I dieci film più violenti della storia

Categorie: Cinema ed eventi

Dimenticate arti recisi e teste mozzate: ecco la lista di titoli che vi faranno tremare di puro orrore senza versare una goccia di sangue



Volendo, potremmo definirla “violenza implicita”. Non un abuso di sangue e terrore, insomma, ma un uso sottile dell’arte cinematografica che a volte fa più paura di un mostro. Non ci credete? Allora chiedetevi cosa hanno in comune il Cavaliere Oscuro, Seven e…Bambi. Momenti spettacolari di violenza fuori dallo schermo, ovviamente. Ecco una lista, non certo esaustiva, dei film più violenti e non violenti della storia del cinema. Una lista che siete invitati ad ampliare!

M, IL MOSTRO DI DUSSELDORF (1931) – “Aspetta, l’uomo cattivo in nero verrà” è la prima frase pronunciata nell’inquietante thriller di Fritz Lang che quasi ne anticipa l’ oscuro dipanarsi. La gestione di Lang dell’atmosfera in questo film è sottile e sorprendentemente creativa. L’assassino Hans Becker è solo intravisto nella prima parte del film, quando si manifesta come un’ombra mostruosa sulle sue vittime. E fischietta, fischietta incessantemente In The Hall Of The Mountain King, un motivetto che diventa quasi la sua presenza, come nello Squalo. Poche note che sovrastano il film, diventando terrore e nube opprimente. Non assistiamo mai agli omicidi di Becker, ma non è importante: l’acquisto di un pallone per la sua ultima vittima, l’angoscia di una madre che cerca sua figlia e una palla che rotola solitaria in una strada vuota ci suggeriscono un orrore che, non visto, è forse peggiore di mille sparatorie.





BAMBI (1942) –
Non l’avreste mai detto, eppure è così. Anche Bambi è uno dei film più terrorizzanti della storia. E lo è grazie a un colpo di pistola, fuori dallo schermo. Secco e preciso,è anche uno dei momenti più sorprendentemente brutali nella storia dell’animazione Disney, l’apice di una violenza che nonostante non fosse mostrata non era per questo meno lacerante. Una mamma, una pallottola, un orfano: il tutto concentrato in un solo rumore fuori campo. E il grido innocente di Bambi che dice “Ce l’abbiamo fatta! Ce l’abbiamo fatta, mamma! … mamma? ” è sufficiente per distruggere il sorriso dalle bocche di grandi e piccini.



PEEPING TOM (1960) – Il controverso film che ha distrutto la brillante carriera del regista Michael Powell, Peeping Tom, è un capolavoro di “squallida” suspense. Quasi del tutto privo di sangue, vede il suo punto più sconcertante e pauroso nella natura sadica del killer protagonista, Marco (un infantile e insolitamente simpatico Carl Boehm) ossessionato dal riprendere fotograficamente il momento della morte delle sue vittime. Una perversione che prevede anche uno specchio collegato a questo marchingegno, per permettere alle vittime di vedere, come ultima istantanea di vita, la loro stessa faccia terrorizzata.

PSYCHO (1960) –Forse la scena delittuosa più famosa di tutto il cinema. Un capolavoro di paura e terrore in cui Hitchcock ha spinto i confini dell’ansia verso il “cosa potrebbe essere” spostandoli dalla mera visione dell’atto omicida in sé. Impossibile non citare l’ormai celebre scena della “doccia infame”, dove però si vede poco: i ripetuti lampi del coltello della “signora” Bates e la pelle candida e innocente di Janet Leigh, accarezzati dal lamento funebre della colonna sonora di Bernard Hermann. Poche caratteristiche che sapranno essere il meglio del cinema pauroso anni ’60 e non solo.

NON APRITE QUELLA PORTA (1974) – Nonostante lo spargimento di sangue sensazionale che il titolo sugggerirebbe, soprattutto nella versione inglese, il classico di Tobe Hooper del 1974 è incredibilmente sobrio e poco cruento. Merito dell’uso sapiente da parte di Hooper di suono,  tagli e un’azione rapida e brusca per dare alla violenza un maggiore impatto. Come esempio, basta guardare la scena in cui Kirk (William Vail), piuttosto stupidamente entra nella casa isolata di Leatherface e della sua famiglia. In pochi istanti Kirk incipampa in un portone rosso vivo, ed è subito ucciso dal martello di Leatherface. Sono le cose orribili che possono accadere a Kirk dietro quella porta di metallo a farci paura ben più di un teschio alle pareti. A farci paura è l’ignoto orrore.

MANHUNTER (1986) – Il film di Michael Mann è un buon esercizio da “orrore sospeso”, e ancora una volta grazie a un sapiente montaggio, una fotografia cruda e l’uso ben centellinato di un pathos musicale ansioso, ci regala veri attimi di panico scevri da sangue e violenza.Fra i grandi momenti da segnalare del film, la sequenza in cui il serial killer Francis Dolarhyde (Tom Noonan) lega a una sedia a rotelle Lounds Freddie. Dal momento in cui il nastro da elettricista è strappato dagli occhi di Lounds sappiamo che è condannato, e con lui attendiamo in un crescendo di terrore la fine che, sappiamo, arriverà. “Beh, eccomi” gli dice l’assassino, e dopo un lungo scambio lo finisce. Non vedremo la sua lunga agonia, ma l’urlo lancinante che la segna rimarrà a lungo nelle nostre orecchie. Anche se del tutto incruenta, l’effetto è scioccante ugualmente.

RESERVOIR DOGS  (1992) – E ‘un po’ ironico che, data la sua carriera costellata di film esplosivi, violenti ed eccessivi, sia stata l’opera prima di Quentin Tarantino la più avversata e addirittura vietata in Gran Bretagna per qualche tempo. La sua rappresentazione di una rapina di diamanti fallita è solo brevemente illustrata con le immagini, mentre il film indugia lungamente sulle conseguenze cruente e le recriminazioni tra i suoi protagonisti. E ‘ la famigerata scena tra il sadico Mr Blonde (Michael Madsen) e un la sua vittima Kirk Baltz a disturbare particolarmente i critici, a dispetto del fatto che gran parte della violenza avviene fuori dallo schermo.  Tarantino non è spesso descritto come un regista sottile, ma la sua gestione di questa scena è la chiave che la rende potente e paurosa, e che apre la porta ad un terrore molto più “gratificante”, per il pubblico, di quello dovuto a mille teste tagliate.

SEVEN  (1995) – Lunatico, folle, veloce eppure estremamente lento, un flash: questo classico anni ’90 di David Fincher introduce un serial killer i cui crimini sono così creativi e allo stesso tempo spiacevoli che possiamo arrivare a vederne solo le conseguenze. Fincher costruisce il senso del film creando un crescendo terrore in maniera così abile da arrivare all’ultimo omicidio riuscendo a far immaginare al pubblico l’ultima scena del delitto senza nemmeno farla vedere, e anzi mostrando solo flash della vittima in vita. Un esempio perfetto di un film che utilizza al minimo l’effetto splatter e riesce, grazie a questo, a rendersi molto più piacevole.

IL CAVALIRE OSCURO  (2008) – E’ vero, questo film presenta anche una buona dose di “sana” violenza tradizionale. Tuttavia il punto in cui raggiunge il suo maggiore pathos, grazie anche alla magistrale interpretazione di Heath Ledger/Joker, è quando il supercriminale di Gohtam racconta di come si sia fatto le cicatrici sul suo volto, grazie alle quali sembra avere perennemente uno sbilenco e triste sorriso. La prestazione attoriale di Ledger qui è tale che la storia violenta è raffigurata nella nostra mente meglio che in qualsiasi flashback.

PROFONDO ROSSO (1975) – In ultimo giochiamo in casa: checché si voglia dire di Dario Argento, anche lui è riuscito spesso a dare il meglio della sua cinematografia lasciando a casa gli effetti speciali truculenti. Particolarmente vero è per Profondo Rosso, dove le scene a più alta tensione non sono gli omicidi, ma quelle che ripercorrono la vita sfortunata di Carlo e di sua madre, i dipinti nascosti in una villa abbondata, “custodita” da una demoniaca bambina quasi plagiata dalla storia delle quattro mura a cui il padre deve badare. Un crescendo di disagio e angoscia che ci accompagna alla scena finale dello specchio per mano, aumentando non tanto il nostro timore per il protagonista, quanto per noi stessi e per il rischio di perderci nella mente folle di una donna malata e normale.