Enel chiude le centrali ad olio combustibile

Categorie: Economia

Il nostro Paese produce più energia di quanta non ne abbia bisogno a causa della pressione delle energie rinnovabili ma grazie alle centrali a petrolio l'azienda riceverà dalle bollette dei cittadini 250 milioni a fondo perduto solo per tenerne pronte alcune in caso di emergenza invernale

Ed a quanto pare l’Enel si è decisa. Pressata dall’avanzata delle energie rinnovabili, caratterizzate da migliori risultati a minor costo con un ridotto impatto sull’ambiente, l’ex monopolista dell’energia elettrica italiana ha stabilito che le vecchie centrali ad olio combustibile, attualmente usate come “riserva” in caso di necessità, verranno “congelate“.



LE PAROLE DI CONTI – A comunicarlo è stato l’Amministratore Delegato Fulvio Conti, in occasione della presentazione del piano industriale 2013-2017. Come riporta “il Mondo“, l’intenzione e quella di riconvertire alcuni degli impianti ad olio combustibile ed a gas convenzionale. Intanto resta la certezza che questi verranno congelati. La decisione è dovuta al fatto che ormai nel nostro Paese c’è, per usare le parole di Conti,

“un evidente eccesso di capacità produttiva di energia, legato allo sviluppo impetuoso delle rinnovabili e alla riduzione della domanda”



In sostanza l’Italia produce più energia di quanto serva. Messa così potrebbe essere la risposta che mancava a tutti coloro che invocavano il Nucleare per arrivare all’autosufficienza energetica. A confermarlo il resto della dichiarazione di Conti, per il quale il ridimensionamento della capacità produttiva del nostro Paese passa dal “blocco” degli “impianti di piccola dimensione che vanno ancora a olio combustibile o a gas convenzionale”.

I PRIMI PASSI – Nel corso della conferenza stampa Conti ha spiegato che queste centrali “sono essenziali perché proteggono il paese da improvvise carenze di gas, come la crisi del gas dell’anno scorso. Si guadagnano ancora la loro vita ma nel corso del tempo questa loro essenzialità verrà meno”. Per questo motivo questi impianti verranno “ritirati” per poi essere successivamente esaminati caso per caso per valutare la possibilità di una riconversione, il tutto entro i cinque anni previsti dal piano industriale. Il primo “congelamento” sembra sia stato già deciso, almeno a sentire Confindustria Livorno. Parliamo della centrale di Tor di Sale, la quale potrebbe essere congelata appunto in base a quelle che sono state le dichiarazioni di Fulvio Conti. L’Enel punta a ridurre la produzione di energia dell’11,9 per cento e per questo si pensa di “bloccare” i quattro gruppi ad olio capaci di genere 320Mw per una potenza complessiva di 1280 Mw.



COSA S’INTENDE PER OLIO COMBUSTIBILE? – Prima di andare avanti cerchiamo però di spiegare cos’è l’olio combustibile, aiutandoci con la spiegazione data dall’Eni. Parliamo di una miscela di idrocarburi che si ottiene diluendo un residuo ad alta viscosità con un distillato, detto “flussante”. Nelle raffinerie prive d’impianti di conversione il residuo è dato dalla distillazione atmosferica. In quelle più complesse, invece, può essere di vario tipo. I flussanti possono essere invece tagli di prima distillazione come il cherosene o i gas figli del “cracking”. L’olio viene prodotto nella combustione straordinaria per la produzione di vapore. Questo viene usato sia per scopi industriali sia per la generazione di energia elettrica in piccole centrali.

I LIMITI DI LEGGE – Le centrali ad olio combustibile sono dormienti e vengono attivate solo in caso di necessità. Il decreto legislativo 152/06 impone il divieto dell’uso di simili centrali per una potenza inferiore ai 300 watt a decorrere dal 2007. Le leggi regionali, vedi il decreto 1247 del Piemonte, hanno imposto norme sempre più stringenti. Il Decreto Sviluppo ha però previsto che quelle bloccate per legge, nazionale o regionale, restino comunque “attive” per un periodo specifico di tempo (che si esaurirà entro il 31 marzo) qualora si ripeta una necessità di approvigionamento come avvenuto nel 2012. Questo sarà un argomento che affronteremo con dovizia di particolari ma prima soffermiamoci sulle parole di Conti, il quale ha detto, in soldoni, che l’Italia produce più energia di quanta non gliene serva.

QUANTA ENERGIA SI PRODUCE IN ITALIA? – A questo punto analizziamo i dati statistici del 2011 prodotti da Terna per capire quanto c’è di vero in queste parole. Rispetto al 2010 c’è stata una crescita dei consumi pari all’1,3 per cento in tutti i settori, con un boom dell’agricoltura, con uno zompo del 5,3 %, pari a 5,9 miliardi di kWh. Per questo risultato ha contribuito anche la crescita delle rinnovabili, con un +7,8 per cento, e l’incremento della produzione fotovoltaica, per un +466,5 per cento. Al primo posto nella produzione di energia elettrica in Italia si conferma il gas naturale, con una quota pari al 64,4 per cento. Nonostante questi numeri ancora oggi su 20 regioni, 12 sono in deficit di produzione rispetto al fabbisogno.

CONSUMI – settore industriale è cresciuto dell’1,2 per cento per un consumo complessivo di 140 miliardi di kWh, mentre il terziario ha richiesto 97,7 miliardi di kWh. In leggera crescita anche il domestico, per un totale di 70,1 miliardi di kWh. Questi numeri sono stati soddisfatti per l’86,3 per cento dalla produzione nazionale per un totale di 288,9 miliardi di kWh. Una cifra enorme, cresciuta dello 0,9 per cento rispetto al 2010. Significa che in Italia si produce più energia. Le importazioni si “limitano” a 45,7 miliardi di kWh. Anche in questo caso si è però registrato un aumento rispetto all’anno precedente, per l’esattezza del 3,6 per cento.

LE PERFORMANCES DELLE REGIONI – La regione più deficitaria? Il Veneto, con un rapporto produzione consumo pari al -59,1 per cento (-57,6 nel 2010). Al secondo posto le Marche, con un deficit del 54,9 per cento (era al 47,3 nel 2010), al terzo la Campania con -47,7 % (era al 43,6 nel 2010). Tra le regioni in attivo, il primo posto va alla Valle d’Aosta con un surplus del 137,1% (+156,8% nel 2010) e al secondo posto il Molise con +102,1% (+109,8% nel 2010); al terzo posto troviamo invece la Puglia con un surplus del 85,4% (era al quarto posto nel 2010 con un surplus del 79,1%).

IL REGALO DEL GOVERNO AD ENEL – Terna ha stabilito che le centrali ad olio combustibile nel 2011 hanno fornito 7.633,6 gWh di energia. E se consideriamo che un Gigawattora corrisponde ad un milione di kilowatt ora capiamo quanto sia stato limitato l’impatto di queste ultime sulla produzione nazionale. E qui s’inserisce il discorso di Enel che vede come queste ormai siano obsolete e schiacciate dall’avanzata e dalla produttività delle centrali eoliche. E’ pur vero che, come ci ricorda Qualenergia, l’ex monopolista ha ricevuto un riconoscimento non da poco per il “disturbo”, fornito direttamente dal ministro dello sviluppo economico, Corrado Passera, attraverso il decreto appunto Sviluppo.

250 MILIONI DI MOTIVI – Qualenergia parla addirittura di “regalo”. Analizziamo invece quanto previsto dalla legge. Durante la discussione della legge alla Camera, l’ex sottosegretario Pdl Stefano Saglia ed il collega Maurizio Bernardo hanno inserito un provvedimento le cui intenzioni erano quelle di limitare eventuali conseguenze da emergenza di approvigionamento gas. In sostanza l’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas aveva previsto un balzello in più sulla bolletta per un totale di 250 milioni di euro che sarebbero stati forniti ad Enel per garantire, con un preavviso di massimo 48 ore, l’attivazione di alcune centrali ad olio combustibile nel periodo 1 gennaio – 31 marzo 2013. Secondo i desiderata della legge le centrali “alimentate a combustibili diversi dal gas naturale” avrebbero dovuto garantire nel periodo una potenza di 4470 megawatt.

LE DEROGHE – Lo scorso 17 dicembre Terna ha trasmesso all’Aeeg l’elenco delle centrali ad olio combustibile ammissibili al regime speciale. Tutte appartengono all’Enel, in quanto parliamo d’impianti in grado di superare il limite di produzione dei 300 MW.  Insomma, parliamo di una donazione a spese dei cittadini per l’azienda che indipendentemente da tutto solo per tenere in “stand – by” degli impianti dal valore simbolico ed ormai obsoleti ha portato a casa 250 milioni di euro, cifre stabilite dall’Aeeg. E la conferma dell’inutilità di questi arriva direttamente da Fulvio Conti. Da notare infine come questo provvedimento venga preso per ogni anno (quindi non solo per il 2013) e che questo gode, come spiega il capo dedicato del decreto di particolari deroghe:

a tali impianti si applicano esclusivamente i valori limite di emissione nell’atmosfera previsti dalla normativa vigente, in deroga a piu’ restrittivi limiti di emissioni nell’atmosfera o alla qualita’ dei combustibili, eventualmente prescritti dalle specifiche autorizzazioni di esercizio

DONAZIONE ANNUALE – In effetti si potrebbe parlare senza troppe forzature di un regalo. Anche perché queste sarebbero state utilizzate non per produrre energia (che non serve) ma avrebbero goduto di un particolare riconoscimento. Ricordiamo poi che nell’inverno 2011-2012 l’Italia patì una grave carenza di gas a causa sopratutto dei consumi provenienti dall’est Europa, dove la colonnina di mercurio scese più del previsto, oltre ai tagli previsti da Gazprom, società dalla quale l’Italia è cliente. E visto che solo Enel possiede le centrali adatte allo scopo verranno davvero chiuse tutte? 250 milioni l’anno sono un bel bottino, specie se l’inverno si dimostra particolarmente clemente.

IL PROBLEMA DI ROVIGO – Ora resta il capitolo conversione. Ma solo per alcuni impianti. E c’è chi è preoccupato. Parliamo ad esempio della zona di Porto Tolle, dove sorge un impianto Enel. Come ci riporta Rovigo Oggi dopo nove anni dalle parole dell’ex Presidente Paolo Scaroni sembra che qualcosa si stia muovendo in direzione della riconversione a carbone, cosa che ha portato la popolazione a protestare nell’urna come ricordato da Emilio Oriboni, direttore generale Consorzio Polesine, ed a votare MoVimento 5 stelle visto la sua opposizione alle centrali inquinanti.

LA NECESSITA’ DI LAVORO – Perché poi alla fine s’inserisce il problema della mancanza di lavoro. La riconversione, o la chiusura, porta a guai economici gravi. Anche se non parliamo di olio combustibile, l’idea di una conversione di un settore della centrale Enel di Cerano a Brindisi spaventa i lavoratori perché da 1000 operai se ne passerebbero a 30, con l’impossibilità poi di garantire un cambio generazionale tra lavoratori, come sottolineato da Telebrindisi. Il piano di Conti di per sé è lodevole e sicuramente è pieno di buone intenzioni. Ma sono tante le domande che restano. Se l’Italia ha l’autosufficienza energetica allora vuol dire che il fotovoltaico rende. E se si chiudono le centrali ad olio combustibile ci sarà un problema disoccupazione. Resta anche la questione dei 250 milioni di euro incassati dall’azienda controllata dal Tesoro per il 31,2 per cento del suo valore. Ma questa, forse, è un’altra storia.

 

(Photocredit Lapresse / Gettyimages / Togheverdi / Polesinet / Geograficamente)