Cosa c’entra Bud Spencer con Alitalia e le Poste
11/10/2013 di Alberto Sofia
In attesa del consiglio d’amministrazione di Alitalia, la soluzione trovata dal governo Letta risponde al nome di Poste Italiane, il cui capitale è detenuto al 100% dal Tesoro. Sarà questo il partner pubblico scelto dall’esecutivo, dopo l’annuncio di una partecipazione all’aumento di capitale per 75 milioni di euro, necessario per il salvataggio della compagnia di bandiera indebitata. Ma c’è di più. Il gruppo guidato da Massimo Sarmi, oltre a quei fondi necessari per soccorrere Alitalia, metterà a disposizione anche la sua flotta: la Mistral Air, nelle mani proprio di Poste, al 100%, dal 2005. La stessa che la società annunciava in vendita lo scorso anno a causa di risultati economici negativi continui.
ALITALIA, POSTE E MISTRAL – Basta analizzare i bilanci della stessa Mistral – in perdita continua, negli ultimi anni – per capire come la partecipazione del socio pubblico scelto dall’esecutivo delle larghe intese potrebbe nascondere altre insidie e rivelarsi l’ennesimo sbaglio. Oltre ai timori per un ritorno di Alitalia in mano pubblica. Poco sembrano aver insegnato altri errori del passato, tra tutti il “salvataggio dei patrioti del Cai”, voluto dal governo Berlusconi. Quello che per i contribuenti è costato circa 5 miliardi di euro, secondo le stime di Sergio Rizzo. Più del gettito Imu. E che non è certo riuscito ad aggiustare i conti della compagnia di bandiera italiana, considerati i debiti che ammontano a circa 1 miliardo e 300 milioni di euro. Mistral, fondata più di trenta anni fa – nel 1981 – dall’attore Bud Spencer (Carlo Pedersoli), con l’hobby del volo, divenne operativa tre anni più tardi. È stato lo stesso attore a cedere la compagnia al gruppo olandese Tnt, prima che nel 2002 fosse proprio Poste italiane – ai tempi ancora amministrata da Corrado Passera – ad acquistarla per nove milioni di euro. Il gruppo Mistral Air, che svolge principalmente attività di cargo e charter, dispone di 8 aerei, compresi quattro Boeing utilizzati per più attività. Di notte per il trasporto di pacchi e lettere, mentre di giorno per trasportare passeggeri verso mete e luoghi di culto. Non solo Lourdes, ma anche Fatima e altri. Ma come ha gestito Poste il gruppo? Se si prendono in considerazioni i bilanci del triennio 2010-2012 non proprio in modo ottimale, considerato come le perdite non manchino. I numeri negativi sono in crescita esponenziale: dal -1,5 del 2010, al -2,2 dell’anno successivo, come spiega anche il Fatto. Fino alla maxi-perdita netta di 8,2 milioni dello scorso anno, tanto che l’ad Massimo Sarmi chiese una ricapitalizzazione di 3 milioni di euro. Non senza annunciare la volontà di voler vendere la compagnia aerea, considerati i numeri economici a dir poco negativi.
ALITALIA E I PROSSIMI SCENARI – Oltre al fondatore Bud Spencer, tra i passati nomi legati a Mistral ci fu anche quello del berlusconiano Antonio Martusciello, ex dirigente di Publitalia, ora commissario Agcom. In passato, come si legge nella sua biografia sul sito dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Martusciello ricoprì la carica di presidente di Mistral Air, dal luglio 2008 ad agosto 2010. Con Poste in campo per Alitalia, e la partecipazione alla ricapitalizzazione della compagnia di bandiera con 75 milioni di euro – insieme ai 200 milioni sottoscritti dagli attuali soci e ai 200 milioni concessi dalle banche – si studiano “strategie” e “sinergie” tra Mistral Air e Alitalia. In pratica, dopo non essere riuscita a vendere la sua flotta – nonostante alcune manifestazioni d’interesse – Sarmi tenta di utilizzare “l’esperienza” – non proprio “felice”, considerati i numeri – per far breccia dentro la compagnia di bandiera, già a sua volta con i conti in rosso. L’obiettivo potrebbe essere quello di puntare su viaggi a lungo raggio, in particolare verso le capitali e le grandi città d’Oriente, soprattutto se ci sarà una collaborazione crescente con Air France Klm, il gruppo franco olandese che detiene già il 25% di Alitalia e che era in corsa per salire al 50%. Air France per ora resta in attesa, per capire quali saranno le mosse definitive, aspettando anche il consiglio d’amministrazione del gruppo. Dovrà decidere se ricapitalizzare o tirarsene fuori, considerato come negli scorsi giorni il gruppo aveva già fatto intendere di non volersi fare carico dei debiti di Alitalia.
LE REAZIONE E IL PIANO INDUSTRIALE – Mentre si attendono le decisioni prese dal consiglio d’amministrazione di Alitalia, il governo ieri ha esultato per l’intervento di Poste, con la partecipazione al salvataggio. «Ce l’abbiamo fatta», ha dichiarato il ciellino Maurizio Lupi, ministro per le Infrastrutture e i Trasporti. A chi faceva notare le perplessità per un nuovo intervento pubblico, Lupi ha spiegato: «Poste Italiane certamente può essere non un aiuto da parte del pubblico, ma piuttosto l’individuazione di un’azienda sana che possa fare da partner industriale in un settore che è sempre di più complementare. Non ci sarà un altro intervento pubblico oltre a questo». Anche il governo comprende però che si tratta di un’azione “tampone”, in attesa di ridefinire un progetto industriale più chiaro. Intanto però il governo preferisce sbandierare il mantenimento “di uno degli asset principali” per lo Stato. Sui risultati disastrosi del Cai, è stato invece Corrado Passera a difendersi. L’uomo che cercò di pilotare quella cordata di “patrioti” chiamata da Berlusconi a “salvare” la compagnia di bandiera (con lo scorporo tra good – parte sana – e bad company, con i debiti a carico dello Stato, ergo dei contribuenti, ndr) ha spiegato: «La durata della recessione era difficile da prevedere. Il lavoro di ristrutturazione è stato fatto, ma c’era un problema di natura finanziaria, con la crisi che ha influito sui conti», ha aggiunto Passera.
PERPLESSO SQUINZI – Ma sull’ingresso di Poste non mancano perplessità. Se dai sindacati è arrivato il via libera, è il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi a spiegare: «Io sono scettico di fronte agli interventi della mano pubblica in una società privata. Se è un cerotto per tamponare una situazione d’emergenza può essere condiviso, ma serve un piano di lungo termine», ha spiegato. Ma non solo: il numero uno di Confindustria ha aggiunto come l’Italia sia forse «diventata un paese troppo piccolo per permettersi una grande compagnia di bandiera», suggerendo una “riflessione forte” in merito. Fiducioso, al contrario, Paolo Scaroni, ad di Eni: «Se la soluzione individuata per il salvataggio di Alitalia è affidabile e se verranno fornite rassicurazioni sufficienti sulla continuità della compagnia noi non fermeremo i rifornimenti», ha spiegato Scaroni. Intanto anche Romano Prodi è intervenuto sul Messaggero: «La scelta di un partner industriale, che faccia lo stesso mestiere, deve essere guidata da una strategia di lungo periodo e non semplicemente da promesse che non possono essere mantenute nel tempo o da interessi estranei a quelli dell’azienda». Chiare le perplessità dell’ex presidente del Consiglio sulle prospettive future della compagnia. Tutto mentre Ryanair attacca: Alitalia, secondo il Ceo della compagnia low cost Michael O’Leary, sarebbe stata “rovinata dalla politica e dai sindacati”: «Spero che la situazione si risollevi, ma siamo già pronti a sostituire i voli domestici che verrebbero tagliati», ha concluso, con un’intervista sul Corriere della Sera.