Quando c’era l’Unità si chiamava Festa Democratica. Ora che c’è Democratica si chiama Festa de l’Unità

È questione di identità. O, meglio, dello smarrimento dell’identità. Il Partito Democratico gioca con i simboli e con i nomi dei simboli. E, il più delle volte, perde. La riflessione di oggi sta tutta intorno a quello che una volta era un glorioso giornale e a quella che, sempre una volta, era la sua gloriosa festa. Oggi resta la festa, ma manca il giornale. Ma la cosa grottesca è che c’è stato un tempo in cui c’era il giornale, ma la sua festa si chiamava in altro modo.

Detta così sembra piuttosto ingarbugliata, ma proviamo a fare chiarezza. La Festa de l’Unità è stata istituita nel 1945. La testata a cui faceva riferimento, ovviamente, era quella fondata da Antonio Gramsci nel 1924. Dal dopoguerra in poi, tutto è andato benissimo. Il giornale, da metà estate in poi, ha avuto la celebrazione che si meritava. I dibattiti sul futuro della sinistra, le parole degli intellettuali, le bandiere rosse, la militanza attiva, l’odore del panino con la salsiccia.

Nemmeno la svolta della Bolognina riuscì a inficiare il connubio. Certo, qualche compagno di un tempo continuò ostinatamente a rifiutarsi di entrare in piazza quando a festeggiare era il PDS (poi DS). Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani si fecero i raduni loro (Festa di Liberazione e Festa della Rinascita), ma il giornale di riferimento dell’elettorato di sinistra continuava a essere L’Unità e la sua festa restava – quasi per antonomasia – la Festa de l’Unità.

QUANDO LA FESTA DE L’UNITÀ SI CHIAMAVA FESTA DEMOCRATICA

Tutto cambiò con il PD di Walter Veltroni, nel 2009. All’epoca, il giornale c’era e funzionava (anche se iniziava a mostrare i segni ineludibili della decadenza): quello che però la dirigenza non voleva più era la sua festa. Troppo evocativa, troppo esplicita, troppo vecchia. Il partito era nuovo, il suo elettorato (doveva essere) nuovo. La genialata fu quella di cambiare il nome allo storico appuntamento: in pensione la Festa de l’Unità, scese in campo la Festa Democratica.

MATTEO RENZI NON VUOLE PIÙ LA FESTA DEMOCRATICA

Qualcuno, però, ha giurato che il sapore del pane con la salsiccia non era più lo stesso. E nemmeno i dibattiti, nemmeno gli intellettuali che si alternavano sul palco: quella straniante schizofrenia sul nome disorientava un po’ tutti. Il comunicatore Matteo Renzi, dal 2014, decise che questa cosa qui non andava più bene. Il suo programma, forse, era meno di sinistra, ma il simbolo – quello sì – doveva tornare ai fasti di un tempo. L’esperienza della Festa Democratica finì lì e tornò, bella nel nome, la Festa de l’Unità.

LEGGI ANCHE > L’Unità, i tempi stringono per il salvataggio del giornale

Il problema era che – di fatto – il giornale che evocava non esisteva più: il 30 luglio di quello stesso anno, l’edizione del giorno de l’Unità uscì in bianco. Un dramma dal quale la testata non si è più ripresa. C’è stato un timido tentativo di tornare ad affacciarsi in edicola, tra il 2015 e il 2017. Ma nessuno, ormai, ci credeva più. Ecco, allora, la necessità di aprire un nuovo giornale di partito. Il nome scelto – sembra un paradosso – è proprio Democratica. Ma in quest’estate 2017 le feste – quelle che in misura minore continuano a essere organizzate in tutta Italia – si chiamano ancora Festa de l’Unità. Con buona pace di tutti.

Un gioco delle quattro carte, fatto di guerra di bolli, di copyright e, purtroppo, di denaro. Ma ora che non c’è più L’Unità, ha senso celebrare la sua festa? E ora che è nata Democratica, il PD – per il 2018 – penserà a una manifestazione ad hoc abbandonando il vecchio nome dei suoi raduni di fine estate? Oppure, per quella data, non ci sarà più nulla da festeggiare?

 

Share this article