Expo, Maltauro: ecco come funzionava il sistema delle tangenti
14/05/2014 di Alberto Sofia

«Mi sentivo come un pesce nello stagno, mi dovevo dimenare». Con una metafora l’imprenditore vicentino Enrico Maltauro, uno degli arrestati nello scandalo Expo 2015, aveva ammesso le accuse nei suoi confronti, sottolineando come fosse stato “costretto a pagare“. Era stato filmato dagli investigatori mentre prendeva accordi con un’altra delle persone finite in manette, l’ex esponente ligure dell’Udc Sergio Cattozzo. In cambio degli appalti vinti, aveva fornito alla “cupola” 960mila euro, in poco meno di due anni. Una cifra ricostruita dai pm dai pizzini recuparati dallo stesso Cattozzo al momento dell’arresto: biglietti che il mediatore aveva cercato, invano, di nascondere nelle mutande. Dopo le prime ammissioni, l’imprenditore Maltauro, interrogato dal pm Claudio Gittardi, ha continuato anche oggi a ricostruire in modo dettagliato il sistema delle tangenti che i manager della sua impresa di famiglia sarebbero stati costretti a pagare.
LE AMMISSIONI DI MALTAURO SULLE TANGENTI – Così come aveva già chiarito davanti al gip durante l’interrogatorio di garanzia, Maltauro ha spiegato di aver vissuto una esperienza analoga a quella di “Mani pulite“, quando decise di collaborare quasi subito con i magistrati dopo essere stato arrestato. L’imprenditore sta così aiutando i pubblici ministeri a ricostruire le loro ipotesi di accusa. Senza negare i fatti contestati, come hanno fatto invece l’ex parlamentare Dc Gianstefano Frigerio e l’ex funzionario del Pci Primo Greganti. Ovvero, le figure chiave della nuova Tangentopoli emersa dietro la rassegna milanese, già coinvolti in “Mani Pulite” oltre venti anni prima. L’imprenditore vicentino Maltauro ha raccontato agli inquirenti di aver versato denaro per ottenere gli appalti, seppur escludendo di aver fatto parte dell’associazione per delinquere.
Prime ammissioni erano arrivate anche da Cattozzo, che ha spiegato come nei post-it che gli erano stati trovati durante l’arresto avesse segnato la “contabilita” delle mazzette: 600 mila euro in contanti, 300 mila euro lordi con presentazione di fatture per operazioni che i pm considerano “inesistenti”. Oltre a un’Audi A5 da 60 mila euro, acquistata dallo stesso Maltauro negli ultimi mesi. Secondo i sospetti degli inquirenti, i 600 mila euro versati in contanti potrebbero essere finiti a Frigerio e all’ex senatore Luigi Grillo, un altro che ha negato ogni accusa a suo carico. Eppure versamenti e accuse sono documentate dai filmati e dalle intercettazioni della Gdf. Come ha confessato al gip nell’interrogatorio di garanzia, nei post Cattozzo segnava cifre, date, nomi con le iniziali puntate e percentuali: lo 0.3% o lo 0.5% sul valore dell’appalto. In base a un’intercettazione ambientale risalente al 2013, è stato ricostruito come la “cupola” volesse da Maltauro 100mila euro al mese. Spiegava Frigerio: «Io gli ho già detto che prima di Natale vorrei almeno un centinaio a testa… poi ogni mese…». Poi, in cambio del denaro, il gruppo faceva da intermediario con il mondo politico.
IL SISTEMA DELLE TANGENTI RICOSTRUITO – Anche i legali di Maltauro hanno spiegato come, da parte del proprio assistito, ci sia la volontà di «chiarire punti per punto», offrendo «massima disponibilità». Gli avvocati di Cattozzo hanno invece sottolineato come l’ex esponente ligure dell’Udc avrebbe «chiarito la propria posizione» sui già citati pizzini dove veniva indicata la “contabilita” delle tangenti versate dagli imprenditori alla ‘cupola degli appalti’ per ottenere i lavori di Expo, Sogin e quelli legati alla sanità lombarda. I legali non hanno presentato domanda di scarcerazione per il proprio assistito, chiarendo che ci saranno nuovi interrogatori. Il “Compagno G” Primo Greganti sta invece preparando un “memoriale” per difendersi «dalle accuse, dalle contestazioni» dell’inchiesta milanese che riguarda Expo e gli appalti della sanità. Greganti ha spiegato di essere costretto, a suo dire, «a un’ingiusta detenzione». La data del suo interrogatorio non è ancora stata fissata.
CANTONE RISPONDE A GRILLO – Intanto, non sono mancate le polemiche politiche sull’opportunità di continuare o meno con la rassegna, in seguito agli arresti e allo scandalo. Se Beppe Grillo aveva invocato lo stop di Expo, da Milano Renzi ha replicato confermando l’impegno per la realizzazione della rassegna: «Lo Stato è più forte dei ladri», ha precisato il premier. Ma tra gli obiettivi del capo politico dei 5 Stelle era finito anche Raffaele Cantone: «Un signore che ha la responsabilità dell’autorità anticorruzione e che sulla corruzione dell’Expo non ne sapeva nulla», aveva attaccato Grillo. L’ex magistrato antimafia, a capo dell’Autorità anticorruzione, ha risposto all’affondo con sarcasmo, precisando le sue funzioni: «Forse Beppe Grillo non sa cos’è l’Autorità anticorruzione. Perché il compito dell’Autorità non è scoprire la corruzione. Quindi evidentemente non conosce la legge. Non rispondo a uno che non sa neanche di cosa si sta parlando». Per poi aggiungere: «La scoperta della corruzione la fanno i magistrati e i poliziotti, non l’Autorità anticorruzione, che serve a verificare se gli obblighi previsti dalla legge per la prevenzione della corruzione siano stati rispettati o meno», ha aggiunto, ospite ad Agorà. «Io ho preso servizio il 28 aprile. Se avessi avuto la capacità di individuare fenomeni corruttivi che si sono verificati tre anni fa, avrei doti per fare altro», ha concluso Cantone.