Donald Trump, il miliardario più popolare d’America alla conquista della Casa Bianca

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Donald Trump è stato il vincitore delle primarie presidenziali repubblicane nonostante una candidatura completamente irrituale rispetto agli standard della politica americana

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DONALD TRUMP

Sarà Donald Trump il 45imo presidente degli Stati Uniti d’America. Ha vinto con margine più ampio di entrambe le vittorie di Bush, avvicinandosi al secondo Obama. Un trionfo clamoroso quanto inaspettato che ha radici lontane. Noi abbiamo provato a ripercorrere la storia del tycoon diventato l’uomo più potente del mondo.



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Donald Trump è  diventato il candidato repubblicano per la presidenza degli Stati Uniti alle elezioni di Usa 2016 grazie all’ampio sostegno da parte dell’opinione pubblica conservatrice. Il miliardario americano, senza alcuna esperienza politica nelle istituzioni, è riuscito a sfondare grazie alla sua enorme popolarità accumulata durante la sua carriera di imprenditore e stella dello show-business, alla carica anti establishment, e al posizionamento molto conservatore sul tema dell’immigrazione.

Spencer Platt/Getty Images

IL PROGRAMMA DI DONALD TRUMP

La Convention di Cleveland ha approvato la piattaforma presidenziale del 2016 che costituirà il riferimento programmatico dei Repubblicani per i prossimi quattro anni. Il testo approvato a Cleveland è particolarmente conservatore, e vicino alle posizioni di Donald Trump, che ha supervisionato la fase di stesura e di approvazione del documento attraverso i suoi delegati. Un elemento chiave del programma del candidato repubblicano è il controllo dell’immigrazione illegale, con la costruzione di un muro lungo la frontiera meridionale degli Stati Uniti. Per Trump l’edificazione della barriera dovrà esser finanziata dal Messico. Se fosse eletto presidente The Donald cancellerebbe le amnistie per gli immigrati illegali entrati negli Stati Uniti negli scorsi anni, e restringerebbe l’arrivo delle persone provenienti da Paesi colpiti dal terrorismo, la nuova formulazione del divieto di ingresso ai musulmani.



Sulla politica commerciale i Repubblicani si sono adeguati al programma del loro candidato, che propone una radicale svolta nei rapporti con la Cina per riportare sul suolo americano milioni di posti di lavoro. Donald Trump definisce il Paese asiatico come manipolatore della propria moneta, una posizione che se assunta dall’amministrazione federale permetterebbe l’imposizione di dazi sulle merci cinesi. Trump propone anche di abbassare le tasse sulle aziende per facilitare la concorrenza con le imprese asiatiche, con un’aliquota massima del 15%.

La riforma del codice fiscale, unita a una flessione della pressione tributaria sulle persone fisiche, è un altro punto del programma del candidato repubblicano, con proposte in piena linea con la tradizione Gop, per quanto di complessa attuazione. Donald Trump punta a esentare dalla tesse i redditi dei single inferiori ai 25 mila dollari, e dei nuclei familiari fino a 50 mila dollari. Le aliquote marginali saranno ridotte a quattro, con la massima pari al 25%. Prevista anche la cancellazione della tassa di successione. Il costoso piano sarebbe finanziato dalla cancellazione di numerose agevolazioni fiscali, e dalla tassazione dei capitali portati all’estero.



Donald Trump propone l’abrogazione della riforma sanitaria universalistica adottata dai Democratici, Obamacare. Il programma simbolo dell’amministrazione uscente sarebbe sostituito dal candidato repubblicano con diversi incentivi fiscali per aumentare la concorrenza nell’offerta delle polizze sanitarie, e per renderle meno costose agli assicurati tramite deduzioni e detrazioni. Ferma difesa del diritto al porto d’armi garantito dal II emendamento, mentre sui diritti civili Trump esprime una posizione di contrarietà all’aborto e di  presa distanza dai matrimoni gay. Se eletto presidente Donald Trump ha promesso di eleggere giudici alla Corte Suprema contrari all’attuale sentenza, Roe v. Wade, che garantisce il diritto costituzionale delle donne all’interruzione di gravidanza.

DONALD TRUMP E LA CONVENTION REPUBBLICANA A CLEVELAND

Aggiornamento 22/07/2016

Dopo quattro giorni caratterizzati da gaffe e scontri interni al partito la Convention di Cleveland dei Repubblicani si è chiusa giovedì sera. L’intervento conclusivo è stato tenuto da Donald Trump, che ha svolto il tradizionale discorso di accettazione della nomination. Il candidato repubblicano alla Casa Bianca ha parlato per oltre un’ora, dopo esser stato introdotto da sua figlia Ivanka. Donald Trump ha utilizzato toni prevalentemente cupi, ponendosi come l’unico leader in grado di offrire un futuro agli Stati Uniti diverso dalla catastrofe del presente. Ecco il video del discorso

Aggiornamento 21/07/2016

Il terzo giorno della Convention di Cleveland è stata caratterizzata dal clamoroso no di Ted Cruz alla candidatura di Donald Trump. Il senatore del Texas, secondo arrivato alle primarie presidenziali 2016, ha invitato gli elettori repubblicani a votare secondo coscienza. Il rifiuto di appoggiare Trump offerto da Cruz in diretta TV ha oscurato il discorso di accettazione della candidatura di Mike Pence, indicato dalla nomination repubblicana come suo vice.

Aggiornamento 20/07/2016

Donald Trump è diventato ufficialmente il candidato dei Repubblicani alle elezioni presidenziali di martedì 8 novembre 2016. La Convention di Cleveland ha votato per la sua candidatura, che ora dovrà essere accettata dal miliardario di NYC. Giovedì sera Trump terrà il discorso in cui accetterà la nomination, avviando così in modo ufficiale la sua campagna elettorale per la Casa Bianca.  Il superamento della soglia dei 1237 delegati, il quorum per la nomination, è stato annunciato dal figlio di Donald Trump, che è intervenuto a nome dei Repubblicani dello Stato di New York. Durante le fasi di voto i delegati conquistati dagli avversari di Trump sono stati applauditi, una reazione insolita per le Convention degli ultimi decenni.

Aggiornamento 19/07/2016

La Convention di Cleveland che incoronerà Donald Trump come candidato presidente dei Repubblicani alle elezioni di Usa 2016 si è aperta nel consueto modo caotico che caratterizza la campagna del miliardario di NYC. Diversi delegati hanno abbandonato i lavori in segno di dissenso contro Trump, mentre la moglie Melania ha copiato parte del suo discorso dall’intervento di Michelle Obama alla Convention democratica di Denver di otto anni fa. 

I RISULTATI DELLE PRIMARIE REPUBBLICANE

Donald Trump ha dominato le primarie repubblicane ottenendo oltre 13 milioni di voti, e distanziando il suo primo avversario, Ted Cruz, di oltre 6. Una vittoria netta, costruita grazie agli iniziali successi alle primarie in New Hampshire e South Carolina, e poi consolidata fino ai trionfi primaverili che l’hanno portato alla nomination repubblicana.

IL PATRIMONIO DI DONALD TRUMP

La presidenza degli Stati Uniti d’America potrebbe essere una nota a piè di pagina nella biografia di Donald Trump. Un paradosso, certo, visto che la carica di uomo più potente del mondo dà diritto a chiunque persona che l’occupa di ottenere un posto piuttosto rilevante in ogni libro di storia. I successi conseguiti nel mondo dell’imprenditoria e la popolarità conseguita grazie a una costante presenza sui media americani sono però già enormi per The Donald, probabilmente il miliardario più noto della maggiore economia del mondo già prima di correre e vincere le primarie repubblicane di USA 2016. Pochi imprenditori o businessman statunitensi potrebbero permettersi di firmare un incipit di una biografia come quello ospitato sul sito del candidato alle primarie repubblicane.

Donald J. Trump rappresenta la stessa definizione di una storia americana di successo, con nuovi standard di eccellenza fissati allargando i suoi interessi nell’immobiliare, negli sport così come nell’industria del divertimento. Donald Trump è l’archetipo di un imprenditore capace di concludere affari senza sosta.

Donald Trump è figlio di uno dei più grandi immobiliaristi di New York City, e fin dagli anni sessanta ha seguito le orme paterne firmando alcuni dei progetti residenziali di maggior lusso della Grande Mela, come Trump Parc, Trump Palace, Trump Plaza, 610 Park Avenue, The Trump World Tower, e Trump Park Avenue. Trump Organization, la società a responsabilità limitata gestita dal miliardario newyorchese sin dagli anni ’70, ha poi realizzato altri progetti ad alto lusso nel settore immobiliare in altre grandi città americane, anche se il core business è sempre rimasto nella più popolosa metropoli degli Usa. Oltre all’immobiliare, la società di Donald Trump ha investito in particolar modo nella costruzione di grandi campi da golf in località rinomate.

A differenza degli altri miliardari americani Donald Trump ha sempre guardato con diffidenza alla Borsa, visti gli elevati rendimenti ottenuti grazie alla crescita del mercato immobiliare. Nel corso degli ultimi decenni The Donald, come spesso è citato sui media statunitensi, ha accumulato un patrimonio stimato in una cifra tra i 3 e i 9 miliardi, anche se l’ultimo dato appare un’esagerazione dello stesso Trump. Dopo la sua candidatura alla presidenza degli Stati Uniti la Commissione elettorale federale, Fec, ha indicato il patrimonio del candidato repubblicano in circa 1 miliardo e mezzo di dollari. Una cifra molto elevata, senza paragoni per un politico, ma decisamente inferiore rispetto ai 9 miliardi indicati da The Donald a inizio della sua campagna presidenziale.

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Bill Pugliano/Getty Images

DONALD TRUMP SUPERSTAR

Donald Trump è una celebrità negli Stati Uniti, e la sua fama precede la sua nuova avventura politica, il quarto tentativo, anche se di gran lunga il più serio, di conquistare la Casa Bianca. Negli anni ottanta, quando era già uno dei più importanti immobiliaristi americani, Donald Trump era diventato uno dei soggetti più discussi sui tabloid statunitensi per il suo matrimonio con la modella cecoslovacca Ivana Zelníčková, la creatrice del soprannome “The Donald”.

I ripetuti tradimenti di Trump con un’attrice poi diventata sua moglie, Marla Maples, e il conseguente divorzio erano stati molto chiacchierati, come tutta la vita privata del miliardario americano nei decenni successivi. A inizio degli anni novanta Donald Trump ha avuto anche una relazione con Carla Bruni, mentre il suo corteggiamento nei confronti di Lady Diana sembra non sia andato a buon fine. Da più di dieci anni il candidato repubblicano è sposato a Melania Knauss, un’altra ex modella dell’Est Europa, la Slovenia in questo caso. Oltre alla vita privata e ai suoi successi imprenditoriali, Donald Trump ha acquisito grande fama grazie allo sport, ai suoi libri e alla TV.

Il miliardario americano ha concesso i suoi palazzi più famosi per numerosi incontri di wrestling, e il legame con la lega organizzatrice di questi eventi, l’americana WWE, l’ha reso protagonista di numerosi programmi TV dedicati a questo sport. L’incontro di wrestling più visto di sempre è stato tra l’altro la sfida tra lo stesso Trump e Vince MacMahon, il fondatore della WWE, con oltre un milione e 200 mila spettatori che nel 2007 hanno pagato 44 dollari per seguirlo.

All’inizio degli anni novanta Donald Trump ha iniziato il suo rapporto con la TV che l’ha reso una delle personalità più famose d’America. Protagonista in molte serie TV, talvolta nella parte di se stesso, come Willy il principe di Bel-Air o La Tata, il miliardario statunitense è diventato uno dei protagonisti della televisione grazie a un programma di grande successo della NBC, The Apprentice, “Il Tirocinante”, condotto per quattordici stagioni di fila e concluso solo per la sua campagna presidenziale.

The Apprentice era un reality show in cui i concorrenti erano selezionati per lavorare all’interno della compagnia di Donald Trump. Il programma, condotto dallo stesso miliardario, è stato un grande successo televisivo, che gli ha fruttato anche due candidature agli Emmy, gli Oscar della TV statunitense. La frase con cui i concorrenti erano eliminati da The Donald, You’re fired, Sei licenziato, è diventata di uso comune nel linguaggio colloquiale statunitense, ennesima prova dell’enorme fama di Trump. Altre trasmissione TV di cui il candidato repubblicano era protagonista erano Miss Usa e Miss Universo, concorsi di bellezza acquisiti dalla sua società a partire dalla metà degli anni novanta, e trasmessi dalla NBC fino alla corsa presidenziale di The Donald.

Christopher Gregory/Getty Images

DONALD TRUMP: LA POLITICA

Donald Trump si è candidato a giugno del 2015 per la presidenza degli Stati Uniti. Il miliardario americano ha scelto di correre alle primarie repubblicane, partito a cui non è sempre stato affiliato. Negli anni ottanta l’immobiliarista di NYC era un noto sostenitore di Ronald Reagan, ma negli anni novanta aveva appoggiato in modo aperto i Clinton. Nel 2000 The Donald aveva pensato di correre per la Casa Bianca tra le fila del Reform Party, la formazione politica fondata da un altro miliardario con la passione per la politica, il texano Ross Perot, arrivato terzo alle presidenziali del 1992 e del 1996.

Grazie alla sua fama televisiva e alla sua personalità strabordante, da sempre apprezzata dai media statunitensi, Donald Trump è diventato una delle voci più critiche dell’amministrazione di Barack Obama. Nella primavera del 2011 il miliardario americano aveva trasformato in un caso nazionale la teoria complottista del “birtherism”, secondo la quale Obama non sarebbe un presidente legittimo dal punto di vista costituzionale perché nato in Kenya invece che negli Stati Uniti. Trump aveva sostenuto per mesi questa teoria complottista, diventata per lungo tempo il caso più dibattuto sui media americani.

Dopo settimane di assedio la Casa Bianca aveva posto fine al caso pubblicando il certificato di nascita emesso dall’ospedale delle Hawaii in cui è nato Barack Obama. L’ulteriore fama acquisita grazie a questa battaglia aveva spinto Donald Trump a riflettere su una sua candidatura alle presidenziali del 2012 per i Repubblicani. Nel 1988 il miliardario americano aveva già pensato di correre per il Gop, mentre nel 2000 aveva formato un comitato esplorativo per candidarsi con il Reform Party fondato da Ross Perot. Il più grande sostenitore della corsa di Trump era l’ex wrestler Jesse Ventura, diventato governatore del Minnesota correndo da indipendente.

A livello politico Donald Trump, che si professa un repubblicano conservatore, è stato quantomeno oscillante nelle sua affiliazioni partitiche. Fino al 1999 il miliardario era registrato nello Stato di New York come repubblicano, per poi affiliarsi nel 2000 al Reform Party con cui voleva candidarsi alla presidenza degli USA. Negli anni di George W Bush Donald Trump è diventato un democratico fino al 2009. Tra il 2009 e il 2011 The Donald è stato registrato come indipendente a New York, mentre dal 2012 è tornato repubblicano. Anche a livello di donazioni ai candidati alle cariche istituzionali il miliardario americano ha mostrato notevole eclettismo, finanziando però maggiormente chi correva per i Democratici rispetto ai Repubblicani.

Justin Sullivan/Getty Images

 

DONALD TRUMP: IL CANDIDATO REPUBBLICANO ALLE ELEZIONI USA 2016

Donald Trump si è candidato alle presidenza degli Stati Uniti il 16 giugno del 2015. Nei mesi circolavano indiscrezioni sulla corsa alla Casa Bianca dell’imprenditore più celebre d’America, che negli ultimi anni ha aumentato la quantità e l’incisività dei suoi commenti sulla politica statunitense, in particolare prendendo di mira l’amministrazione di Barack Obama.

La candidatura di Donald Trump ha subito riscontrato un’enorme attenzione mediatica, che ha oscurato tutte le altre campagne presidenziali, dei concorrenti repubblicani alle primarie così come degli avversari democratici. Le posizioni politiche dell’imprenditore rappresentano una particolare miscela di destra conservatrice e centrismo con aperture quasi progressiste, unita da una potente carica anti establishment.

Donald Trump ha candidato in primis se stesso, un imprenditore di grande successo, per far vincere di nuovo gli Stati Uniti e i suoi cittadini. Un messaggio che evidenzia più una profonda sfiducia verso i politici di Washington che un’autoesaltazione personalistica, che comunque è presente. L’ostilità verso i leader tradizionali ha fatto esplodere la candidatura di The Donald in un segmento molto ben definito del voto, i ceti a bassa istruzione occupati come operai, impiegati tecnici o lavoratori prevalentemente manuali, oppure pensionati che svolgevano quelle mansioni quando lavoravano. In questa fascia di voto, che vale circa la metà della base repubblicana, l’aperta ostilità all’immigrazione, il contrasto ai trattati di libero scambio che favoriscono le delocalizzazioni dei posti di lavoro, e la carica anti establishment hanno trasformato il miliardario Donald Trump in una sorta di “campione” dei ceti deboli dell’America periferica. Una dinamica concentrata nel segmento bianco del voto, che teme o non condivide la trasformazione del Paese, sia dal punto di vista economico che culturale.

The Donald non è un repubblicano tradizionale, conservatore socialmente sui diritti civili e liberale sul piano economico, con meno tasse e più tagli. Trump difende i programmi di spesa pubblica più costosi, come Medicare e Social Security, che però beneficiano i più anziani, la coorte dove si concentra il maggior numero di elettori repubblicani. Sulla tasse propone una drastica riduzione dell’imposizione sul reddito delle persone e delle aziende, ma è favorevole ad aumentarle su Wall Street, una proposta contraria al dogma del Gop in materia di pressione tributaria, che va sempre ridotta, anche se non soprattutto sui ceti più ricchi. Donald Trump è però estremamente conservatore sul riscaldamento globale, preoccupazione dell’America metropolitana e liberal, definito una bufala, e ha posizioni da destra populista sull’immigrazione.

DONALD TRUMP: LA NOMINATION

The Donald si è distinto per aver proposto la costruzione di un muro per impedire l’immigrazione illegale dal Messico. Una barriera che coprirebbe l’intero confine statunitense, di circa mille chilometri, le cui spese di costruzione sarebbero a carico dello stesso Messico. Nel florilegio di esternazioni in materia The Donald ha spesso utilizzato un linguaggio molto provocatorio nei confronti degli ispanici residenti negli Stati Uniti, entusiasmando la base repubblicana più conservatrice, ma terrorizzando i vertici del Gop. Gli Usa sono un Paese multiculturale, dove circa il 30% dell’elettorato è composto da minoranze etniche: afro-americani, ispanici e asiatici. I cosiddetti lationos rappresentano più del 15% della popolazione, e sono il segmento demografico che denota il maggior tasso di crescita.

Già nel 2008 e nel 2012 il consenso soverchiante degli ispanici ha permesso a Barack Obama di vincere le presidenziali, e l’establishment repubblicano teme che una nomination di Trump potrebbe alienare ulteriormente i latinos dal Gop, condannandolo a future sconfitte per la Casa Bianca. Anche per questo è probabile che la maggioranza dei big del partito, così come i principali finanziatori repubblicani, uniranno i loro sforzi in sostegno di un solo candidato a loro vicino, come Marco Rubio o Jeb Bush, che possa fermare la corsa dell’imprenditore alle primarie.

La competizione in casa Gop è stata dominata da The Donald: dopo poche settimane dall’annuncio della sua candidatura Trump è diventato il candidato più forte nei sondaggi, posizione mai lasciata nei mesi successivi. La forza mediatica e demoscopica di Donald Trump ha cambiato le primarie repubblicane, da una competizione con una decina di potenziali concorrenti a un one-man show dominato da una personalità così strabordante da oscurare senatori o governatori dei maggiori Stati americani. Tradizionalmente la nomination presidenziale è conquistata da chi vince le primarie invisibili, la lunga fase prima del voto dove si compete per ottenere il consenso dei big del partito e dei finanziatori. Donald Trump ha conquistato la nomination nonostante l’assenza  da questa competizione: si è concentrato su un rapporto diretto con la base repubblicana ottenuto grazie alla sua notorietà e alla sua perenne occupazione mediatica.

Giornali, radio e TV non hanno fatto altro che parlare dell’imprenditore, che per  mesi ha veleggiato nei sondaggi con ampi vantaggi su tutti i candidati principali, come Jeb Bush, Marco Rubio o Ted Cruz, prima di vincere la maggior parte delle primarie. La nomination di Donald Trump , che non appariva come l’ipotesi più probabile, è stata conquistata in modo fragoroso.