Seppur tra contestazioni e polemiche, la riforma della scuola è diventata legge. Quarantacinque mila insegnanti saranno assunti subito a settembre, altri 55mila nel 2016, come spiega il quotidiano “La Stampa“. Per chi non rientra in questa tranche di assunzioni, ci sarà un concorso bandito entro il dicembre 2015.
Il nodo più controverso resta però quello dei nuovi poteri affidati ai presidi-manager:
«I nuovi poteri dei presidi saranno di diverso tipo. Da un lato scelgono attraverso la chiamata diretta a chi affidare gli incarichi triennali e rinnovabili. In questa fase devono tenere presente le esigenze precisate nel piano dell’offerta formativa messo a punto ogni anno con il collegio dei docenti, ma anche dei curriculum, le esperienze e le competenze professionali di coloro che lavoreranno nella sua scuola. Ma potranno anche distribuire premi ai docenti più meritevoli. Il governo ha previsto 200 milioni di euro per il 2016 e la scelta dei destinatari di questi soldi non è più il preside, ma è stata affidata a un Comitato di valutazione che resta in carica per tre anni», si legge.
Dall’Associazione nazionale presidi difendono il provvedimento contro le accuse di possibile arbitrarietà e discrezionalità sulle assunzioni, precisando che i criteri per la valutazione degli insegnanti saranno definiti dal Comitato e come esistano limiti e norme che eviteranno errori. Ma non solo: secondo i presidi, all’estero i poteri affidati sono anche maggiori. Eppure dai presidi dipenderanno anche i premi da assegnare ai più meritevoli:
«Purtroppo però il testo non dice chiaramente come deve essere effettuata la valutazione lasciando quindi spazio alla discrezionalità che inevitabilmente creerà dei problemi. Una secondo difficoltà è anche più generale: da venti anni non esiste più la cultura della valutazione e del merito nelle scuole, veniamo da un periodo di cultura impiegatizia che non sarà facile da cambiare», ha spiegato alla “Stampa” Roberto Pellegatta, presidente dell’associazione dirigenti Disal.
Tradotto, per i critici della “Buona Scuola” il rischio è che i presidi scelgano in modo soggettivo.