Elezioni Roma 2016 | Giorgia Meloni vuole “sposare” Silvio Berlusconi

I matrimoni, dice Giorgia Meloni, si fanno in due: e lo sposo dovrebbe essere Silvio Berlusconi. L’altare, quello delle Elezioni 2016 che nella capitale vedono un centrodestra (ancora) diviso con almeno quattro candidati: lei, Giorgia Meloni, Guido Bertolaso per Forza Italia, Francesco Storace a destra e Alfio Marchini sul fronte più conservatore. Una situazione complicata dalla quale la Meloni vorrebbe uscire, chiedendo al Cavaliere un vero e proprio passo indietro con una convergenza sulla candidata di Fratelli d’Italia, unica in grado di arrivare al ballottaggio con Roberto Giachetti e Virginia Raggi.

ELEZIONI ROMA 2016 | GIORGIA MELONI VUOLE “SPOSARE” SILVIO BERLUSCONI

Intervistata dal Tempo, Giorgia Meloni rivolge un appello proprio ai sostenitori di Guido Bertolaso e a Forza Italia, partito di cui l’ex direttore della Protezione Civile è espressione.

«Chi ha votato lo ha fatto per una lealtà nei confronti di Bertolaso che è incontestabile. Per lui abbiamo fatto campagna elettorale, poi ci siamo resi conto che era una candidatura insufficiente per raggiungere l’obiettivo: vincere. Abbiamo posto il problema di una candidatura che non decollava».

Quante liste la sosterranno?
«FdI, quella di Matteo Salvini, una mia lista civica e una formazione più moderata. Ma mi auguro che aumentino».

È un appello a Forza Italia?
«Spero che il centrodestra possa rimettersi insieme e confido nel sostegno di Berlusconi. Lavorerò fino all’ultimo per questo, le porte a FI e a Bertolaso sono aperte. Io dico sì, ma i matrimoni si fanno in due».

A quali condizioni?
«Nessuna condizione, basta la volontà. Da parte mia c’è. Certo se si rompe a Roma non si possono escludere ricadute sulla coalizione in futuro. Deve esserci pari diritto di cittadinanza. Se non si sostiene il leader di un partito alleato c’è qualcosa che non va. Non si è mai deciso di convergere su un candidato di FdI, anche quando era migliore degli altri, come la candidatura di Crosetto in Piemonte. Siamo figli di un Dio minore?».

Tutti i sondaggi non le danno meno del 16%. Con FI sarebbe quasi sicura di arrivare almeno al ballottaggio.
«È una partita a tre fra me, Giachetti e la Raggi. Spero che il centrodestra si ricompatti, ma la battaglia per il ballottaggio va avanti, la partita ce la giochiamo comunque. Tutti i sondaggi dicono che sono l’unica in grado di battere il M5S al secondo turno».

 

Secondo la Meloni, se Renzi perde le elezioni amministrative – nonostante il Premier abbia sempre detto che le comunali sono un test locale – non potrà non trarne le conclusioni politiche.

Se il Pd perde le comunali Renzi va a casa?

«Sì. È un premier non eletto, aveva detto di essere stato legittimato dal 40,8% delle europee e se stavolta perde ne dovrà trarne le conseguenze. Io voglio rappresentare qualcosa che possa battere Renzi, un servo sciocco delle lobby sulla pelle dei cittadini, voglio difendere i diritti di molti contro gli interessi di pochi. Per questo auspico che ovunque tutto il centrodestra converga sul candidato più competitivo e per questo ho compiuto un atto d’amore e di responsabilità, perché non voglio vedere un centrodestra desaparecido».

 

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Daniele di Mario del Tempo chiede a Giorgia Meloni di sviluppare alcuni punti programmatici su decoro, tasse, rifiuti e gestione della città.

Onorevole Meloni, Roma è la città con le tasse più alte d’Italia. Cosa può fare un sindaco a riguardo?
«Le ragioni le sappiamo tutti. L’addizionale Irpef è allo 0,9%, lo 0,1 rispetto al massimo. Tanto per fare un esempio, a Milano è allo 0,8. Di questo 0,9%, solo lo 0,5 va al Campidoglio, lo 0,4 non va al Comune di Roma ma a coprire un debito creato da Rutelli e Veltroni. La colpa è loro. Vengono ricordati come discreti sindaci, ma sono tutti capaci a farlo con i fondi del Giubileo o lasciando debiti. Le parole del commissario Scozzese sono surreali: ha detto che prima del 2008 non ha le specifiche, quindi paghiamo ma non sappiamo per che cosa. Anche sui derivati bisognerebbe porsi qualche domanda. Chi li ha stipulati? A quali condizioni? Sono prodotti molto rischiosi che tanti Comuni hanno rinegoziato (…)».

Torniamo alle tasse.
«Chi promette di abbassarle lo dice perché sa che non diventerà mai sindaco. Però si possono rimodulare. Ad esempio abbassando la Tari, la tariffa sui rifiuti».

In che modo?
«Non facendola pagare sulla metratura, che tartassa le attività produttive. La Tari va pagata sulla quantità di indifferenziato: più differenzi meno paghi, abolendo il criterio della metratura e incentivando i cittadini a fare la raccolta differenziata. In cinque anni possiamo arrivare al 75%, è il mio obiettivo».

Intanto chiudiamo Malagrotta e paghiamo per mandare i rifiuti all’estero.
«L’ultima amministrazione comunale di centrodestra, grazie al contributo degli esponenti oggi in FdI, ha portato la differenziata dal 17 al 40%, con Marino ci siamo fermati, arrivando appena al 43. È mancata la chiusura del ciclo. Se differenziamo i rifiuti ma non li trasformiamo e li rivendiamo è tutto inutile. Invece noi trattiamo i rifiuti e poi li mandiamo all’estero dove ci guadagnano il triplo. Se portiamo la differenziata al 75% per il restante 25 bastano i termovalirozzatori già esistenti. È una sfida che si può vincere. Quanto alla pulizia in città, Roma ogni giorno accoglie un milione di persone tra pendolari e turisti. Bisogna aumentare il numero dei cestini, che oggi in strada praticamente non si trovano. A quel punto chi sporca dovrà pagare multe salatissime e se non ha i soldi lo farà pulendo le strade attraverso il baratto amministrativo».

Come intende risolvere il problema delle buche stradali?
«Credo sia giusto coinvolgere i privati: lavori in cambio di pubblicità. Però gli interventi devono essere fatti bene e il Comune deve controllarne la qualità. Marino è andato avanti con affidi diretti e somme urgenze, pratiche dietro le quali può nascondersi la corruzione e quando c’è corruzione nessuno controlla. Così si creano le voragini»

Posizione anche sulla riforma dell’assetto urbanistico della città, e chiede ai sindacati di pagare il tradizionale concerto del Primo Maggio.

A proposito, la convince la riforma Roma Capitale?
«Roma è un Comune di una complessità unica: ha uno Stato enclave, 29 organizzazioni internazionali, ministeri, università, policlinici. Roma si assume le proprie responsabilità ma deve avere più poteri, più soldi, più autonomia. Penso ai Beni Culturali: Roma paga i costi del turismo ma gli introiti del Colosseo vanno al Ministero. I 110 milioni che il governo dà alla Capitale sono spiccioli. La pulizia dopo le grandi manifestazioni, ad esempio, devono pagarla gli organizzatori come prescirve la legge. Auspico che il Concertone del Primo maggio lo pagheranno i sindacati. Quanto al modello istituzionale, mi basta Roma Capitale purché sia una cosa seria. Invece il Campidoglio ha gli stessi poteri del Comune di Bagnacavallo».

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