Filippo Taddei: chi è il responsabile economico di Matteo Renzi
09/12/2013 di Alessandro D'Amato

Alla fine tantò tuonò Gutgeld che arrivò Taddei. Filippo Taddei, macroeconomista che insegna alla School of Advanced International Studies della Johns Hopkins University, ha conseguito il Ph.D in Economics alla Columbia University e la Laurea all’Università di Bologna, è soprattutto un nome assolutamente non renziano, visto che era il responsabile economico di Pippo Civati e aveva scritto per lui il programma economico della corsa alle primarie. Ma adesso si cambia verso, o meglio: attraverso la nomina, Matteo Renzi dice chiaramente a chi si sente più vicino tra i suoi concorrenti alle primarie. Ma anche a Fassina, visto che aveva lavorato con lui a un manifesto degli economisti. Taddei, tra le altre cose, si occupa di economia internazionale, mercato dei capitali e della relazione tra il mercato del lavoro e il sistema pensionistico.
FILIPPO TADDEI: CHI E’ IL RESPONSABILE ECONOMICO DI RENZI – Qui c’è il suo ricchissimo curriculum, ma è dal suo account Twitter che possiamo vedere meglio cosa pensa. In primo luogo, comprende benissimo la differenza tra esperti e sveglioni (e ci mancherebbe):
ieri a “la gabbia” ho capito che il paese ha davvero bisogno di culture economica. Sconfortante la spiegazione sui derivati di barnard
— filippo taddei (@taddei76) 24 Ottobre 2013
Taddei è anche un sostenitore del taglio delle tasse:
@Giaimeddu @iostoconCivati @yes_political @francescotom il tema è lo stesso: non basta dire #giùletasse , bisogna assicurarsi che duri — filippo taddei (@taddei76) 27 Novembre 2013
E un alfiere della cosiddetta “spesapubblicaimproduttivadatagliare”:
@Giaimeddu @iostoconCivati @yes_political @francescotom tagliando spesa pubblica che non serve, si può fare #giùletasse sul lavoro — filippo taddei (@taddei76) 27 Novembre 2013
Tra i suoi cavalli di battaglia, il fisco e l’evasione:
contribuenti onesti non vedono il beneficio della lotta all’evasione. per questo cambiamo fisco per lottare contro evasione #giùletasse
— filippo taddei (@taddei76) 27 Novembre 2013
E infine, la sua tesi sull’Imu:
@mikiciccio @iostoconCivati @Giaimeddu anche quelli da chi prende son sbagliati… pensa all’IMU. larghe intese ambigue, per questo #civoti
— filippo taddei (@taddei76) 27 Novembre 2013
FILIPPO TADDEI E L’EPOCA DI CIVATI – Da un tris di post presenti sul sito di Civati, poi, possiamo avere qualche dato in più. Nel post “La nostra missione produttiva”, ad esempio, Taddei spiega cosa fare sul lavoro:
Senza la centralità del lavoro, la società italiana ha fermato la mobilità sociale e raggiunto una disuguaglianza dei redditi sugli stessi livelli di Stati Uniti e Regno Unito. La nostra diseguaglianza è però diversa da tutte le altre: è la diseguaglianza tra chi produce, autonomo o dipendente, vive del proprio lavoro e paga le tasse e chi invece vive di una rendita patrimoniale o di posizione. Dobbiamo incoraggiare le persone a investire su se stesse, sulla propria professionalità e sulle loro attività imprenditoriali, a mettersi in gioco nella competizione internazionale attraverso le loro capacità e i loro talenti. L’esatto contrario di quanto è avvenuto in Italia negli ultimi vent’anni.
Nel post “La repubblica fondata sul lavoro”, parla dell’Imu:
Partiamo dall’Imu sulla prima casa: se la si abolisse si perderebbero circa 4 miliardi di Euro di gettito, stando ai livelli 2012. Il gettito complessivo da Imu in percentuale del Pil è circa la metà della Francia e della Gran Bretagna. Anche includendo l’Imu, il fisco italiano non è certo più patrimonializzato che altrove. Inoltre, l’Imu sulla prima casa è già una imposta piuttosto progressiva: più della metà di questo gettito viene dal 30% delle famiglie più ricche. Abolendo l’Imu sulla prima casa, come è stato fatto con una sospensione per il 2012, si renderebbe il nostro sistema fiscale perfino più regressivo. In un’economia come quella italiana che, fino al 2012, vantava una pressione fiscale più alta di Germania, Francia, Spagna e Inghilterra, una riduzione di imposta è una buona notizia. Eppure non c’è una sola buona ragione economica per cominciare dall’Imu.
Infine, in un interessante post pubblicato su Linkiesta, critica proprio il programma di Gutgeld. Riproduciamo la critica sul mercato del lavoro:
La seconda mancanza sorprendente di questa piattaforma è legata al mercato del lavoro. Gutgeld osserva con esattezza che il dibattito sull’Articolo 18 è stato completamente fuorviante. Il tema non dovrebbe essere centrale al nostro dibattito. Eppure, riconoscere il fatto che il dibattito sia stato errato e manchevole non equivale a risolvere il problema sottostante. Il mercato del lavoro italiano non offre incentivi individuali alla formazione e all’impegno perchè gli stipendi sono fermi (qui vale quanto osservato sopra), ma soprattutto una fetta sempre maggiore della popolazione, specie tra i giovani, non trova un inquadramento professionale che possa favorire questo impegno.
Qui il racconto della Leopolda a Bologna con Filippo Taddei nei panni di moderatore.