguardante lo stesso Ennio Doris. Chi è Ennio Doris? Come detto è il presidente di banca Mediolaum, considerato unanimemente come “fedelissimo” di Silvio Berlusconi, tanto che qualcuno in passato ha azzardato un paragone davvero irriverente: Doris come l’alter ego di Giorgio Mastrotta, il popolare televenditore che propina “affari” dai teleschermi Mediaset, in particolare di mattina, alle massaie di tutta Italia. Nato a Tombolo, un paesotto vicino a Padova, 70 anni fa, Doris  conta su un patrimonio complessivo di oltre 1,4 miliardi di dollari, tanto da farne l’11° uomo più ricco d’Italia. Nel 1969 ha iniziato l’attività nel campo della consulenza finanziaria per la Fideuram assicurazioni. Nel 1971, di fatto, s’inventa la figura del promotore finanziario,  almeno così come la conosciamo oggi. Una via di mezzo tra la vendita porta a porta di enciclopedie e scope elettriche ed il consulente assicurativo. Nel 1982, poi, fonda una sua società, la “Programma Italia” e convince l’allora fresco imprenditore televisivo milanese Silvio Berlusconi ad investire una cifra che al tempo corrispondeva a circa 250.000 euro, in cambio della comproprietà della stessa. La rete di promoter così cresce rapidamente, tanto che all’assicurazione si aggiunge una banca. Una di quelle senza sportelli ma in cui girano molti capitali: Mediolaum. Nel giugno del 1996 l’azienda viene quotata nella Borsa di Milano. Per Silvio Berlusconi è stato “il più bell’investimento che io abbia mai fatto”. Altro che 7.000 euro donati a quella piccola ed allora ancora minorenne fiammiferaia del Magreb, al secolo nota come la “Ruby la Rubacuori“. Il video ci appare molto esplicativo sia sulle capacità di (auto)convincimento del banchiere veneto trapiantato a Milano, sia del suo “modus operandi”.