Idrogeno, quando la speranza ed il futuro cominciano a scuola

Potrebbe essere il combustibile del futuro. Ecologico, disponibile e versatile. Adesso s’introducono i primi “laboratori idrogeno”, noi siamo stati a quello di Castellammare di Stabia, il primo nel Mezzogiorno



Come funziona una macchina (non necessariamente un’automobile) ad idrogeno? Quali sono i suoi vantaggi, quali i suoi attuali limiti? Come sfruttare questa risorsa praticamente inesauribile presente in natura? Sono queste le domande che scienziati e tecnici si pongono da un po’ di anni, specie quando ricorrono crisi (aumenti di prezzo) dei classici combustibili fossili, senza contare il loro pesante impatto sull’ambiente. L’idrogeno è l’elemento più leggero e quello più abbondante in natura. Allo stato elementare lo si trova sotto forma di molecola formata da due atomi elementari. E’ presente in tutti gli elementi organici e si combina con la maggior parte degli elementi della tavola periodica. Gli studi più recenti si sono concentrati sul suo possibile sfruttamento come combustibile alternativo per i tradizionali motori e come  fonte di energia per le cosiddette celle a combustibile.

E’ PRESENTE IN NATURA, COME LO SI RICAVA? – L’idrogeno viene ricavato attraverso il cosiddetto reforming, oppure con l’elettrolisi dell’acqua, quest’ultima, nella sua molecola elementare, come è noto, presenta due atomi di idrogeno combinati con uno di ossigeno, H2O. Il reforming è un processo che consiste, in sostanza, nella trasformazione dell’energia chimica del carbonio – anche quest’ultimo elemento molto presente in natura – contenuto nel carbon fossile e negli idrocarburi pesanti (come gli oli combustibili) in energia chimica dell’idrogeno. Questa reazione si ottiene ossidando il carbonio con l’ossigeno contenuto nella molecola d’acqua, in tal modo si liberano monossido e biossido di carbonio (CO e CO2). Nella pratica, il rendimento di questa trasformazione, è pari a circa all’80%. L’altro procedimento sinora adottato è quello dell’ elettrolisi dell’acqua che permette di trasformare l’energia elettrica in energia chimica dell’idrogeno. La reazione avviene nelle celle elettrolitiche. Al passaggio di corrente, gli ioni migrano verso gli elettrodi della cella, dove scaricano la loro carica elettrica, scomponendo la molecola dell’acqua e librando l’idrogeno nel catodo e l’ossigeno nell’anodo. Questa trasformazione avviene con un rendimento pari a circa il 70%.



UN MOTORE AD ACQUA? –  combinando idrogeno e ossigeno si da luogo ad una reazione che forma acqua che libera energia pronta per l’uso. Su questo processo si basa il principio di funzionamento delle “celle a combustibile”. Le emissioni di scarto del processo sono assolutamente non inquinanti, trattandosi di acqua calda e vapore. Secondo gli studi fin qui condotti questa tecnologia potrà essere utilizzata sia sotto forma di motore elettrico per le automobili ed i trasporti sia, con apparati ancora più complessi, come centrale industriale per la produzione di energia elettrica stessa. In linea di principio, in una cella combustibile si combinano l’idrogeno dal polo negativo e ossigeno dal polo positivo. Nel momento in cui gli atomi di idrogeno entrano in contatto con il catalizzatore (in genere una soluzione acquosa) gli elettroni si separano dal nucleo, generando una corrente elettrica, spostandosi verso il polo positivo dove si uniscono agli atomi di ossigeno caricandoli negativamente. Il processo termina con il passaggio delle molecole di idrogeno (positive) verso quelle di ossigeno (negative) dalla cui reazione chimica si forma l’acqua. In campo automobilistico, i progettisti stanno sostanzialmente seguendo due filoni. Quello appunto del motore a “cella combustibile” (fuel cell) e quello cosiddetto a “combustione interna” in grado di utilizzare l’idrogeno proprio come carburante. Questi caso i motori hanno necessità di utilizzare l’idrogeno liquido che, quindi, va pre-lavorato. In entrambi i casi le emissioni di scarto sono assolutamente non inquinanti.



I LIMITI TECNOLOGICI DELL’IDROGENO – Uno dei principali freni allo sviluppo di questa tecnologia, oltre al processo di produzione dell’idrogeno – oggi ancora economicamente dispendioso – è il fatto che l’idrogeno è facilmente infiammabile. Questo impone serbatoi con standard di sicurezza e progettuali molto più elevati rispetto a quelli tradizionali e quindi costi ancora – o quasi – proibitivi. Si pensi che nel  caso dell’idrogeno liquido i serbatoi devono mantenere il carburante alla temperatura di -253°. La macchina a idrogeno, che utilizza l’idrogeno come combustibile “diretto” al posto della benzina presenta lo svantaggio di essere, in sostanza,un motore termico alimentato ad idrogeno, che però ha dei rendimenti bassissimi inferiori all‘8%. Le celle a combustibile, sono in realtà dei trasformatori di energia chimica in energia elettrica, possono avere un rendimento anche del 60%. In questo caso, anziché l’acqua, in funzione di elettrolita si utilizzano particolari polimeri.

L’IDROGENO SI FA A SCUOLA – Nel nostro paese sono solo due gli istituti tecnici dove gli studenti possono sperimentare la produzione d’idrogeno. Uno è in Piemonte e l’altro, appena inaugurato è in Campania, a Castellammare di Stabia per la precisione presso l’Iti “Renato Elia”. Che la scuola serva a formare i professionisti del futuro è ormai concetto trito e ritrito, ma che ci riuscisse realmente, beh questa è un’altra storia, ma l’Istituto Tecnico Industriale “Renato Elia” di Castellammare di Stabia a quanto pare è riuscito nell’impresa. Lunedì 20 Dicembre alte cariche quali il rettore dell’Università “La Partenope” di Napoli, il Dott. Prof. Claudio Quintano, l’on. Valentina Aprea, Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, il Dott. Andrea Bachrach, Presidente Gruppo Giovani Imprenditori Unione Industriale Napoli, il Dott. Maurizio Sansone, Presidente Periti Industriali e Periti Laureati di Napoli, hanno partecipato all’inaugurazione del laboratorio “Idrogeno”.

IL PRIMO “HYDRO LAB” DEL SUD – Abbiamo avuto la possibilità di parlare con il Responsabile di Progetto ITI Elia, il prof.  Catello Lamberti, che alla domanda quali opportunità offre questo laboratorio, ha risposto: “Permetterà ai giovani di studiare la produzione di energia partendo dall’elettrolisi dell’acqua”.

Ma chi ha realizzato una tale innovazione? Ci risponde ancora il responsabile: “l’istituto si è rivolto all’Istituto Motori del C.N.R. di Napoli per l’acquisizione del know how necessario, sottoscrivendo con lo stesso un accordo di convenzione finalizzato alla ricerca. Il laboratorio sarà un centro studi sulle energie rinnovabili, in esso gli alunni potranno studiare la produzione di idrogeno e l’alimentazione delle fuel cell (celle a combustibile n.d.r.) che rappresentano l’alimentazione energetica del futuro. Al laboratorio è associato il progetto di realizzazione di un impianto di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica. Il risultato finale atteso è quello di rendere l’Istituto indipendente dal punto di vista energetico ed in grado di fornire energia ad altri utenti. Gli allievi verranno formati all’utilizzo alla progettazione e all’ideazione di impianti sinergici che coniughino tra loro le fonti alternative rinnovabili quali fotovoltaico, eolico e idrogeno”.

Ma quali sono le motivazioni che spingono un Istituto ad affrontare un impegno del genere? – “Per anni nei rapporti con l’industria – ci spiega il professor Lamberti – abbiamo dovuto constatare come la preparazione scolastica risultasse sistematicamente in ritardo rispetto all’evoluzione tecnologica. Con questo progetto “sogniamo” se non di mettere la scuola all’avanguardia, di portarla almeno al passo con la realtà industriale contemporanea!”.

Già, sogni che tuttavia come tutti sappiamo al giorno d’oggi non è che portano chissà dove, allora quale sarà l’effetto di questo progetto per i giovani allievi? – “Sfruttando le opportunità offerte dall’Unione Europea in fase di compilazione del certificato di diploma avremo la possibilità di documentare per i nostri alunni l’acquisizione di competenze specifiche in un settore occupazionale molto vasto e “poco affollato”. Su questa strada abbiamo già ottenuto l’apprezzamento del dott. Bachrach, rappresentante dell’Unione Industriali. Non ci illudiamo di poter garantire ai nostri alunni l’immediata assunzione, ma certo possiamo assicurare una “marcia in più” nella corsa per la realizzazione del proprio futuro.”

Tuttavia, in ogni Istituto ci sono i classici “luoghi segreti”, quei laboratori, aule e così via creati per gli studenti ma mai aperti al loro utilizzo. Si azzarda quindi una domanda: ma questi giovani potranno realmente usufruire di tali attrezzature o diventerà anche questa l’isola che non c’è? Il vicario dell’Iti non si perde d’animo e prontamente con un sorriso e risponde: – “Anche volendo non potremmo mai farlo perché la realizzazione del laboratorio per l’inaugurazione, intendo il montaggio delle apparecchiature, la loro sistemazione e quanto altro necessario, è stata già effettuata dagli studenti sotto la guida dei docenti interessati al progetto. Gli allievi sentono, quindi, già loro proprietà questo laboratorio ed inoltre il lavoro in programma in questo ambiente è volutamente articolato per coinvolgere tutti gli allievi dell’Istituto per ogni Indirizzo di studi. Scopo della Dirigenza, infatti, è stato quello di dotare l’Istituzione di uno strumento valido e fruibile da ogni indirizzo di studi presente nell’istituto.”

SHINY MINDS – Insomma, finalmente abbiamo davanti agli occhi la dimostrazione che la scuola non è solamente “teoria”, soprattutto per un Istituto Tecnico, che la scuola non è morta, e che vi sono studenti a cui vengono offerte possibilità innovative e che sanno cogliere queste opportunità. Questo in una città di provincia come Castellammare, immersa fino al collo nei problemi della sua quotidianità, fioriscono ancora menti brillanti, ma soprattutto vengono ancora coltivate e cresciute in una visione protesa verso il futuro per poter dar vita ad un domani migliore. Sperarlo in fondo non costa niente…

– INTERVISTA: di Rosalia Lamberti