C’era una volta il Muro di Berlino

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26 anni fa i tedeschi finirono di abbattere la barriera che divideva la loro capitale e le due Germanie dal 1961

La prima volta che si parlò di un muro a Berlino fu il 15 giugno del 1961. Fu Walter Ulbricht, allora segretario del partito comunista della Repubblica Democratica Tedesca (DDR) e suo presidente del consiglio, che pronunciò in conferenza stampa una frase destinata a divenire storica: «Niemand hat die Absicht, eine Mauer zu errichten». Nessuno ha intenzione di costruire un muro, disse Ulbricht pronunciando per la prima volta la parola muro in un discorso ufficiale. Nemmeno due mesi dopo, il 13 agosto, i tedeschi dell’Est cominciarono a costruire un muro, che da allora al 1989 avrebbe circondato la parte «occidentale» della capitale, quella che gli accordi del dopoguerra avevano consegnato al controllo degli alleati.



 



 

IL BUCO NELLA CORTINA DI FERRO – Poco più di 100 chilometri di barriera destinata negli anni ad essere irrobustita e fortificata, un muro che separerà i berlinesi dai berlinesi e dai dintorni di quella che dopo la Seconda Guerra Mondiale era diventata la preda più contesa delle potenze vincitrici. Un muro che aveva lo scopo di chiudere una falla in quella «cortina di ferro» che, preannunciata da Winston Churchill nel 1946 nelle forme del controllo sovietico sull’Europa Orientale, si era ormai solidificata in un sistema di controllo sociale che impediva la libertà di movimento dei cittadini dell’Europa Orientale, su tutte quella d’espatriare.

 

 

DA MURO A MURAGLIA – Alla fine il muro diventerà un’opera imponente, incorporando una striscia di terreno libero detta «striscia della morte», un fossato anticarro, 302 torri di guardia, 20 bunker e una strada per il pattugliamento, assolvendo egregiamente alla sua funzione di deterrente contro l’emigrazione dei tedeschi dell’Est e degli altri cittadini del Patto di Varsavia. Il muro fu battezzato dal governo di Berlino con il nome di «Barriera di protezione antifascista» anche se non serviva per niente a bloccare i tedeschi dell’Ovest, che potevano attraversarlo, ma a tener dentro quelli dell’Est, che negli anni del dopoguerra avevano fuggito in massa il paradiso socialista e si erano trasferiti a Ovest. Le persone uccise mentre cercavano di superare il muro nei quasi trent’anni della sua esistenza variano secondo le stime tra poco più di cento e duecento e circa cinquemila sono stati i tentativi censiti di attraversarlo in tutto. Numeri modesti se confrontati con quella che fu l’emorragia che spinse i sovietici a ordinare la costruzione del muro o anche solo con la popolazione della capitale.

LA REPUBBLICA DEMOCRATICA TEDESCA – La costituzione della DDR era stata dichiarata nell’ottobre 1949, dopo che la prova di forza con la quale Stalin nel ’48aveva decretato il blocco di Berlino era stata vinta dagli alleati, che lo avevano vanificato con un ponte aereo, inducendo Stalin a revocarlo nel maggio del ’49. Dietro alla proclamazione della Repubblica Democratica Tedesca stava un trattato segreto con il quale i sovietici concedevano autonomia amministrativa ai tedeschi dell’Est, ma nessuna autonomia, mantenendo di fatto l’assoluto controllo sulla vita politica e sul governo del paese, in particolare del partito, della polizia e delle forze armate. La Germania era e sarebbe rimasta a lungo il fronte per eccellenza, il confine che ha diviso le armate della NATO e del Patto di Varsavia in Europa, e spaccato in due quel che di tedesco era rimasto del Reich hitleriano.

 

 

L’ESODO VERSO OVEST – Arrivati al 1961, quasi il 20% degli abitanti della nuova repubblica se n’erano andati, tre milioni e mezzo di persone, in particolare gli uomini in età da lavoro e le persone più qualificate, lasciando l’Est con appena il 61% di popolazione in età da lavoro. Fino al 1952 non ci fu alcuna difficoltà a muoversi da Est a Ovest e viceversa, poi in quell’anno fu introdotto un sistema di controllo dei transiti e in seguito furono introdotte sempre maggiori limitazioni, rendendo infine impossibile il passaggio a Ovest. Restava però il buco rappresentato da Berlino, un’enclave della Repubblica Federale Tedesca in territorio orientale alla quale si poteva accedere liberamente, le due parti della città non erano in alcun modo separate e i cittadini dell’Est potevano espatriare a piedi, in taxi e persino in metropolitana, che era rimasta una per tutta la città. Fu così che fu deciso di chiudere Berlino Ovest all’interno di un muro, che non serviva a tener dentro chi vi abitava, ma a tenere fuori i tedeschi dell’Est e secondariamente a evitare loro scomodi paragoni tra come si viveva nelle due metà della capitale. La differenza genererà anche alcuni casi curiosi, come quello del tedesco dell’Ovest più volte colto a scavalcare perché faceva prima, e mai punito, o come l’abitudine dei punk della capitale di sfuggire alle cariche della polizia dell’Ovest scappando a Est. A chi scavalcava in senso inverso a quello proibito non succedeva niente.

IL MURO DELLA DISPERAZIONE – Il muro fu una tremenda sconfitta per i sovietici e per la propaganda comunista in senso più ampio, perché Berlino dimostrava che il sistema comunista aveva bisogno di trattenere i suoi cittadini a forza, un concetto che poi sarà ribadito con l’instaurazione di un sistema totalitario che sottoporrà i suoi cittadini a decenni d’asfissianti controlli polizieschi. Il muro di Berlino ha rappresentato per decenni il simbolo europeo della Guerra Fredda che oppose i due blocchi, che non sono mai stati formalmente in guerra tra loro e che in particolare in Europa non hanno mai combattuto dal dopoguerra ad oggi. Due blocchi che elessero Berlino a teatro di un confronto teso e spietato, una battaglia fatta di simboli, ma anche di barriere e di guardie armate con il colpo in canna. Il muro peraltro fu accolto con sollievo dagli alleati, la sua costruzione  indicava che i sovietici non avevano intenzione d’invadere e annettere Berlino Ovest, operazione di fronte alla quale gli alleati avrebbero potuto solo reagire solo con massicce operazioni militari o accettando il fatto compiuto.

 

Michail Gorbaciov a Berlino per la commemorazione dell’abbattimento del muro (AFP PHOTO / ODD ANDERSEN)

 

GORBACIOV ABBATTE LA CORTINA DI FERRO – Il Muro di Berlino cadrà solo con il tramonto dell’Unione Sovietica e per merito della riforma voluta da Michail Gorbaciov (Gorbačëv), che nel 1988 annuncia la fine della dottrina Brežnev e permette in pratica alle nazioni del blocco sovietico il ritorno all’autodeterminazione e alla scelta dei sistemi democratici. L’annuncio arriva nel mezzo di una progressione storica che vedrà Gorbaciov, salito al potere nel 1985, firmare due storici trattati per il disarmo con Reagan, liberare i paesi satelliti dal controllo sovietico, assumere oltre alla carica di segretario del partito quella di capo dello stato e, in quella veste, ritirare le truppe dall’Afghanistan nel 1989  e mandare in pensione l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, concedendo i referendum per l’indipendenza da Mosca, e con quella il ricordo della Guerra Fredda.

LA GERMANIA SOVIETICA È EVAPORATA – Il crollo del muro, preannunciato dai tentennamenti di un regime che aveva subito senza reagire le prime manifestazioni da decenni, giunse quindi dopo il crollo ufficiale della cortina ufficiale, ma comunque abbastanza improvviso, in fondo il presidente tedesco-orientale Erich Honecker era pur sempre quello che aveva dichiarato che il muro avrebbe diviso Berlino per altri 100 anni, ma senza più la morsa sovietica sul collo il regime non trovò al suo interno le energie per resistere a un cambiamento ormai reclamato dalla storia e da tutti i tedeschi. L’annuncio ufficiale che comunicava la fine delle restrizioni alla libertà di recarsi all’estero e in particolare nel resto della Germania fu dato in maniera dimessa, ma subito interpretato come un via libera irrevocabile. La folla si riversò per le strade della capitale e Berlino tornò immediatamente una città sola. Nessuno sparò e nessuno disse niente mentre i tedeschi dell’Est e dell’Ovest cominciarono ad abbattere il muro, e i berlinesi da allora non hanno più smesso d’andare e venire.

DI CORSA VERSO LA RIUNIFICAZIONE – Il crollo del Muro ha segnato anche la fine della divisione della Germania, il 18 marzo 1990 si sono tenute le prime e uniche libere elezioni della storia della Repubblica Democratica Tedesca, si votò un governo che aveva il principale mandato nel negoziare la fine stessa dello Stato che rappresentava e i termini della riunificazione con l’Ovest. A dimostrazione dell’assoluta e unanime determinazione dei tedeschi nel perseguire la riunificazione, il 3 ottobre 1990, a meno di un anno dal crollo del muro, la Germania annuncerà ufficialmente l’avvenuta riunificazione e l’ingresso dei 5 Länder orientali nella repubblica federale. C’era ancora l’Unione Sovietica e l’occasione per riunire il paese, diviso dal 1945 dall’accordo a Yalta tra le potenze vincitrici, era da concretizzare e rendere irreversibile quanto prima approfittando del momento favorevole, liberandosi dei tutori che per mezzo secolo hanno creato e tenuto al guinzaglio le due Germanie e ponendo così fine al castigo sofferto per aver messo a ferro e fuoco il continente sotto le insegne del nazismo. Oggi Berlino ha consegnato Bonn all’oblio ed è tornata capitale tedesca ed europea, a segnare il tracciato del muro ci sono 6.800 lampioni piantati per celebrare il quarto di secolo da quella storica giornata. A condurre le celebrazioni c’è Angela Merkel, cancelliera della Repubblica Federale Tedesca e di tutti i tedeschi, che da allora non hanno mai dato segno di rimpiangere la decisione.