I bambini del Congo muoiono in miniera

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L'esplosione delle miniere artigianali ha spinto i bambini dai 5 anni in su a scavare i minerali di cui è ricco il paese

Il Congo è stato definito uno scandalo geologico per la ricchezza del suo sottosuolo, che è stata anche la dannazione della sua popolazione, che da sempre muore giovane e che negli ultimi anni è spinta in massa verso il lavoro in miniera.



L’ARRIVO DEI CIVILIZZATORI – Non ci sono molte cronache dal Congo prima dell’arrivo degli europei, ma è certo che i suoi abitanti avessero una complessa organizzazione sociale e si dividessero in regni e in tribù e che nessuno facesse la fame, il cuore dell’Africa nera non ha mai visto le carestie che hanno piagato tante zone dell’Africa subsahariana. Per gli europei dell’epoca, gli inviati commerciali di re Leopoldo II del Belgio, la ricchezza del Congo all’epoca era rappresentata dalla gomma e dall’avorio e per impadronirsene ridussero in schiavitù buona parte della popolazione. Non servivano grandi tecnologie, ma la collaborazione della popolazione locale, che in teoria era stata “affidata” a Leopoldo per essere “civilizzata” e protetta dagli schiavisti.



L’OLOCAUSTO CONGOLESE – Il risultato fu che per far lavorare i “torpidi negri” che non vedevano proprio l’interesse a raccogliere la gomma in cambio di nulla o a portare i carichi per i bianchi lungo il fiume Congo fino al mare. Così per incentivarli i bianchi selezionarono e armarono i più bellicosi e li istruirono a sequestrare le famiglie di quelli che dovevano lavorare. Per mantenere alto il tono del lavoro escogitarono poi un sistema per il quale se i genitori non lavoravano a sufficienza la loro prole veniva amputata, una, due, tre volte. Molto peggio della schiavitù. La storia dice che in pochi anni gli uomini di Leopoldo dimezzarono la popolazione di quella che oggi è la Repubblica Democratica del Congo, 10 milioni di morti e l’importazione di una civiltà del tutto aliena a quei luoghi, ma ben poco civilizzante.

IL TUTORE POST-COLONIALE – Le foto degli amputatini indignarono le opinioni pubbliche e il Belgio prese in carico la colonia, estromettendo formalmente il re, ma lasciando che rimanesse il dominio di quella che oggi è conosciuta come la Societé General du Belgique, vero arbitro coloniale del paese fino alla decolonizzazione. Esattamente un secolo da quegli anni bui il Congo è ritornato il cuore di tenebra dell’Africa, quello che impressionò così tanto Conrad. Il crollo del regime di Mobutu ha aperto un vuoto di potere che non è stato più colmato e che, su tutto, ha provocato prima una guerra che ha lasciato sul terreno 5 milioni di morti e poi il collasso dello stato e l’evaporazione delle frontiere. Mobutu Sese Seko Kuku Ngbendu Wa Zabanga ( “Mobutu il guerriero che va di vittoria in vittoria senza che nessuno possa fermarlo” ) nato più modestamente  Joseph-Désiré Mobutuera stato per oltre 30 il garante del fatto che che il paese non sarebbe entrato nell’orbita sovietica e tanto gli era bastato per governare incontrastato concedendosi anche alcune bizzarie, come rinominare il paese in Zaire e guadagnare al suo governo il nome di cleptocrazia.



DOPO LA CLEPTOCRAZIA – Nel Congo moderno la ricchezza non è rappresentata dall’avorio e dalla gomma, ma dal legname delle grandi foreste e dalle ricchezze del sottosuolo. Morto nel 1997 dopo che il suo regime nell’ultimo decennio era diventato un paria e che era stato costretto a insediare una specie di parlamento. La sua lunga agonia portò alla prima guerra mondiale africana, con il paese acefalo prima invaso dai ruandesi e poi teatro di una guerra spaventosa che provocherà orrori indicibili e milioni di morti, una guerra alimentata dalle “young mines”, società minerarie relativamente giovani che volevano l’accesso a ricchezze fino ad allora attinte solo dalle grandi corporation minerarie, la maggior parte delle quali era nel paese quando ancora era una colonia belga.

KABILA E KABILA – Quando la guerra finì, a Kinshasa, la grande metropoli sul fiume Congo, il vincitore risultò Laurent-Désiré Kabila, che però durò poco, visto che la sua idea di ringraziare i ruandesi e di rimandarli a casa fu accolta male e fu ucciso. Un incidente che però non poteva turbare il delicato lavoro per costruire gli equilibri necessari a rimettere in piedi il paese, così in un paio di giorni spuntò suo figlio trentenne Joseph, che dal 2001 diventerà così il leader del paese superando di slancio le prove elettorali e godendo del favore di Washington, che aveva tirato le fila della scalata al potere del padre. Purtroppo Kabila e i suoi non sono più capaci degli ultimi governi Mobutu e nonostante in teoria possano attingere a una grande ricchezza, hanno letteralmente lasciato andare in malora quel che restava del paese, perdendo di fatto il controllo di una buona parte. Considerazione ancora più valida per il Nord-Est del paese, che era stato l’epicentro della guerra e che ancora oggi alberga numerosi movimenti e gruppi armati, che da allora non hanno mai smesso le loro attività. Una regione lontana dalla capitale, dalla quale è separata da centinaia di chilometri di monti e foreste che non sono attraversati da alcuna strada

SIGNORI DELLA GUERRA E DITTATURE CONCORRENTI – Attività che consiste in pratica nel cercare di prendere il controllo di aree di quelle regioni e sfruttarne gli abitanti. Succede così che l’unica speranza di sopravvivenza in paese senza infrastrutture o legge, in regione nelle quali non ci sono strade e non c’è l’esercito, diventa scavare. Scavare è l’attività lavorativa di buona parte degli abitanti di quelle regioni nelle quali non ci sono molte grosse miniere, ma dove è possibile scavare quasi ovunque e estrarre con metodi primitivi minerali richiestissimi sui mercati internazionali. Non sono più i lavori forzati di un tempo, ma sono l’unica possibilità in un paese nel quale si paga tutto, dalla scuola alla sanità e dove ogni commercio deve pagare tasse e dazi al potere locale, nei rari casi in cui sia presente l’esercito, diventa anch’esso una fonte d’estorsione.

LE MINIERE ARTIGIANALI – Succede così che a migliaia finiscano in miniera i bambini delle famiglie più povere, in Congo la natalità rimane altissima e per sopravvivere le madri e i padri portano i figli piccolissimi a scavare, chili e chili di terra di minerali e di terra. Che il lavoro del minatore sia particolarmente insalubre non è una novità, praticato poi in condizioni primitive e senza alcuna tutela o cautela ha effetti devastanti sul fisico dei piccoli, molti dei quali muoiono giovanissimi. Il fenomeno è noto da anni e monitorato pur tra mille difficoltà e secondo le stime ogni anno almeno 100.000 bambini perdono la vita a causa del lavoro in miniera, molti di più continuano a lavorarci.

I BAMBINI AL LAVORO – Le condizioni di lavoro sono le più disparate, ma sempre pessime e variano a seconda del minerale cavato. Per cercare i diamanti si scavano stretti pozzi verticali profondi 30 o 40 metri per raggiungere lo strato diamantifero e poi si ricomincia, intuibile l’utilità dei più piccoli. Per l’oro si setaccia la terra con l’acqua, per la casserite si scavano buche seguendo le formazioni che ne sono ricche e si estrae a mano, poi ci sono le miniere più grandi, con 10/20.000 persone accampate nel fango in villaggi di tende fatte di teli di plastica accanto a voragini che si protendono verso il basso o pendii divorati una picconata alla volta, non ci sono attrezzature meccaniche. Veri e propri gironi infernali dove la vita non vale nulla e c’è solo la miniera per i maschi e lavori domestici e prostituzione per le femmine.

UN GRUVIERA – Nella capitale del Kasai, Mbuji May, hanno scavato anche nelle aree residenziali. Sarebbe la capitale del diamante industriale naturale, ma il paesaggio è costellato di buchi e 4 bambini su 10 tra i 5 e i 14 anni scavano, non fanno altro tutti i giorni, ma è il centro più grosso della regione, poco più in là ne sfuggono pochi. La sparizione del governo ha fatto esplodere le miniere artigianali e lo scavo selvaggio, ma nessuno lo fa per diventare ricco, nessuno di quelli che scava diventa mai ricco. Questo è un altro aspetto infame della realtà congolese, perché quelli che scavano guadagnano pochissimo e non possono che vendere il minerale ai monopolisti locali sostenuti dall’autorità delle armi, che ovviamente pagano meno di niente. Se l’aspettativa di vita media per i congolesi era di 56 anni nel 2011, è facile immaginare che in queste regioni sia più bassa e stia calando velocemente all’estendersi del fenomeno, che peraltro si consuma in realtà nelle quali i presidi igienici e sanitari non esistono quasi e dove le infezioni a trasmissione sessuale sono ubique.

LA VENA CHE NUTRE L’INDUSTRIA – È appena l’inizio di un viaggio che porterà quelle materie prime ai grandi mercati globali  senza che il governo congolese veda un dollaro in tasse o royalty. Il minerale raggiunge infatti il confine con i paesi vicini, molto più vicini del resto del Congo, e da lì finalmente prende la via degli altri continenti. Per diversi anni l’Uganda è stata così il primo esportatore d’oro d’Africa, pur non avendo miniere d’oro. È abbastanza intuitivo l’interesse dei paesi confinanti a mantenere tutto così, non potendo controllare direttamente il territorio congolese, tanto che parte del minerale è pagato in armi. Un discreto problema per la missione MONUC, che è nel paese da anni è che la più grande missione ONU nel mondo, impegnata per lo più a proteggere i campi nei quali periodicamente si riversa la popolazione in fuga da questo o quel gruppo armato, quando non dall’esercito, anche di recente protagonista di episodi orrendi, come quando i suoi reparti in fuga da un gruppo di veterani hanno sfogato la loro frustrazione dandosi al saccheggio della città di Minova e allo stupro delle sue abitanti.

L’IMPOTENZA GENERALE – La dinamica di quanto accade è nota da tempo nei dettagli, gli attori sono conosciuti, i meccanismi così rodati che neppure le periodiche esplosioni guerresche riescono a turbare lo sfruttamento e l’esportazione delle risorse del sottosuolo, Nessuno sembra avere la volontà o l’interesse d’interrompere questo flusso o di costringere i paesi confinanti a farlo, ancora più improponibile è pensare di trovare paesi disposti a inviare decine di migliaia di soldati a bonificare intere regioni dalle presenze armate che le dominano, meno di tutti il governo di Kabila, che di recente ha mandato un generale esperto, ma senza truppe, a cercare di limitare i danni e fare la voce grossa.

TUTTO ABBASTANZA NOTO – Il flusso di materie prime che esce clandestinamente dal Congo non è invisibile, sarebbe anzi immediatamente sensibile in diversi casi se s’interrompesse, ma da dove viene e come viene estratto non sembra interessare a nessuno, se non a qualche ONG che “trionfa” insieme al bene siglando insieme a qualche grande corporation protocolli “etici” e impegni a tracciare i materiali usanti che sono delle vere e proprie barzellette, utili a lucidare il brand e a lenire le coscienze di quei consumatori che dovessero incrociare articoli sul tema o alcuni dei rapporti che altre ONG stilano da anni a beneficio di pochi e della memoria di una tragedia. Solo i giochi da illusionisti sul grande palcoscenico globale mentre nei fori del commercio internazionale s’accumulano proposte e impegni vani e mentre laggiù nel cuore della tenebra si nasce, si scava e si muore giovani senza neppure sapere perché.