Il 30% dell’energia italiana è verde

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Secondo i dati distribuiti da Terna e relativi alla domanda energetica del nostro Paese nel 2013 si conferma il ruolo fondamentale delle fonti rinnovabili

Cresce la produzione di energia verde in Italia. Di contro, però, diminuiscono sensibilmente i consumi, ormai in calo verticale dal 2009 ad oggi e ben lontani dalle vette registrate nel biennio 2007-2008. Sono questi i dati preliminari diffusi da Terna e relativi al consumo di energia elettrica nel nostro Paese nel 2013 che certificano come ormai il 30 per cento della produzione nostrana derivi da energia verde.



IL DATO PIÙ BASSO DAL 2003 AD OGGI – Secondo i dati provvisori distribuiti dal gestore, nel 2013 c’è stata una flessione del 3,5 per cento rispetto al 2012, che già a sua volta aveva fatto registrare un calo dell’1,9 per cento rispetto al 2011. Se confrontiamo il dato rispetto al 2009, il calo complessivo è del 5,7 per cento ma certo risulta ancora più importante se ci produciamo in un confronto con quello che è stato il momento più positivo dal punto di vista del consumo energetico del nostro Paese. Parliamo del periodo 2007-2008, quando venne registrata una domanda di rispettivamente 339,9 e 339,5 milioni di kilowattora. Il dato del 2013 invece è più modesto e si attesta a 317,1 milioni di kilowattora, il dato più basso dal 2003 ad oggi.



NESSUN CALO IN LOMBARDIA – Certo, questi dati vanno presi con beneficio d’inventario. Ad esempio quelli relativi al 2012 sono falsati dalla prospettiva legata all’anno bisestile. Ciò significa che per quell’anno c’è stato un giorno in più di consumo di corrente che ha influito nel confronto con il 2013. Parlando di consumi a livello territoriale, ci si rende conto che la regione ad aver maggiormente patito un calo nella domanda è stata la Sardegna che ha fatto registrare un -16,4 per cento. A seguire ci sono Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta che insieme fanno il Nord-Ovest, con un calo del 7,8 per cento rispetto al 2012. La Lombardia invece, unica regione rimasta stabile, è l’unica area in cui non sono stati registrati cali rispetto al 2012.



IL 13,3 PER CENTO DELL’ENERGIA VIENE DALL’ESTERO – I cali più vistosi, Sardegna esclusa, sono stati registrati nel centro Italia con Abruzzo, Marche, Molise, Umbria e Lazio che hanno fatto segnare un -6,1 per cento, seguiti dal Triveneto, con Trentino Alto-Adige, Friuli Venezia-Giulia e Veneto in calo del 3,2 per cento. A seguire ci sono la Sicilia (-2,4 per cento), Puglia e Basilicata (-2 per cento) ed Emilia-Romagna e Toscana (-1,4 per cento). Parlando invece di produzione, secondo le prime stime la domanda di energia elettrica è stata soddisfatta da fonti nazionali per l’86,7 per cento del suo totale. Di questi, il 56,8 è di origine termoelettrica, il 16,5 idroelettrica, l’1,7 geotermica, il 4,7 per cento eolica, il 7 per cento fotovoltaica, mentre il resto, pari al 13,3 per cento del valore, viene da importazioni dall’estero.

TERMOELETTRICO SEMPRE PIÙ IN CRISI – Parlando di fonti alternative, rispetto al 2012 c’è stato un aumento nella produzione di energia verde grazie sopratutto ad un incremento del fotovoltaico, passato dal 5,6 per cento del 2012 al 7 per cento, al quale però non è corrisposto un aumento della produzione nazionale netta, arrivato a 277,4 miliardi di kWh, con una diminuzione del 3,6 per cento rispetto al 2012. Un dato spiegabile con il calo della produzione termoelettrica, crollata del 12 per cento rispetto al 2012, con i gestori che lamentano al governo un’attenzione maniacale e forse eccessiva al mondo delle energie rinnovabili che invece sono aumentate in termini di fonti di produzione.

UN CALO STRUTTURALE DELLA DOMANDA – L’idroelettrico ha visto un +21,4 per cento, il fotovoltaico un +18,9 per cento, l’eolico un +11,6 per cento ed il geotermico un +1 per cento. Come ha ricordato l’Amministratore Delegato di Terna, Flavio Cattaneo, ripreso da Alternativa Sostenibile, le rinnovabili hanno quindi registrato un peso complessivo del 30 per cento sulla produzione italiana. Il calo registrato nel 2013 però non è dettato solamente dalla crisi. Secondo le analisi di Terna, parliamo di una diminuzione della domanda di tipo strutturale. La minor produzione industriale ha portato ad una diminuzione della richiesta. L’entrata sul mercato di prodotti a miglior efficienza energetica, poi, hanno fatto il resto.

SORRIDONO EOLICO E FOTOVOLTAICO – Nel valutare le analisi relative al mese di dicembre 2013, si scopre poi che la produzione di energia dal fotovoltaico ha conosciuto una crescita esponenziale del 27,1 per cento che fa da contraltare ad un calo del 36,1 per cento rispetto a quanto prodotto dall’eolico. Il dato di dicembre certo taglia le gambe all’energia prodotta dal vento che comunque ha conosciuto un anno a dir poco soddisfacente vista la produzione di 14.886 milioni di kilowattora prodotti con una crescita dell’11,6 per cento rispetto al 2012. Il fotovoltaico è andato ancora meglio, con un balzo a 22.146 milioni di kilowattora, con una crescita del 18,9 per cento. Per quanto riguarda invece il consumo giornaliero, l’analisi dei dati ci fornisce una sorpresa.

E SE L’ITALIA ESPORTASSE CORRENTE? – Si perché nel 2013 l’energia usata per la maggiore, come anticipato, è stata quella termoelettrica. I dati però dimostrano che nel cuore della giornata vi è un’impennata del prodotto generato dagli impianti rinnovabili e verdi il cui picco coincide con il crollo della vendita di energia termoelettrica, intorno alle ore 13. Il prodotto va poi a scemare salvo ritornare a crescere di prima mattina. Un altro dato che aiuta a far riflettere sullo stato del fabbisogno energetico dell’Italia è legato al tema delle esportazioni. Il nostro Paese nel 2013 ha importato 44.331 milioni di kWh contro i 45.408 milioni dello scorso anno. Di contro c’è stata una minore esportazione, passata da 2.305 milioni di kWh a 2.178 milioni.

IL PROGETTO SALVA-TERMOELETTRICO – E su questo tema probabilmente si giocherà lo sviluppo futuro dell’energia italiana. Rispetto al 2012 è aumentata sia la produzione sia il consumo di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili. Un anno fa questo valore aveva raggiunto il 5,6 per cento mentre il termoelettrico viaggiava al 62,2 per cento. Il crollo come sappiamo ha portato i produttori di energia termoelettrica e proprietari d’impianti con cicli combinati a gas che hanno chiesto provvedimenti al governo ritenuto colpevole di aver sovvenzionato troppo le imprese il cui core-business è rappresentato dalle energie rinnovabili rendendo i loro investimenti sul medio e lungo periodo a rischio insolvenza. Qualenergia ci propone una ricerca commissionata a Poyry da Assoelettrica, Energia Concorrente e Federutility che sembra aprire nuovi ed inaspettati mercati agli imprenditori impegnati in questo settore.

IL VALORE DELLE IMPORTAZIONI – Prima di proseguire sul tema, analizziamo quello che è il fabbisogno energetico del nostro Paese. Il Nord risulta essere l’area più assetata di corrente, visti i 145,5 miliardi di kilowattora richiesti. Un valore ben più superiore di quello del centro (93,4 milioni) del meridione (47,8 milioni), della Sicilia (21,1 milioni) e della Sardegna (9,3 milioni). Per quanto riguarda gli scambi, il Nord Ovest riceve da Francia e Svizzera 12,8 milioni di kWh, la Lombardia dalla sola Svizzera 21,8 milioni di kWh, Austria e Slovenia 6,7 milioni. Di contro Emilia-Romagna e Toscana esportano in Corsica 0,12 milioni di kWh con la Sardegna che ne manda in continente 3,46 milioni di kWh. Una situazione a macchia di leopardo che potrebbe trovare una soluzione attraverso maggiori esportazioni.

IL PROGETTO EUROPEO – Nel 2009 l’Unione Europea ha dato il via al terzo pacchetto energia che prevede entro il 2017 un’interconnessione tra i paesi europei che armonizzi il mercato e faciliti l’integrazione tariffaria con un allineamento globale dei prezzi. Il nostro Pese ha già in essere progetti di interconnessione con Austria e Slovenia con gli operatori del termoelettrico italiano che potranno dare fondo alla propria potenza a beneficio del consumatore che si vedrà un taglio negli oneri in bolletta. La norma quindi aiuta i produttori del termoelettrico più di quanto non faccia il capacity payment, ovvero il pagamento di una differenza da parte dei produttori delle rinnovabili a quelli del termoelettrico per compensare la mancata produzione.

L’ACCORDO CON LA FRANCIA – Peraltro, nello studio preparato da Poyry si può vedere come il piano preveda un allineamento dei prezzi europei che arriveranno tutti a gravitare intorno alla forbice 59-60 Euro MWh, con la sola differenza di Germania ed Austria, il cui prezzo nel 2020 sarà di 56 Euro per MWh, un valore comunque più alto dell’attuale, mentre l’Italia, il Paese in cui l’energia elettrica costa di più nel vecchio Continente, potrà solo beneficiare di tale provvedimento, come dimostra il grafico in questione. Ed a dimostrazione della validità di questo concetto, Flavio Cattaneo ha comunicato la conclusione di un accordo relativo alla nascita di una struttura d’interconnessione con la Francia da iniziarsi nel 2014 per poi concludersi nel 2018.

UN FUTURO ROSEO? – L’accordo, siglato al Ministero dello Sviluppo Economico, prevede la realizzazione di nuove linee elettriche di collegamento con l’estero, in particolare al nuovo collegamento in corrente continua da 500 MW per un impegno finanziario da 400 milioni di euro stanziati da finanziatori privati che prevedono anche il raddoppio dell’elettrodotto con la Francia. Questa notizia porta ad una considerazione basilare. L’Italia potrà continuare ad investire nelle energie rinnovabili nonostante il capacity payment riservato alle società specializzate nel termoelettrico, le quali a loro volta potranno investire nei propri impianti esportando energia.

PREZZI ALLINEATI IN TUTTA EUROPA – Ciò significa che in Europa si assisterà ad una produzione sempre maggiore che porterà ad un allineamento dei prezzi in tutto il mercato. E se i francesi avrebbero di che arrabbiarsi, visto che la corrente da loro nel 2012 costava 48 Euro al MWh ed arriverà a 59 euro nel 2020 gli italiani avrebbero tutto da guadagnarci, a causa del passaggio da 73 a 59 euro. Le aziende che avranno prodotto investimenti potranno sfogare la propria potenza di fuoco attraverso allacciamenti con altri Paesi vicini sfruttando comunque le quote d’importazione attualmente in vigore investendo ancora di più nelle rinnovabili. E pensare che fino a poco tempo fa c’è chi insisteva sulla necessità del nucleare per rendere indipendente questo Paese.

NUCLEARE, PERCHÉ? – La proposta ha dimostrato di non tenere conto di quello che sarebbe successo da lì a pochissimi anni, con il rischio concreto che la nostra bilancia energetica potesse essere appesantita da un investimento oggi inutile che si sarebbe trascinato, come sostenevano le cronache dell’epoca, per almeno un ventennio. Oggi il 30 per cento dell’energia italiana è verde e dati alla mano, visto anche il progresso registrato nell’ultimo anno, questa percentuale è destinata ad aumentare, mentre il termoelettrico potrà essere usato per le esportazioni in risposta al terzo pacchetto energia i cui codici di rete vincolanti verranno definiti a partire dal 2017. (Photocredit Lapresse / Terna / Poyry)