Grazie a Giornalettismo, Il Tempo, Libero e Il Giornale scoprono il debunking

19/10/2017 di Redazione

Due giorni dopo la pubblicazione del video che smaschera le 10 bufale più odiose sulla presidente della Camera Laura Boldrini, c’è ancora chi, in nome del debunking, continua a mettere in dubbio la buona fede delle risposte della terza carica dello Stato e del sito di informazione che le ha dato voce. E così, dopo l’attacco del quotidiano Il Tempo di ieri, oggi registriamo anche le polemiche di Libero e del Giornale.

GLI ATTACCHI A LAURA BOLDRINI IN NOME DEL DEBUNKING

I due organi di informazione riprendono gli argomenti de Il Tempo (che, comunque, torna anche oggi sulla notizia ribadendo le tesi proposte anche ieri), fanno sostanzialmente un rimando all’articolo proposto ieri dalla testata e non mancano di metterci un po’ di pepe per forzare il titolo e fargli avere qualche visualizzazione in più sui social network. Il riferimento è a Libero che, con la consueta eleganza, propone questo titolo per la sua versione online: «Disastro Boldrini, sputtanata con Giulia Innocenzi: ecco il video della vergogna».

Sarebbe inutile tornare sugli argomenti proposti da questi quotidiani: ne abbiamo già parlato in maniera esauriente ieri. Il Tempo, Libero e Il Giornale – all’unanimità – attaccano la presidente della Camera per le sue vacanze a Castelporziano, per la sua volontà di «abbattere i monumenti fascisti» e per il suo ritardo nel commentare e condannare gli stupri di Rimini commessi da stranieri. Abbiamo già spiegato che una «frequentazione saltuaria a Castelporziano» non può essere assimilata a una vacanza e, soprattutto, non può essere etichettato come un qualcosa che viene fatto «a spese del contribuente»; abbiamo ribadito che una conversazione con un gruppo di partigiani (chiarita nei dettagli già il giorno dopo) non può essere l’origine della fake news secondo cui la Boldrini vuole «abbattere i monumenti e i palazzi del fascismo»; abbiamo evidenziato come le dichiarazioni di condanna agli stupri di Rimini siano arrivate quando ancora erano in corso le indagini degli inquirenti.

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PERCHÉ USARE LA PAROLA DEBUNKING?

Ma allora perché accanirsi? E, soprattutto, perché continuare a farlo usando la parola debunking? Questa pratica, infatti, necessita di tempo, di pazienza e di verifiche e non può essere semplicemente frutto di un copia-incolla. Apprezziamo, comunque, il fatto che alcuni giornali di rilevanza nazionale, inizino a parlare di lotta alle bufale: una volta affinata la tecnica – ne siamo sicuri -, il risultato sarà migliore dell’ultimo tentativo.

A proposito. La presidente della Camera, in un’esclusiva al New York Times, ha presentato il progetto I dieci comandamenti dell’era digitale, volto a «educare una generazione di studenti a riconoscere le fake news e le teorie cospirative» sempre più frequenti sul web. Dal 31 ottobre, le scuole italiane lavoreranno per permettere ai propri alunni di avere gli strumenti necessari per diventare «cacciatori di fake news». Chissà che questo ripasso non giovi anche a qualcuno fuori dai banchi.

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