Gli integratori alimentari servono davvero?

Categorie: Economia

In Italia l'uso di prodotti in grado di arricchire l'apporto giornaliero di vitamine e minerali è in crescita sia nei consumi sia nel fatturato eppure è facile trovare in vendita pastiglie prive del principio attivo pubblicizzato grazie anche alla legge che non verifica la presenza dello stesso

Con l’arrivo della bella stagione e la prova costume sempre più incombente, sono molti a chiedersi se sia il caso di sacrificare la propria alimentazione votandosi agli integratori alimentari, ignorando tuttavia quelli che possono essere i rischi di un prodotto utile ma da usare con cautela.



COSA SONO – Andiamo con ordine e spieghiamo di cosa stiamo parlando. Gli integratori alimentari sono tutti quei prodotti che, come spiega il ministero della Salute, sono volti ad “addizionare” la dieta quotidiana in quanto costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive quali vitamine e minerali, oltre ad altre sostanze con un effetto nutritivo o fisiologico come “aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti che pluricomposti, in forme predosate”. La loro immissione sul mercato è disciplinata dal regolamento europeo 1170 / 2009 nel quale vengono elencati i prodotti autorizzati alla vendita e le quantità somministrabili, tra vitamine e minerali.



AIUTINI IN CRESCITA – Il mercato di questi “aiutini” con il passare degli anni ha conquistato sempre più fette di popolazione. Il settore nel 2012 ha fatturato qualcosa come 127 milioni di euro, con un aumento del 12,8 per cento rispetto all’anno precedente, a dimostrazione di come gli italiani apprezzino gli integratori. Questo però non significa che ogni pastiglia faccia bene solo perché contiene una determinata quantità di qualche cosa. L’Ansa ha raccolto la voce di Arrigo Cicero, ricercatore di medicina interna all’Università di Bologna e membro del comitato scientifico di “Rimini In_Forma”. Secondo lo studioso “l’integratore è qualcosa di origine naturale non necessariamente nutrizionale”.



LA PROCEDURA DEL MINISTERO – Affinché venga avviata la commercializzazione di questi prodotti -continua Cicero-, sono necessarie caratteristiche di sicurezza che garantiscono l’utente finale”. Quindi dev’essere certificata l’assenza di funghi, metalli pesanti e sostanze tossiche. Però in Italia, secondo Cicero, la messa in commercio è regolata con il meccanismo del silenzio – assenso. Vuol dire che il produttore manda una scheda tecnica al ministero il quale a sua volta ha a disposizione un preciso lasso di tempo per verificarla, senza ispezionare capsule e bustine. Se non si riceve nessuna risposta allora il prodotto puo’ essere commercializzato. I controlli in questo caso sono però a posteriori, ed intervengono quindi i Nas.

PAROLE, PAROLE, PAROLE – Il problema vero è dato dal fatto che se il principio attivo è tossico, la segnalazione puo’ arrivare. Se invece il principio attivo segnalato non c’è o è presente in una quantità ridotta, puo’ restare in vendita. Continua Cicero: “Qualche volta un prodotto venduto come integratore non contiene realmente la parte attiva della sostanza Posso scrivere ‘contiene pino’ per fare un esempio. Ma magari la parte attiva è solo nelle radici o nelle gemme. E nel mio integratore ci metto polvere di corteccia. C’é il pino, ma non fa niente. Oppure, il principio attivo c’è, ma in una quantità insufficiente a garantire dei risultati”. Un’affermazione forte ma suffragata dai fatti. La procedura infatti viene spiegata nel dettaglio direttamente dalle pagine del ministero della Salute.

LA DOCUMENTAZIONE PER LA COMMERCIALIZZAZIONE – Ecco quello che serve per ottenere un certificato di libera vendita di: “integratori, alimenti addizionati, formule lattanti, dietetici per sportivi, dietetici senza glutine, latti di crescita, dietetici delattosati, fini medici speciali, altri dietetici”. La richiesta dev’essere presentata da un operatore del settore alimentare, responsabile della commercializzazione del prodotto, il quale rilascerà dopo 90 giorni dalla notifica un certificato di libera vendita. Basta compilare l’apposito modulo con allegato il pagamento effettuato ed una fotocopia del documento d’identità del richiedente. La richiesta costa 52,42 euro e dev’essere presentata alla “Direzione Generale per l’Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione (DGISAN)”.

SERVONO 90 GIORNI – Il modulo impegna il presentante solo ad allegare alla richiesta “un esemplare di etichetta in formato A4 stampata su carta comune, in veste grafica corrispondente a quella utilizzata per la commercializzazione in copia fotostatica datata, timbrata e firmata (per ogni confezione e per ogni gusto)”. L’attesa è di 90 giorni. Ma a stupire è il fatto che l’esito della richiesta non viene comunicato e sopratutto non viene pubblicato. Quindi una volta inviata la documentazione si dovrà aspettare 90 giorni prima di procedere alla commercializzazione del prodotto, che possa essere un integratore vitaminico o minerale. La posizione di Arrigo Cicero viene quindi confermata dalla procedura standard prevista dal ministero della Salute.

IL CASO RESVERATROLO – In questo caso si spiegano alcuni dati riscontrati in diverse confezioni di integratori alimentari disponibili in commercio. Il Fatto Alimentare ci propone un’analisi condotta da un gruppo di ricercatori delle università di Parma e di Ferrara su 14 marche d’integratori per verificare la presenza del resveratrolo, un fenolo naturale prodotto da diverse piante, oggetto di numerosi studi scientifici riguardo le sue presunte proprietà antiossidanti, anticancerogene e antinfiammatorie. Gli scienziati hanno controllato sia le capsule di resveratrolo puro sia le formulazioni multi-ingrediente. Le analisi hanno verificato la presenza di requisiti di buona prassi di lavorazione secondo cui, spiega il Fatto Alimentare, “la quantità effettiva di principio attivo presente nell’integratore, può variare del 5%, in più o in meno, rispetto al totale dichiarato in etichetta”.

L’ASSENZA – Quindi, puo’ esserci qualcosa in più o in meno ma è importante che il valore dichiarato ci sia. Al termine delle analisi si è scoperto che solo cinque dei quattordici marchi analizzati possedevano una quantità di resveratrolo vicina a quella descritta in etichetta, con un contenuto che variava dal 95 al 105 per cento rispetto a quanto dichiarato. Quattro prodotti non rispettavano di poco il range (si andava dall’83 al 111 per cento) e tre invece manifestavano un minor contenuto di resveratrolo, in una forbice compresa tra l’8 ed il 64 per cento della quantità dichiarata. Infine in due campioni la sostanza compariva solo in etichetta visto che la sua presenza era inferiore al limite di rilevazione. E non solo. Tra i peggiori era presente una delle marche più care.

LA MODA DEL CAFFE’ VERDE – Un altro integratore finito negli ultimi giorni nell’occhio del ciclone è quello che contiene al suo interno estratti di chicchi di caffé verde, presentato dal dottor Oz. Un comunicato pubblicato su a-zeta lo scorso 24 maggio magnificava le proprietà dimagranti della sostanza. Anzi, il green coffee veniva definito “magnifico” per via delle capacità dell’estratto purissimo racchiuso in una capsula. A conferma della sua efficacia venivano presentati studi scientifici che confermavano come l’acido clorogenico, questo il suo nome, sia in grado di bruciare i grassi corporei e di accelerare il metabolismo. Eppure queste parole sono state prontamente smentite da una nuova ricerca che ha dimostrato come il green coffee non sia poi così efficace e che anzi non aiuti assolutamente a smaltire i grassi in eccesso.

LA RICERCA CHE SMENTISCE TUTTO – La Stampa ha pubblicato gli esiti di una nuova ricerca che ha smentito quanto dichiarato dal comunicato pubblicato su a-zeta. Nei chicchi di caffé sono presenti sostanze come i polifenoli premiati per le loro proprietà anti-ossidanti ma per quanto riguarda i benefici garantiti dall’acido clorogenico, Cga, la situazione è un po’ diversa. Un gruppo di ricercatori dell’University of Western Australia hanno scoperto che quello specifico polifenolo non limita l’accumulo di grasso. Anzi. Le cavie sottoposte ad elevate assunzioni di Cga, hanno sviluppato una maggiore probabilità di contrarre il diabete di tipo due ed avevano avuto un accumulo di lipidi all’interno delle cellule del fegato.

CI SI MUOVE SOLO IN CASO DI PERICOLO – Quindi chi decide di provare gli integratori alimentari, deve prima informarsi sulle caratteristiche del prodotto per capire se si tratta di un qualcosa davvero efficace. Perché, come abbiamo visto in precedenza, la loro immissione nel mercato non è poi così complicata. Inoltre i Nas si muovono solo in caso di pericolo. Altri studi poi hanno confermato che esistono in commercio prodotti che non mantengono ciò che promettono. Eppure il settore è più florido che mai e deve molto della sua sopravvivenza alle donne, come certifica Siciliaedonna.

L’INTEGRATORE E’ DONNA – L’identikit perfetto del consumatore di integratori alimentari è rappresentato da una signora giovane, di cultura medio-alta, con un buon reddito, capace di consultare le offerte sul web. Il profilo è stato tracciato dal professor Roberto Romagnoli, dicente presso la facoltà di Farmacia dell’università di Bologna. L’acquirente tipo degli integratori ha un’età compresa tra 25 e 50 anni ed è donna. Di queste l’81,6 per cento delle acquirenti vive nel nord-ovest. I dati italiani poi trovano conforto dalla crescita europea. Nel 2012 il mercato degli integratori nel vecchio continente, come certificato da Il Velino, ha generato un fatturato di 7,5 miliardi di euro con una crescita dell’1,5 per cento rispetto al 2011.

L’APP CHE AIUTA A CAPIRE – Eppure, come abbiamo avuto modo di apprezzare, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo e si puo’ correre il rischio di acquistare un prodotto privo del principio attivo o sentirsi chiedere in farmacia 48 euro per 24 fialette integrative omeopatiche, come successo recentemente in un esercizio di Milano. Per questo motivo l’Unione Nazionale Consumatori ha realizzato assieme all’Aiipa, l’associazione italiana industria e prodotti alimentari, un’app che “aiuti i consumatori a conoscere gli integratori alimentari e utilizzarli consapevolmente”. Il programma in questione si chiama “Integratori” e come ha spiegato Massimiliano Donà, segretario nazionale dell’Unc, ripreso dall’Agi, “”Le informazioni contenute nell’app non fanno riferimento ai brand commerciali, ma servono a far meglio conoscere gli integratori”.

UN AIUTO E’ SEMPRE GRADITO – L’app è divisa in due parti. La prima, chiamata “Sei in forma?” è dinamica ed al suo interno è possibile calcolare il proprio indice di massa corporea e alcuni interessanti test per valutare il proprio grado di consapevolezza sugli integratori alimentari. La seconda sezione, chiamata “informati”,  illustra le principali categorie di integratori e i loro utilizzi. Presenti poi una serie di domande e risposte oltre a consigli dell’esperto. Si tratta di un aiuto per coloro che desiderano provare questi prodotti, senza tuttavia dimenticare che, come ricorda Donà, sarebbe opportuno parlare sempre con il proprio medico curante. E’ importante quindi contare su un aiuto perché come abbiamo visto il mercato è selvaggio e gode di un trend in continua crescita. Per evitare quindi di spendere soldi inutili in prodotti che non servono, cercate di capire a fondo come funziona il mercato degli integratori magari superando internet e rivolgendovi al vostro medico, e sarà lui a stabilire se avete bisogno o meno degli integratori.