Giorgio Chinaglia e i casalesi, tutta la storia

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Quando la camorra voleva comprarsi il calcio. L'indagine sull'ex calciatore della Lazio morto ieri

Giorgio Chinaglia è morto ieri. L’ex giocatore di Lazio e Cosmos viene oggi celebrato su tutti i giornali per la sua grande storia di calciatore, che l’ha portato a infrangere diversi record e a diventare bandiera prima dei biancocelesti e poi del calcio in America. Ma c’è un aspetto piuttosto controverso della sua biografia che oggi non si ricorda abbastanza. Ovvero, quello del tentato acquisto della società di Lotito con i soldi del clan dei Casalesi.



QUELL’INDAGINE A TRADIMENTO – La notizia finisce su tutti i giornali nel maggio del 2006, a parlarne tra i primi è Repubblica:



I magistrati hanno chiesto alla Guardia di Finanza di perquisire l’ abitazione e gli uffici nella capitale di Long John e di altri tre indagati: due promotori finanziari romani, Guido Carlo Di Cosimo, di 54 anni, e Giancarlo Benedetti, di 40 anni, e un imprenditore della provincia di Caserta, Giuseppe Diana, di 47 anni, attivo nel settore del commercio di gpl e sospettato di collegamenti con il temibile clan dei Casalesi. Chinaglia, Di Cosimo e Benedetti sono indagati di riciclaggio aggravato dalla finalità mafiosa, Diana di associazione camorristica ed estorsione.

Ma cosa c’ entra la camorra con l’ acquisto della Lazio? La chiave di tutto è Giuseppe Diana, che nel 2003 contava su una somma pari a 21 milioni di dollari guadagnati con il business della raccolta dei rifiuti. Soldi investiti in Ungheria, che poi gli indagati tentano di far rientrare in Italia attraverso il finanziare ungherese Szilvas Zoltan. Il quale ha la bella pensata di ripulire i denari acquistando società di calcio. Scrive Dario Del Porto:



Il nome dell’ ex calciatore spunta nel corso di alcune intercettazioni nelle quali “Giorgione” non parla mai direttamente. La trattativa per l’ acquisto del Lanciano comunque non va in porto. Per diversi mesi gli investigatori cercano quei 21 milioni di dollari senza riuscire a trovarli. Ma si rimettono in moto quando dalle cronache vengono a sapere che alcuni nomi della loro indagine, come quelli di Zoltan e Di Cosimo, fanno capolino in una vicenda ritenuta per molti versi analoga: l’ acquisto della Lazio con denaro proveniente dall’ Ungheria e a una cifra indicata come non troppo distante da quella alla quale stavano dando la caccia. Alla luce di queste considerazioni, la Procura ritiene “del tutto probabile” che il danaro con il quale la “cordata Chinaglia” vuole mettere le mani sulla Lazio provenga «proprio dalle risorse finanziarie di Diana».

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LA PROTESTA CONTRO LOTITO – Il piano dei casalesi però si scontra con un ostacolo niente male: Claudio Lotito, coriaceo presidente della Lazio. Sul quale però arrivano come aquile (è il caso di dirlo) gli Irriducibili. Già leader della curva nord e tifosi principe della Lazio, quando sanno dell’arrivo di Long John Chinaglia si schierano con lui e arrivano a minacciare il presidente per fargli lasciare la Lazio:

«Stai attento alla tua bella mogliettina o non sarai tu l’ oggetto delle nostre attenzioni, ma tua moglie… hai presente il Circeo?». è uno dei messaggi intimidatori arrivati a casa del presidente della Lazio, Claudio Lotito, per costringerlo a lasciare e vendere il club biancoceleste colpendo i suoi affetti familiari. E quando non arrivavano più le lettere firmate «i soliti amici» cominciava a squillare il telefono. Le minacce anche in questo caso erano rivolte anche alla moglie Cristina Mezzaroma: «Deve andarsene via… Vedete di dirglielo, se non volete trovarlo morto con la gola tagliata… lui e Mezzaroma». In altri casi scattavano i cori da stadio e gli striscioni esposti in curva all’ Olimpico: «Lotito nemico della Nord», «Hai rinnegato la Nord, hai sputato su Chinaglia, Lotito boia al grido di battaglia… ».

Su di loro arriva presto la lente dei magistrati. Con accuse contestate, a seconda delle posizioni, oltre a Chinaglia anche all’ imprenditore ungherese Szlivas Zoltan e a tre leader degli Irriducibili: Fabrizio Piscitelli, Yuri Alviti, Fabrizio Toffolo.

L’INDAGINE E CHINAGLIA – Le dichiarazioni pubbliche dell’ ex bomber sulla possibile cessione della quota di controllo della Lazio ad un gruppo estero determina anomale e ripetute oscillazioni del titolo della “SS Lazio” in borsa, fino al 34%, segnalate poi dalla Consob in procura. Anche per Chinaglia viene chiesto l’arresto. Dice Repubblica:

Scrive ancora la Digos: «Di Cosimo (il mediatore tra Chinaglia e Diana, ndr) cerca un contatto con la City Bank di New York e fornisce indicazioni per approntare un fax con il quale dispone un’ operazione finanziaria di trasferimento dalla City Bank di New York alla Banca San Paolo di New York, per investimenti». Gli ultrà continuano a progettare manifestazioni di protesta contro Lotito, l’ obiettivo è quello di alzare la temperatura il più in fretta possibile. Anche perché lo stato di prostrazione dovuto alla politica del presidente della Lazio che non concede niente agli ultrà li sta distruggendo. E per loro questa vicenda sta diventando un’ ossessione: «Chinaglia e Lotito – ripete Toffolo al telefono – Chinaglia e Lotito… C’ ho solo due obiettivi in testa da 10 mesi… Il resto non mi interessa nulla». Ed è proprio il carattere ossessivo, quasi paranoico di questo interesse per le sorti della Lazio, uno degli elementi che ha portato la procura a decidere di intervenire con gli arresti.

Nel luglio del 2008 arriva il pronunciamento del Gip. E non sono buone notizie per Chinaglia e compagnia:

«Chinaglia, previa retribuzione della somma di 700 mila euro, – scrive il gip Guglielmo Muntoni – fungendo da prestanome dell’ operazione finanziaria, come formale intestatario dei conti correnti, italiani ed esteri, ove far pervenire le somme, era stato individuato in virtù del suo ascendente presso le tifoserie laziali onde agevolare la manipolazione dei gruppi organizzati per rafforzare la realizzazione del programma di acquisizione societaria». Muntoni scrive che l’ ex calciatore, oggi sessantunenne rifugiato in New Jersey, risulta «quale formale acquirente delle azioni della Ss Lazio». E quando in Consob, la commissione di controllo sulla Borsa, gli hanno chiesto di chi fosse il denaro per scalare la società, lui ha risposto: «Le risorse finanziarie sono riconducibili a un gruppo chimico farmaceutico ungherese». Prima ha indicato Gedeon Richter Rt, poi ha virato verso la Bank investment, in ultimo ha tirato in ballo la Investkredit Bank di Budapest. Tutti hanno smentito. «I soldi in realtà erano del clan dei Casalesi». I contatti con la camorra sarebbero stati tenuti da Giuseppe Diana, «dominus dell’ operazione», detenuto al carcere di Opera in regime di 41 bis per altri fatti, considerato organico al clan La Torre di Casal di Principe. Centrale anche il ruolo di un suo uomo di fiducia, Guido Di Cosimo, «il tesoriere», titolare di alcuni conti all’ estero utili al riciclaggio, luogotenente romano dei casalesi. Arrestato, ha già ammesso di avere riciclato denaro per conto di Diana. Entrambi in rapporti con Chinaglia.

LA CAMORRA NEL CALCIO – L’ azione si svolge in due tempi:

La Nuova Diana Gas con sede a Mondragone, di Giuseppe Diana, si offre di sponsorizzare la Lazio per la Coppa Uefa e per la Coppa Italia nell’ anno 2005. Si chiedono in cambio due milioni di euro. «Da consegnare in contanti», sottolinea il gip. Lotito non ci deve chiaro e rifiuta. Il secondo tentativo coinvolge più direttamente Chinaglia, che parla ai giornali del gruppo ungherese che vorrebbe acquistare il controllo della squadra e con le sue dichiarazioni farà schizzare il titolo di oltre il 30 per cento. Pagherà con l’ accusa di aggiotaggio che lo ha portato alla latitanza. Chiusa la prima indagine, il nucleo valutario scopre che l’ ex calciatore «ha aperto un conto corrente, numero 62193, presso San Paolo Imi, agenzia 83 in via Mantegna a Roma». Lì dovevano arrivare i 24 milioni dei Casalesi per rilevare il pacchetto di maggioranza della Lazio. «Ordinante alla Volkbank di Budapest è Guido di Cosimo, beneficiario in Italia, Giorgio Chinaglia». Soldi che non arriveranno, ma che consentono all’ ex calciatore di incassare 700 mila euro, la paga «per l’ attività di riciclaggio». Le prove stanno nelle intercettazioni. Il 23 giugno 2004 in una telefonata dal suo cellulare, Chinaglia afferma che a lui «interessa solo che i soldi arrivino per avere la sua parte». Una intercettazione del 26 agosto 2004, tradisce Di Cosimo che «in mattinata ha fatto un trasferimento di 700 mila euro sul conto di Giorgio». Di Cosimo è convinto di riuscire. «La Lazio la prendiamo in tre giorni», dice al telefono. L’ operazione viene fermata dalla magistratura. Ieri sequestri per 2 milioni di euro.

LA FINE DELLA STORIA – A metà del luglio 2010 Chinaglia viene rinviato a giudizio, e decide di non tornare in Italia ma di rimanersene in Florida, dove tecnicamente per la giustizia italiana è latitante. L’accusa è di riciclaggio nell’ambito dell’inchiesta sulla scalata alla Lazio che si tentava di acquistare con il denaro del clan dei Casalesi, condotta dai pm Roberto Staffa, Stefano Rocco Fava, Elisabetta Ceniccola. Le accuse sono riciclaggio, estorsione ed aggiotaggio. Nel novembre 2007 viene multato per 4,2 milioni di euro per la scalata alla Società Sportiva Lazio, a seguito di decisione della Consob. L’ex campione viene riconosciuto responsabile di manipolazione del mercato e di ostacolo all’attività di vigilanza della Consob.

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