Cocaina dal tagliatore al consumatore

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Vendo a poco prezzo, anche solo una pizzicata. Io per primo ne posso comprare poca alla fonte, e per farla durare e stracciare il prezzo la devo tagliare come un pazzo. A volte non dico che la invento ma…“. Raffaele è un dettagliante napoletano di cocaina. Uno spacciatore. Di più, un fabbricante: al taglio per il dettaglio.



È un one-man-band del commercio della “bianca“. Perché lui non è soltanto un anello di una catena, ma uno che fa “sinergie“: si arrangia, la compra all’ingrosso per quello che può e la rivende al dettaglio, dopo averla tagliata e tagliata per guadagnarci il più possibile. Non uno con la clientela “selezionata“. Perché quelli i soldi li fanno veramente. Lui è uno che si arrangia, uno come tanti.



Me lo presenta un’amica, che mi ha chiesto un parere “legale“: un problema di assicurazione, falsa e sconfinata nel penale. Mi reco a casa sua, a San Giovanni. Sangiovannesi gente e ‘ mmerda, dicono a Napoli, dove ogni rione ha la sua nomea. Mi faccio venire a prendere giù al palazzo, sennò non potrei neanche salire. Il quartiere è molto popolare, pure troppo. I fabbricati sono tutti vecchi e scrostati nell’intonaco. San Giovanni a Teduccio ti accoglie in modo meno brutale, più da Napoli antica, che Ponticelli nei suoi casermoni ad alveare postmoderni: è un posto più raccolto ma, data l’esiguità degli spazi interni, non sapresti dove fuggire. Qui, se ti capita, sei davvero in trappola. Vediamo di non farlo capitare.

Quando mi porta da lui, lo fa quasi vergognandosene. Sbaglia: non mi devo scandalizzare, che poi perché. Dovrei, ai suoi occhi, per cultura ed estrazione: in verità, non me ne frega niente ma faccio lo stesso lo sportivo. Comprendo il dramma sociale che c’è dietro, fingendo di distogliere lo sguardo per fissare speranzoso e amareggiato l’orizzonte. È il rituale d’accettazione: se sei cosciente, conti i secondi della pausa ad arte e ti senti solo in tinta con le pareti marce. In realtà abbasso gli occhi per guardare giù in cortile: il cane che ci vive sta pisciando sulle ruote come un’ inaugurazione. “Non ti dispiace se ripeti a lui quello che hai detto a me?“. Figurati. “El Tiburòn, El Tiburòn…” rimbomba ovunque: come rifiutare.



Direbbe Dylan Thomas che alla mia età dovrei saper distinguere l’estate dai vermi. Tra un po’ non saprò più discernere la farina dalla cocaina. Il corso di gnosi della droga da sballo, “sua natura vera, componenti e manutenzione“, me lo fa accelerato un simpaticissimo signore sulla quarantina che mi viene ad aprir la porta. Ha un grembiale da lavoro e non somiglia al pasticcere trozskista di Moretti quanto piuttosto ad un barbiere. Ci specchiamo nella stessa età e generazione. Per riguardo a me, non ha sistemato l’appartamento prima che io entrassi. Che si sappia che non sono un estraneo. Ma un amico.

Gli ribadisco quello che a pappagallo in questi anni ho imparato: la denuncia di chi ti ha truffato la fai soltanto se hai pesato il truffatore. Meglio perdere i soldi e riassicurare il mezzo, piuttosto che fare nomi e cognomi di certa gente in Tribunale. L’ho conquistato. Quello che s’aspettava di sentire è la risposta che ti apre le porte perché dimostra che, seppure istruito e utile come “autorità“, non sei un pericolo. “Accomodati, il tempo di finire e ce ne andiamo a mangiare“, mentre la ragazza si congeda con la scusa della spesa: sottotitolo, lei ha finito, tu puoi guardare. Le porte saranno pure aperte ma le finestre no . Non c’è un filo di luce che non sia artificiale. Mi manca l’aria: sarà la polvere e il pulviscolo ma a domanda rispondo che il divano mi insacca. Ride di gusto: sono simpatico, cioè mi posso alzare. Ce ne sono di cose su cui scrivere, da chiedergli, intuire o fotografare. Ma non mi passa neanche per la mente di giocare a far l’onesto (tanto di luce del sole qui non ce n’è mezza). Tutto quello che potrò rubargli è mio, lo sappia o meno: questa non è un’intervista, è un’estorsione. Tanto lui ora va, lui ora viene. Quando va dentro nelle altre stanze, faccio foto come capita col telefonino. A roba che può dar la morte? Come quando han fotografato Papa Wojtyla morto ed esposto. Pure lui era già polvere, in un certo senso la morte che eccitando camminava.

C’è un tavolo, bottiglie d’acqua. Tranquilli, miscredenti: servono a lui per bere. Si suda tantissimo qui dentro: quel neon piccolo sul soffitto, odio il suo calore. Vassoi artigianali. “Se ti serve prendi“: non mi sta offrendo droga ma scagliola. È materiale fatto di scaglie di cemento e serve per tappare i buchi: non del cervello ma dell’intonaco. Lui, tanto, ne ha in abbondanza. Non costerà che pochi euro. La usa per il suo lavoro: taglia la “cocaina cocaina” innanzitutto con questo derivato edile. Non devo essere stato troppo bravo a frenare il disgusto: lui si sente sfidato e rilancia. “Guarda che non è finita qui: dopo il cemento, taglio con il purgante“. O di cavallo o di bambino: ahahahaha. La cacarella come sballo poi, o no? Che schifezze che vi pippate, scemi. Oddiomio, mi vien la ridarella. Lui è comprensivo: in fondo deve odiarla questa droga e questa è la rivincita morale sopra il vizio. Scusa ma ce n’è di coca in questa cocaina che poi vendi o è tutto, che so, talco per le ascelle? La risposta è si, ce n’è. In piccola parte. Il guadagno in teoria c’è ma se c’è è sempre nel buon taglio. Allora sbotto (si fa per dire). Me l’aspettavo più come un laboratorio di solventi questa raffinazione dello sballo: una roba da chimici e scienziati strapagati. Qui, con tutta questa roba bianca dai più svariati usi, tra il domestico, la nursery ed il bricolage, “neve” che fa nebbia alla puzza di chiuso, sembra di stare dal fornaio. O dagli artisti della pizza a ingrediente libero. “La droga come dici tu è quella per chi la può pagare. Quella dei giri buoni“. I suoi invece sono i giri di quelli alla buona. E mi aggiorna sulle nuove tipologie di fabbricante-spacciatore e cliente.

C’è crisi. Chi vuole rifornirsi al supermarket coi prezzi all’ingrosso e tutto il campionario (“dall’ eroina per chi non può più andare all’ospedale agli ellesseddì per chi deve ballare bene per si fidanzare“) può ovviare come sempre. Ma se non hai i soldi per il quantitativo, non hai credito oppure hai esigenze limitate di un piccolo ed economico trip solitario modello “io sballo da sola“, allora vai da lui e i pesci piccoli di questa droga dei poveri. Ti ricaricano la vendita al dettaglio, ma a te conviene perché, che tu lo sappia o chiuda tutti e due gli occhi, la roba è quasi totalmente adulterata. Effetto placebo pure per l’adrenalina a mille, che credevate. Per questo lui la droga “non è che se la inventa“, ma siamo lì. C’è un però, ed è purissima coscienza del sociale. “Però vado sul sicuro. Per far morire a qualcheduno, devi mescolare le sostanze chimiche o fare il cocktail con altre droghe. La garanzia mia è proprio che non posso fare inguacchi perché per farli veramente euri non ne ho, e allora uso quel che trovo. O a casa mia, o me lo prendo in prestito dalle mamme nel palazzo“.

Secondo me, allunga pure con la colla: gliene vedo intorno. Sarà con quella che fa la magia, quando si ritrova in credenza, che so, solo la farina. Ha operai, disoccupati, adolescenti come clienti: “con cinquanta euro ti tiri su senza esagerare, e fai con comodo. Pure una settimana. Non ti dico bugie, a me mi sanno tutti, quello che faccio e come, e certe mogli di gente che lavora mi sono venute pure a ringraziare. I mariti prima si ritiravano ogni sera a casa tutti sbandati e senza un euro in tasca. Tanto l’anima deve sfogare: meglio che quando sfoga (qualcuno) possa pure risparmiare“. Mi chiede che ne penso: stiamo scendendo e ho bisogno di lui che badi al cane per poter sgattaiolare. E allora mi faccio tutto lirico, prima di perdere la grazia. In fondo penso, caro Lei, che questa droga pezzottata sia come la sua assicurazione contraffatta. Roba da pezzenti e codice penale: però, gli dico mentre mi metto in salvo per sempre da quel mostro, pure i pezzenti vogliono ancora circolare.