Per ora sono soltanto indiscrezioni dei media, riportate da Al-Akhbar, uno dei maggiori quotidiani egiziani. Ma, in attesa del vertice tra investigatori italiani e del Cairo del 5 aprile a Roma, dopo settimane di depistaggi e false ricostruzioni, il giornale locale riporta come nel dossier che una «delegazione della sicurezza egiziana» dovrà consegnare al procuratore di Roma Giuseppe Pignatone ci sarebbero anche i risultati di indagini realizzate dai servizi segreti egiziani su Giulio Regeni e sui suoi incontri con sindacati e ambulanti del Cairo. Al-Akhbar cita “fonti della sicurezza“. Sarebbe una svolta, dato che fino a oggi mai il Cairo aveva fatto riferimento al possibile ruolo dei servizi nell’omicidio.
Sarebbe quindi questa la pista più accreditata per poter ricostruire quanto accaduto a Giulio Regeni e per poter risalire ai suoi assassini e torturatori. Come riporta il Corriere della Sera, secondo quanto anticipato dal quotidiano egiziano nel dossier ci sarebbero «documenti e informazioni importanti», comprese fotografie. Sarebbero ricostruite «tutte le indagini su Regeni dal suo arrivo al Cairo fino alla sua scomparsa», con tanto di «innumerevoli rapporti, i segreti dei suoi incontri con i lavoratori e i responsabili di alcuni sindacati sui quali conduceva ricerche e studi».
Riporta Fulvio Fiano su Corriere.it:
Ci sono anche le deposizioni dettagliate dei suoi amici sugli spostamenti durante i suoi ultimi giorni al Cairo» e quelle «dei vicini dell’appartamento in cui viveva» nella capitale egiziana. Il giornale cita anche «informazioni importanti» del ministero degli Interni egiziano sulla banda di criminali uccisi al Cairo e che avevano rapinato «l’italiano David qualche mese fa». Quest’ultima è la pista lanciata la scorsa settimana dalla polizia egiziana e già bollata come «non idonea» dai magistrati italiani, che hanno fatto invece esplicita richiesta dei tabulati telefonici di Regeni e del report delle celle agganciate dal suo telefono nei giorni successivi alla scomparsa. Cosa che chiarirebbe con chi ha avuto contatti prima del rapimento e dove è stato portato in seguito nei giorni precedenti al suo ritrovamento quando era ormai cadavere.
Secondo quanto riportato dal quotidiano egiziano, la delegazione del Cairo dovrà consegnare agli investigatori italiani quanto ritrovato a casa «della sorella del principale imputato della banda a Qalyubiya, ovvero una borsa rossa con uno stemma della bandiera italiana», con all’interno «un portamonete di pelle marrone, il passaporto, il tesserino dell’Università americana e quello dell’Università di Cambridge, un visto e due cellulari», oltre a «un portafogli di pelle da donna con la scritta in inglese Love e una somma di 5.000 ghinee, 15 grammi di hashish, un orologio nero da donna e tre paia di occhiali da sole», oltre ai «comunicati ufficiali diffusi dal ministero dell’Interno sulla banda»