Chi è davvero il presidente della tua squadra di calcio?
27/02/2012 di Tommaso Caldarelli
“Fuori gioco”, il nuovo libro di Gianfrancesco Turano, racconta fatti e misfatti dei padroni del pallone
Tifosi della Lazio si è per “patto d’onore con Dio”, non certo per questo o quel presidente. Così, se un valente portiere non gioca, nonostante le reiterate pressioni dell’importante papà, beh, qualcosa non va: la telefonata fra Cesare Previti e Claudio Lotito è solo uno degli aneddoti sui presidenti delle squadre di Serie A riportate da Fuori Gioco, il nuovo libro di Gianfrancesco Turano per Chiarelettere: vita, morte e miracoli dei dirigenti delle squadre più importanti della prima divisione del nostro calcio professionistico. Dalla Roma alla Fiorentina, dall’Udinese alla Lazio, da nord a sud, ci sono davvero tutti.
I CONTI DELLA SERVA – Thomas DeBenedetto, Claudio Lotito, Aurelio de Laurentiis, Diego della Valle, Giampaolo Pozzo, Andrea Agnelli, Massimo Moratti, Maurizio Zamparini, Enrico Preziosi e lui, immancabile, Silvio Berlusconi. Come arriva un imprenditore, piuttosto che un magnate del cinema, o ancora un petroliere, a controllare una squadra di calcio? I motivi possono essere vari, e la ragione ultima forse solo una: come dice Turano, il calcio è sempre potere, e possedere una squadra è avere un esercito ai propri piedi, fra tifosi e giocatori. Anticipiamo quindi qualche perla, presa direttamente dal libro, su tre presidenti di serie A, rimandandovi alla lettura del libro per scoprire gli altri.
CLAUDIO LOTITO – Per Claudio Lotito, patron della Lazio, ad esempio, tutto era nato più o meno per caso, soprattutto considerando che, da un punto di vista strettamente familiare, semmai alla Roma lui doveva finire. “Trentacinque anni, bella presenza, pistola in tasca e telefono cellulare”: così nel 1992 il Messaggero definisce il nuovo marito di Cristina Mezzaroma, appunto Claudio Lotito. Nel 1993 la Roma di Giuseppe Ciarrapico ha problemi molto seri e Giulio Andreotti, che certo non può sopportare che la sua squadra del cuore soffra, la affida ad una cordata formata dai Sensi e, appunto, dai Mezzaroma. I figli della famiglia di costruttori e palazzinari romani si trasferisce in massa a Trigoria, tutti “sfegatati romanisti”; fra questi, anche il cognato di Lotito, Marco Mezzaroma, attuale marito di Mara Carfagna. “Siamo due mondi diversi”, commenta ora il giovane Mezzaroma quando gli chiedono in che rapporti sia con il cognato. La Lazio, intanto, era controllata da Sergio Cragnotti, quello della Cirio e delle spese pazze, delle trasferte tutto compreso pagate agli ultras, del calciomercato generoso, che finì in un crack rumoroso che solo recentemente ha visto la prima richiesta di condanna per quindici anni all’ex patron dell’Aquila, che la portò in borsa. A decidere il passaggio della proprietà non fu la dirigenza, certamente in difficoltà. per deliberazione autonoma; piuttosto, fu Cesare Geronzi e Capitalia, istituto pesantemente creditore di Cragnotti e della Lazio, a scegliere “l’austerità” invece di un fragoroso fallimento. Inizia dunque nel 2004 l’era Lotito, accompagnata innanzitutto da una selva di agevolazioni fiscali concesse dai governi di Silvio Berlusconi: la rateizzazione concordata con il governo parla di qualcosa come 25 rate da 5 milioni di euro all’anno, che certifica un debito con il fisco di 143 milioni, addizionali regionali e comunali incluse. La Lazio di Lotito inizia con una bella irregolarità: per evitare di comprare più del 30 della Lazio, scelta per cui sarebbe necessaria la regolare offerta pubblica di acquisto, Lotito chiede allo “zio” Mezzaroma, noto romanista, di entrare nel capitale con un 14% in aggiunta al suo 27%: per il giudice sarà aggiotaggio.
AURELIO DE LAURENTIIS – Aurelio de Laurentiis, produttore cinematografico, imprenditore romano originario di Torre Annunziata, riceve dal Calcio Napoli il più importante flusso di entrate complessive. E dire che la sua Filmauro è uno dei giganti del cinema italiano, visto che produce ogni anno il proverbiale cinepanettone. Ma dalla divisione cinema non arriva il grosso dei profitti: “De Laurentiis fa i soldi con Lavezzi e Cavani e va sì e no pari con De Sica e Ghini”, scrive Turano. Sarebbe poi interessante sapere di chi è il Napoli: il problema è che non è davvero possibile saperlo, visto che la proprietà di Filmauro che controlla il Napoli è di proprietà di una fiduciaria di Unicredit, la Cordusio, che detiene il 90% del pacchetto. Organi societari sono parenti vari della famiglia de Laurentiis, il che, a giudizio, potrà essere meglio o peggio del precedente Napoli, quello di Corrado Ferlaino, che comprò Maradona e che in Consiglio mise Alfredo Vito, Clemente Mastella e Guido d’Angelo, uno per ogni corrente della Democrazia Cristiana. Prima di riuscirgli il colpaccio della presidenza del Napoli, che De Laurentiis ha tentato almeno 3 volte, il produttore cinematografico si butta nel mercato del bingo, il nuovo gioco che inizia a spopolare all’inizio degli anni 2000 in Italia. Con la sua Auro Bingo, De Laurentis sbarca nel settore con due società, Auro Bingo ed Euro Bingo, che seguono la (poca) fortuna che il bingo avrà in Italia, fallendo velocemente e finendo in liquidazione.
MASSIMO MORATTI – Massimo Moratti, presidente dell’Inter, è l’ultimo rampollo di una dinastia di petrolieri italiani che lavorano 300mila barili al giorno nell’impianto di Saras a Sarroch, sud della Sardegna. La società si disse discretamente preoccupata per ciò che accadeva in Libia l’anno scorso, visto che proprio dal paese di Gheddafi arriva il petrolio grezzo che in Sardegna viene lavorato e rispedito in Libia, come prodotto finito e raffinato. Il patriarca Angelo ha acquistato l’Inter nel 1955, ai tempi di Herrera, poi i Moratti ne hanno perso il controllo e l’hanno riacquistato nel 1995, quando Massimo, appunto, l’ha riacquistata; in consiglio di amministrazione delle società del gruppo Saras siedono oggi i maschi della famiglia, Gianmarco, Massimo (i due figli di Angelo) e i rispettivi figli (le varie figlie, no); nel 1992, prima di ricomprare l’Inter, Massimo Moratti si fa promotore della campagna per l’elezione di Milano a sede olimpica nel 2000, ma per colpa delle inchieste su Tangentopoli, della brutta aria che tira su Milano, il Comitato Olimpico sceglie di virare su Pechino; il fratello Gianmarco non è affatto d’accordo, e comunica a Massimo che l’acquisto dall’imprenditore Pellegrini sarà a titolo “assolutamente personale”, e così è, con Massimo Moratti proprietario in quanto persona fisica dell’Internazionale FC. Come da nominativo, il club ha una spiccata esterofilia: “Vive di prodotti stranieri”, secondo l’autore del libro: calciatori blasonati, strapagati ed esteri vengono sovvenzionati dai profitti della Saras, insomma, “dagli operai sardi”. Moratti paga tutto di tasca sua, e perde moltissimo in realtà, se è vero che “dall’inizio della gestione Moratti fino all’ultimo bilancio disponibile la società Fc Internazionale ha accumulato 1351 milioni di euro in diciassette stagioni senza mai chiudere un esercizio in attivo”. Considerando che l’Inter sembra come una carta moschicida per grandi affaristi e uomini ricchi e pregiati come Marco Tronchetti Provera che partecipa al 12 % del capitale, sembra strano. I due, Moratti e Tronchetti Provera, sono anche soci nella Cmc, società finanziaria che mette fondi qui e la (tipo nella Smemoranda di Gino & Michele, interisti, o in Emergency di Gino Strada, passione di Milly Moratti, sostenitrice assidua del centrosinistra milanese), che è collegata a Capitalia prima e ad Unicredit poi e che, ovviamente, partecipa in alcuni pacchietti di Pirelli di Tronchetti provera. Quando si dice, fra amici ci si aiuta.