L’amministratore del condominio scrive al cognato di Fini (l’affittuario) e alla società affittuaria come se fossero una cosa sola. Mentre rimane il mistero della doppia firma sul contratto
IN REALTA’ – In realtà, di per sé, il documento non prova assolutamente niente: un amministratore di condominio può anche aggiungere il nome dell’affittuario all’interno di un indirizzario inviato al proprietario, anche se non necessario, per specificare meglio a quale appartamento si faccia riferimento. Di certo, il nome Tulliani dentro un sollecito di pagamento inviato da un amministratore di condominio non vuol dire che il cognato di Fini sia il proprietario della casa a Montecarlo. Ma in ogni caso la coincidenza è strana, soprattutto se sommata a quella di ieri.
IL CONTRATTO – Ovvero, del contratto dilocazione 114772 stipulato tra i firmatari Timara Ltd da una parte e il signor Gian Carlo Tulliani, nato il1 9 aprile 1977 a Roma, dall’altra. “Cambiamento di designazione“, si legge nel documento. Nel quale si descrive l’immobile: “I locali qui di seguito, dipendenti dall’immobiel Palais Milton a Monte Carlo, composta da due immobili contigua, uno nominato palis Milton e l’altro Palais Shakespeare, con un giardino intorno, 1 camera daletto, 1 bagno, 1 sala e 1 cucina. La totalità del nono lotto comprendente un appartamento situato al pian terreno dell’immobile sopra descritto, indicato numero 9″. “Le sigle uguali sono quelle di proprietario e locatario sul contratto d’affitto della casa monegasca depositato all’ufficio del Registro del principato – scrive il Giornale di Vittorio Feltri commentando le foto – Non sembra solo l’ennesima, inquietante coincidenza“.
QUALCHE DUBBIO – Ed è il Fatto quotidiano, in un articolo a firma Chiara Paolin, a mettere in dubbio la versione di Feltri sul punto. A Montecarlo, scrive il quotidiano di Padellaro, la maggior parte degli affari si fa tramite mediatore: come in ogni area fiscalmente ambita, il gran movimento di beni e denaro sfrutta un diritto agile che non prevede di dover indossare giacca e cravatta per andare da un notaio a mettere la firma su un singolo foglietto partendo magari dall’altra parte del pianeta. Deleghe, procure e mandati sono il pane quotidiano, e anche nel caso in oggetto le due sigle hanno tutta l’aria d’essere un rapido segno apposto da un mediatore cui le parti, separatamente, hanno chiesto di concludere l’accordo. Inoltre, se uno soltanto degli attori fosse stato presente in carne e ossa, l’atto avrebbe dovuto indicare che l’altro era rappresentato da un terzo. Un timbro, una dicitura, un qualche segno per mettere sullo stesso piano di riconoscibilità il contraente presente e quello assente. Così si spiegherebbe, tra l’altro, l’assenza di documenti di delega dichiarata dai reporter in trasferta: se entrambe le parti erano rappresentate da uno stesso mediatore non c’era necessità di indicarlo nel contratto. L’altra possibilità è che invece esistano degli allegati in cui si specificano mandati e rappresentanze con effettivi ruoli e competenze societarie: Il Giornale non li ha trovati? Li sta cercando per la prossima puntata?