«Perché l’Islam mi sta sul gozzo». È questo il titolo di un articolo pubblicato su Libero lo scorso 28 luglio che è costato a Filippo Facci la sospensione dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia. A parlarne è lo stesso Facci oggi sul quotidiano diretto da Vittorio Feltri respingendo l’accusa di aver scritto un testo razzista, offensivo di «una religione e di un intero sistema di valori», come si legge nella sentenza. «E se anche fosse? Siamo al reato di vilipendio islamico», chiede oggi Facci.
«Odio l’Islam – scriveva nel suo articolo – perché l’odio è democratico esattamente come l’amare, odio dover precisare che l’anti-islamismo è legittimo mentre l’islamofobia no, perché è solo paura: e io non ne ho, di paura. Io non odio il diverso: odio l’Islam, perché la mia (la nostra) storia è giudaica, cattolica, laica, greco-latina, rousseiana, quello che volete: ma la storia di un’opposizione lenta e progressiva e instancabile a tutto ciò che gli islamici dicono e fanno, gente che non voglio a casa mia, perché non ci voglio parlare, non ne voglio sapere: e un calcio ben assestato contro quel culo che occupa impunemente il mio marciapiede è il mio miglior editoriale». Una posizione dalla quale Facci lascia intendere di non essersi per nulla allontanato, anche attaccando la giovane collega che presentò l’esposto: «Trovo riprovevole che il regolamento del Consiglio di disciplina permetta che una non professionista, che ho diritto di giudicare di dubbio livello culturale e di forte condizionamento ideologico, possa privare un giornalista e relativa famiglia dei mezzi di sostentamento per mesi due: e questo, a mio dire, non per una palese violazione di alcuna legge (in particolare viene citata la Legge Mancino, quella che vieta la diffusione di idee fondate sull’odio razziale) bensì, sempre a mio dire, per le sue personali visioni del mondo».
(Foto: ANSA / ALESSANDRO DI MEO)