Quando in Iraq comandava Blackwater
01/07/2014 di Redazione
Poco tempo prima che i mercenari di Blackwater consumassero la strage di piazza Nisour a Baghdad, un rapporto denunciava come gli uomini della compagnia facessero quel che volevano nel paese, compreso il minacciare di morte gli stessi ufficiali americani che investigavano sulla loro condotta. UNO STILE INIMITABILE – Era il 2007, poi venne la strage, vennero le indagini, il processo al fondatore della società Eric Prince, poi la società cambiò nome e composizione dell’azionariato un paio di volte, oggi si chiama Constellis Holdings, continuando di fatto a gestire i contratti in corso. Oggi si scopre che prima di allora due ufficiali americani, Jean C. Richter e Donald Thomas Jr, avevano stilato un impietoso rapporto sugli uomini della compagnia, che arrivarono persino a minacciare uno degli investigatori di morte, dicendo che lo avrebbero potuto uccidere in qualsiasi momento e che nessuno avrebbe fatto niente prima o dopo.
LE TESTIMONIANZE – Secondo il rapporto, pubblicato dal New York Times, gli uomini di Blackwater si ritenevano al di sopra della legge e agivano di conseguenza, variando ad esempio senza il permesso del Dipartimento di Stato delle norme di sicurezza previste per la protezione dei diplomatici USA, come la riduzione del numero di guardie private da impiegare nei vari incarichi. Tenevano poi armi e munizioni negli alloggi privati, teatro di feste con alcol e donne. Armi spesso tenute senza autorizzazione.
REATI GRAVISSIMI – A margine poi c’era l’aumento fraudolento delle fatturazioni, un vizio comune a quasi tutti i contractor, in particolare grazie alla falsificazione dei registri del personale addetto alla protezione degli uomini del Dipartimento di Stato. Una sfrontatezza resa possibile dall’appoggio e dalle complicità politiche di cui godevano i mercenari, evidente il mancato appoggio dell’ambasciata degli Stati Uniti, nonostante le minacce di morte ricevute, Ambasciata che invece comunicò ai due che dovevano lasciare il paese perché la loro presenza era «un ostacolo alle operazioni quotidiane e creava un ambiente inutilmente ostile» per i mercenari di Blackwater.
LE RESPONSABILITÀ DELLA POLITICA – Le responsabilità della compagnia privata in Iraq sembrano sempre più gravi con il passare del tempo e l’aumentare delle testimonianze ed è appena il caso di ricordare che l’esplodere della violenza nel dopo-invasione viene fatto risalire all’uccisione di alcuni mercenari della compagnia, finiti poi appesi a un ponte di Falluja. Fossero stati davvero tenuti lontani dalle operazioni militari e sottoposti al comando dell’esercito, probabilmente all’Iraq sarebbero state risparmiate enormi pene.