Giulio Regeni, «due persone arrestate» al Cairo

05/02/2016 di Redazione

Aggiornamento ore 18.25: La polizia egiziana ha arrestato due persone sospettate di aver avuto un ruolo nell’uccisione dello studente italiano Giulio Regeni. Lo hanno riferito fonti della sicurezza egiziana all’agenzia Dpa, senza chiarire se i due arrestati siano egiziani o stranieri. «Le agenzie di sicurezza – hanno spiegato le fonti, a condizione di anonimato – hanno raccolto indizi importanti sul caso, i quali dimostrano che si è trattato di un atto criminale non collegato al terrorismo», scrive l’agenzia Adnkronos. «I dettagli su questi indizi saranno resi noti entro alcune ore», hanno aggiunto le fonti.

Giulio Regeni, abbiamo scoperto ieri a Otto e Mezzo, scriveva per Il Manifesto. Ce lo ha detto Norma Rangeri, annunciando la pubblicazione del suo ultimo articolo nella giornata di oggi, senza pseudonimo come avveniva in passato, “cautela” che il giornale sottolinea nella presentazione in prima pagina, “è stata tragicamente superata dai fatti“. E così sul giornale di oggi, edizione cartacea, ecco lì la firma di Giulio, nonostante la diffida della famiglia e le polemiche che ne sono seguite

GIULIO REGENI, IL PEZZO PER IL MANIFESTO

Il pezzo, scritto un po’ di tempo fa e sollecitato da Giulio Regeni stesso a metà gennaio, era rimasto tra gli articoli “freddi” della redazione. Forse scartato, forse solo in attesa dello spazio giusto. In fondo era un reportage sul sindacalismo indipendente egiziano, accurato e preciso, con considerazioni sulla potenza di questi nuovi nuclei di aggregamento dei lavoratori in confronto alle organizzazioni storiche, ferme al 2013. Con molte donne e attivisti di piazza Tahrir ad animarli, rappresentano un luogo di libertà che Giulio, con penna rigorosa e lucida racconta, senza fronzoli. Ma le parole che possono essergli costati l’attenzione scomoda del regime sono quelle finali. Chiude così, infatti, il suo reportage, sempre parlando delle nuove organizzazioni sindacali.

Rappresentano comunque una realtà molto significativa, per almeno due motivi. Da un lato, pur se in maniera non del tutto esplicita, contestano il cuore della trasformazione neoliberista del paese del paese, che ha subìto una profonda accelerazione dal 2004 in poi, e che le rivolte popolari esplose nel gennaio 2011 con lo slogan “Pane, libertà, giustizia sociale” non sono riuscite sostanzialmente a intaccare. L’altro aspetto è che in un contesto autoritario e repressivo come quello dell’Egitto dell’ex generale Al-Sisi, il semplice fatto che vi siano iniziative popolari e spontanee che rompono il muro della paura rappresenta di per sé una spinta importante per il cambiamento. Sfidare lo stato di emergenza e gli appelli alla stabilità e alla pace sociale giustificati dalla “guerra al terrorismo” significa oggi, pur se indirettamente, mettere in discussione alla base la retorica su cui il regime giustifica la sua stessa esistenza e la repressione della società civile.

 

 

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