Le dieci cose che la doppia morale all’italiana mi ha insegnato questa settimana

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Perché siamo tutti moralisti con le vite degli altri. E non vogliamo solo far parte di un certo mondo, vogliamo avere il potere di vederlo fallire

Ci sono cose che in Italia rappresentano una certezza, un comodo rifugio. Una di queste è la doppia morale, da spendere a seconda della convenienza. E così abbiamo provato, senza giudizi, a provare a vedere in questa settimana tutte quelle vicende che hanno avuto, secondo il nostro giudizio e un filo di ironia. Ci teniamo a sottolinearlo perché abbiamo scoperto che fare satira è un passepartout per fare ciò che vuoi, quindi ci teniamo a inserirci anche noi in questo recinto protetto, la satira, che è un po’ come l’emoticon alla fine di un sms insultante o l’hashtag #sifaperscherzare alla fine di un tweet. O più banalmente, come quando a Roma ti ingiuriano aggiungendo “in grande amicizia” o l’omofobo dichiara di avere “molti amici gay”.



Questa rubrica proveremo a farla ogni settimana. Abbiamo il sospetto che non ci mancherà materiale, ma ci piacerebbe che ci aiutaste a scriverla. Aggiungete i vostri punti, insomma.

  1. Se uno che fa il giornalista scrive un articolo capzioso e offensivo, è un incompetente, un venduto, uno da crocifiggere. Se un direttore avalla un pessimo titolo, pure. E va licenziato. Ma se un vignettista fa una brutta vignetta, va difeso come Sacco e Vanzetti e diventa il simbolo della libertà d’espressione.



  2. Se Lo stato delle Cos(c)e lo scrive, su un brutto disegno, Mannelli, è un grande e raffinato umorista. Se lo fa dire a uno dei suoi attori Neri Parenti, è trash.

  3. Giuseppe Tassi viene licenziato per il titolo sulle “cicciottelle”. Travaglio può storpiare i nomi e scherzare sull’altezza di Brunetta. Quando si è diversamente direttori e diversamente responsabili.



  4. Se urli alla censura, sei credibile. Se dici che non c’è, sei un venduto o uno che vuole tenere il posto in barba alle libertà. Questo senza mai valutare i fatti. O almeno i contratti.
    Del censurato ci si fida, anche se è un direttore di tg che occupava la poltrona da 7 anni e avrà un programma. Se potete epurare anche me così, ve ne sarei grato.

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  5. Se Libero parla di lato b disegnato col compasso è (giustamente) tacciato di sessismo. Se Cosmopolitan fa una gallery sui “pacchi” (in gergo i gioielli di famiglia di un uomo) degli atleti sono fighissimi.

  6. Se intervisti una persona, secondo intellettuali che ultimamente amano fare la morale su Roma e che hanno sempre una risposta per tutto (ma raramente si fanno domande), non devi fare domande e tirar fuori la verità, ma fargli la morale. Perché il lettore non va affrontato, ma indottrinato. E parlano loro che spesso hanno lavorato per chi la seconda domanda non l’ha mai fatta a chi comanda davvero. E anche da parte di questi Che Guevara da salotto, di coraggiosi attacchi al potere ne ricordiamo pochi.

    Per inciso: l’intervista di Malcom Pagani a Luca Barbareschi è un capolavoro.

     

  7. E’ tornata la moda di dire che un premier porta sfiga. Sono sempre felice quando il livello delle critiche al potere è così alto.

  8. Se io mando decine di messaggi a Rossella Fiamingo sono uno stalker e Dotto mi fracassa di botte (oddio, per lei rischierei). Se lo fa il premier è simpatico.

  9. Del ciccione lo si può dare solo a Gonzalo Higuain. Basta che lo facciano prima gli inglesi.

  10. Un campione deve essere insultato. Da telecronisti, su twitter, da opinionisti opinabili o vip sconosciuti. Solo perché è un campione, ovvio. E non può rispondere altrimenti è arrogante o perdente nella vita. Ricordatevi, leoni da tastiera e da divano e da microfono, di adottare lo stesso aplomb che pretendete da loro, nel caso uno per strada vi insulti a gratis.