Cosa diamine è il lotus birth che piace tanto in Italia (e perché è pericoloso)

19/09/2017 di Redazione

Dopo il caso della mamma di Udine, che si è rifiutata di far tagliare il cordone ombelicale al figlio, in Italia si torna a parlare di una modalità di parto chiamata Lotus Birth. Ma che cosa è e come funziona?

Il Lotus Birth è dedicato a “tutti coloro che hanno percepito l’importanza di mantenere l’unione biologica bambino-placenta” (sta scritto così nel sito ufficiale italiano, eh). Si chiama così grazie a Clair Lotus Day, infermiera californiana che nel 1974 non  recise il cordone ombelicale del figlio perché convinta di poter vedere l’aura delle persone. In pratica non viene reciso il cordone ombelicale e la placenta e gli altri annessi fetali (membrane coriali, cordone ombelicale). Queste parti rimangono attaccate al neonato dopo il secondamento e si distaccano in modo naturale dopo alcuni giorni. Secondo i sostenitori:

Il contatto prolungato con la placenta permette al bambino di ricevere tutta la quantità del preziosissimo sangue placentare che è presente alla nascita e che la natura ha previsto per la costituzione del sistema immunitario. E’ un periodo di transizione in cui il bambino può separarsi dal corpo della madre dolcemente e gradualmente e completare il suo corpo eterico*. Un tempo importante per stabilizzare il sistema respiratorio autonomo e gli altri organi.

Ok, questo secondo i sostenitori della Lotus. Ma secondo la scienza questa pratica comporta gravi rischi per il neonato.
Primo perché vi è un rischio di infezione nella placenta. La placenta contiene del sangue e dopo il parto, essendo un tessuto morto, non c’è circolazione. Non lo dicono persone a caso in mezzo a una strada ma medici. E lo ribadisce anche la Società Italiana di Neonatologia, che sconsiglia vivamente la pratica:

Innanzitutto mancano oggi evidenze scientifiche che ne dimostrino il reale vantaggio per la mamma e per il neonato ed il pericolo di infezioni che potrebbero mettere a rischio la salute e anche la vita del bambino non è infondato. I vantaggi ipotizzati di un maggiore passaggio di sangue dalla placenta al neonato, infatti, vengono meno dopo pochi minuti, quando il cordone smette di pulsare, mentre elevato è il rischio di infezione. Da un punto di vista strettamente normativo, poi, nel nostro Paese le Linee Guida ministeriali sul parto non contemplano questa procedura, come tale non riconosciuta a livello nazionale. In caso di conseguenze negative per madre e bambino, si creerebbe un problema di natura giuridica per la struttura ed il medico che decidono di attuarla.

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COME FUNZIONA LA LOTUS BIRTH

La Lotus birth prevede che la separazione tra i 3 e i 10 giorni, quando il cordone si secca e si distacca spontaneamente dall’ombelico. In questo periodo la placenta, trasportata sempre con il neonato, viene conservata in un sacchetto o in una bacinella e a volte viene cosparsa con sale grosso per favorirne l’essiccamento e con qualche goccia di olio (come quello di lavanda) per mascherarne il cattivo odore. Alcuni ospedali hanno detto no alla pratica perché non consente il rispetto delle
norme igienico-sanitarie vigenti e sopratutto, oltre al rischio infezioni, la placenta e tutte le varie cose annesse non possono essere portate al di fuori dall’ospedale secondo la normativa vigente (Decreto Legge 152/2006; GSA igiene urbana N.3/2012; DPR 254, luglio 2003). Se per esempio una mamma teme una infezione come rispondono sul sito ufficiale del Lotus Birth? Ecco qui:

lotus birth

Non solo: anche l’eventuale sottoscrizione del consenso informato da parte dei genitori – in base a quanto ha potuto verificare il SIN – potrebbe non essere sufficiente per liberare dalle accuse sia ospedale che medici che hanno eseguito una lotus birth.

 

(In copertina foto: Frank Rumpenhorst/dpa)

 

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