I Savoia Noir
25/02/2010 di Igor Jan Occelli
Uno sparo, e la famiglia “reale” è nei guai. Poi, il processo, lungo. E un’intercettazione, tempo dopo.
Il mare è calmo. L’aria fresca. E’ il 18 agosto. Anno del Signore 1978. Tutto è splendido, qui, in Corsica. Al porto pochi rumori, solo in pochi si trattengono fuori dalle grandi barche ormeggiate. D’un tratto si sentono voci confuse. Qualcuno grida qualcosa. Non si capisce quasi nulla. Il tono della voce è sempre più alto. Un uomo sta litigando con un altro uomo. Ed è sempre più adirato. Sempre di più. Basta avvicinarsi un po’ per avere una descrizione chiara di ciò che sta succedendo. L’uomo, che sembra avvolto nei fumi dell’alcool, dice qualcosa a proposito del suo gommone. E’ certo che qualcuno lo abbia preso e ci sia andato a fare un giro per il porticciolo. E’ convinto sia stato l’altro uomo, quello con il quale sta litigando. Nulla di male. Peccato abbia una carabina in mano. Spara un colpo. L’altro gli si getta contro cercando di immobilizzarlo. Si sente un altro sparo, ma non sembra esserci alcun ferito. In un modo o nell’altro gli animi si placano.
PROVE – Accanto alla barca dove tutto è andato in scena, stanno dormendo due giovani. Sono anche loro in vacanza. E non hanno la minima idea di ciò che sta accadendo fuori. Qualcosa poi sveglia Dirk, uno dei due. D’un tratto ha caldo, molto caldo. Si guarda e vede che sta sanguinando. Copiosamente. Per un attimo torna il silenzio. Ma Dick ha bisogno di qualcuno che lo curi e in fretta. Ma tutto appare immobile per ore. Ce ne vogliono sei prima che qualcuno riesca a trasportarlo all’ospedale. Quando arriva sul posto, la Gendarmerie interroga tutti i testimoni. Il miliardario Nicky Pende, l’uomo con il quale l’altro stava litigando, e chiunque possa aver visto qualcosa. Tutto sembra così facile da capire, eppure c’è qualcuno che dice di aver visto altri sparare. Dove sono? Spariti. La Gendarmerie, comunque, interroga l’uomo, molto conosciuto anche lì. E conosciuto anche alle forze dell’ordine. In passato, infatti, la pretura di Venezia aveva aperto, senza poi aver successo, un’indagine contro di lui: traffico internazionale di armi l’accusa: avrebbe venduto armi a paesi mediorientali posti sotto embargo. Una cosa non facile da provare, visto che l’uomo faceva il procacciatore d’affari per l’Augusta. Una cosa non facile da provare visto che l’uomo poteva vantare fra le sue conoscenze anche lo Scia’ di Persia. L’uomo è importante: è l’erede al trono d’Italia, Vittorio Emanuele di Savoia. Dick Hamer, intanto, è all’ospedale. Ha ricevuto cure tardive e sbagliate. Una gamba gli è stata amputata, ha subito 14 operazioni ed è stato persino evirato. Per lui, dopo centoundici giorni d’agonia e 400 litri di sangue trasfusi, non c’è niente da fare. La procura francese accusa Vittorio Emanuele di omicidio preterintenzionale.
AVANTI SAVOIA – Lui si difende, dice di non essere stato lui. Ha anche una prova schiacciante in suo favore: il proiettile che ha colpito il ragazzo non proviene dalla sua carabina. Almeno non da quella consegnata alla gendarmerie. Non a caso qualcuno sostiene che l’abbia scambiata con un’altra. Ma non ci sono prove di questo. Nel frattempo, mentre la giustizia francese fa il suo corso, l’erede Savoia non sta certo con le mani in tasca. Quando scoppia il caso della Loggia P2 si scopre che a farne parte c’è lo stesso principe, tessera 1621. Intanto il processo va avanti. E si combatte anche a colpi di perizie. Fra consulenti che dicono che Hamer sarebbe morto a causa del colpo e altri per via delle cure sbagliate che ricevette. Solo nel 1991 arriva il verdetto definitivo: non colpevole. Per lui solo una condanna per porto abusivo di arma da fuoco: con sé quella sera aveva anche una P38. Tutto passa, i governi cambiano, le persone invecchiano e i Savoia possono rientrare in Italia. E non passa molto tempo prima che Vittorio Emanuele torni nuovamente sulle prime pagine di cronaca. Il PM Henry John Woodcock, del tribunale di Potenza, ne ordina l’arresto con le accuse di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al falso, e associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione nell’ambito di un’indagine legata al casinò di Campione d’Italia.
NOVITA’ – E qui avviene il colpo di scena. Vittorio Emanuele ignora di essere intercettato da una microspia. Parla e si trova a raccontare di quella notte di quasi trent’anni prima: “Anche se avevo torto… devo dire che li ho fregati. È davvero eccezionale: venti testimoni, e si sono affacciate tante di quelle personalità importanti. Ero sicuro di vincere. Io ho sparato un colpo così e un colpo in giù, ma il colpo è andato in questa direzione, è andato qui e ha preso la gamba sua, che era steso, passando attraverso la carlinga”. Scoppia una bufera, ma i difensori e lui stesso dicono che la conversazione è stata stravolta: sono stati modificati i “non” per far apparire le affermazioni negative in positive. E’ una cosa che comunque non si potrà sapere: uno Stato non può riaprire un processo concluso in un altro Stato. Sulla storia cala il sipario. Lui nega di aver mai ucciso Dick, altri dicono che si è salvato grazie all’amicizia con Giscard d’ Estaing, che aiutava nel far arrivare le armi nei vari sanguinari regimi africani. Ma sono solo voci. Di certo c’è che qualcuno ha ucciso Dick. Ma non si sa chi sia stato.