Il calo infinito dei consumi in Italia

Categorie: Economia

Dal 2007 ad oggi in Italia si sono persi 80 miliardi di euro a causa della continua contrazione del potere d'acquisto dei cittadini che a causa della crisi e della mancanza di fiducia nel futuro si sono trovati costretti a tagliare sulle spese quotidiane sacrificando il cibo, i vestiti e le spese per la mobilità

Uno dei ritornelli di questo periodo è legato all’arrivo in busta paga per dieci milioni d’italiani di 80 euro al mese. Una proposta, secondo Matteo Renzi, necessaria per rilanciare i consumi e muovere il mercato interno, ormai eroso dalla crisi. Una proposta sensata ma che addirittura appare insufficiente se confrontata con lo stato reale dell’economia nostrana.



IL CALO SENZA FINE DEI CONSUMI – Si, perché dati alla mano nel nostro Paese i consumi continuano inesorabilmente a calare. Corrado Passera ieri negli studi di Servizio Pubblico aveva parlato dell’esistenza di 30 milioni d’italiani che hanno paura del futuro. E tale timore si riverbera nel mercato interno, con i cittadini che scelgono di tagliare le spese secondarie o di rimodulare quelle primarie. Il risultato è che dall’inizio della crisi ad oggi i consumi alimentari sono calati del 17 per cento. Questo dato, diffuso dal Codacons, indica come dal 2007 ad oggi si siano persi oltre 80 miliardi di euro anche a causa del raddoppio dei prezzi causato dall’Euro, dall’aumento delle tariffe locali e dalla mancata crescita degli stipendi.



AI LIVELLI DEL 1981 – Per questo si è assistito ad un calo dei consumi alimentari in quantità. Dal 2007 ad oggi, anno per anno, questi sono diminuiti rispettivamente dell”1,4, del 3,3, del 3,1, dello 0,7, dell’1,8, del 3, del 3,8 per cento. E nel 2014 le cose non andranno meglio visto che nel mese di febbraio, su base tendenziale, si è registrato un altro calo dell’1,4 per cento. Tale dato è stato confermato da Coldiretti che anzi, ritiene che la situazione attuale sia anche peggiore di quanto illustrato dal Codacons. Dai dati ripresi dall’Agi, emerge che a livello di potere d’acquisto gli italiani sono tornati al 1981. Non solo, la situazione ha portato le famiglie ad operare una spending review simile a quella del commissario Cottarelli, con effetti nefasti per tutto il mercato interno.

SI SPENDE PER IL CIBO COME NEL 1981 – Nel 2013 ogni italiano ha speso per cibo e bevande qualcosa come 1683 euro. In un anno. E solo nel 1981 si sono toccati certi livelli. Le famiglie hanno tagliato sul pesce fresco, diminuito del 20 per cento, sulla pasta, calata del 9 per cento, sul latte, tagliato dell’8 per cento, sull’olio extravergine, ridotto del 6 per cento, sull’ortofrutta con un meno tre per cento e sulla carne, ridottasi del due per cento. In calo anche merendine e gelati, rispettivamente del 3 e del 7 per cento. E lo studio degli andamenti della spesa dimostra come ci sia una crescita nell’acquisto di materie prime come per quanto riguarda le uova (+2 per cento), preparati per dolci (+6 per cento) la farina (+7 per cento), il miele (+12 per cento).



33 ANNI PER RIPRENDERSI – Questi dati sono ulteriormente arricchiti da un’analisi di Confcommercio secondo cui gli 80 miliardi di euro persi in questi sette anni rischiano di essere recuperati in 33. L’indicatore dei consumi dell’associazione ha registrato nel mese di febbraio un calo dello 0,7 per cento in termini tendenziali con una variazione nulla rispetto a gennaio. Ciò significa che siamo in una fase di stabilizzazione ma che, in assenza di miglioramenti dal punto di vista occupazionale e del reddito, non riesce a trasformarsi in una ripresa economica. Relativamente a febbraio la dinamica tendenziale riflette un calo della domanda relativa ai servizi dell’1 per cento mentre per i beni il calo è dello 0,6 per cento. Di contro, crescono le spese a favore delle comunicazioni e della mobilità, con una crescita rispettiva del 4,3 e dell’1,4 per cento.

I PERICOLI PER L’IVA – Crescono anche le spese per beni e servizi ricreativi, specificatamente dello 0,4 per cento. Un dato in controtendenza rispetto al calo registrato per alberghi e consumazioni fuori casa, (-2,1%) e per l’acquisto di beni e servizi per la casa (-1,9%). Secondo Federconsumatoei e Adusbef i dati identificano un tracollo che richiede interventi urgenti in ambito economico. E tali interventi sarebbero necessari perché al di là della paralisi del mercato interno, con meno acquisti lo Stato ottiene meno tasse dall’Iva. Ed a questo punto l’aumento dal 20 al 22 per cento sarebbe ammortizzato da una diminuzione dei consumi. E questo è ciò che ha detto Matteo Renzi, intervistato da Ballarò, ovvero che gli 80 euro in busta paga verrebbero spesi subito e lo Stato ne recupererebbe un quarto solo con l’Iva.

IN CALO ANCHE LA VENDITA DELLA BENZINA – Ma al di là dei proclami è necessario vedere un cambiamento reale perché la situazione sta precipitando. Lo dimostra anche il calo registrato nel consumo di carburante. Help Consumatori riporta un’analisi dell’associazione Codici secondo cui dall’inizio dell’anno i consumi sono diminuiti dell’1 per cento. Ciò significa che si sono risparmiati 48.000 tonnellate di carburante grazie alla decisione degli italiani di lasciare ferma l’auto e di muoversi a piedi. E 48 mila tonnellate di carburante sono milioni di euro in meno nelle casse dello Stato. Ma gli italiani non hanno di che pagare la benzina e questo giustifica la ferma delle autovetture. Perché la macchina non è più un oggetto di svago ma una necessità che viene sfruttata il meno possibile.

PREZZI DELLE CASE IN CALO – E questo dato si accoda a quello registrato da Concommercio che ha rilevato un calo dei consumi anche nei trasporti, con un -23 per cento. Da notare poi come siano diminuiti anche gli acquisti di vestiti e capi d’abbigliamento (-17%) oltre che di mobili ed elettrodomestici (-14%). Ed il calo della domanda ha portato anche ad una diminuzione dei prezzi delle case, rilevato dall’Istat. Nel 2013 i prezzi delle abitazioni sono calati del 5,6 per cento, un dato ben più grave del calo segnato nel 2012. Secondo l’istituto nazionale di statistica la diminuzione è imputabile al calo dei prezzi delle nuove abitazioni del 2,4 per cento, seguito al 2,2 del 2012, e del 7,1 per cento di quelle esistenti, dopo il 4,9 per cento dell’anno precedente. Dal canto suo l’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate ha registrato nel 2013 una flessione del 9,2 per cento del numero delle compravendite, che si aggiunge al -25,8 per cento del 2012.

UNA FLEBILE SPERANZA – Nel 2011 a Bruxelles un ex presidente del Consiglio definì la crisi una bugia perché in Italia, all’epoca, i ristoranti erano sempre pieni e si faceva fatica a prenotare un aereo. Questi dati smentiscono in pieno quella che fu un’affermazione che lasciò di sale in molti, nel nostro Paese ed in Europa. Secondo Confcommercio se andiamo avanti di questo passo il ritorno al periodo pre-crisi potrebbe arrivare addirittura nel 2046. Ovvero tra almeno due generazioni. Un dato addirittura drammatico. Ma c’è possibilità di sperare, almeno secondo il centro studi dell’associazione che, che attraverso il suo indicatore di consumi, l’Icc, ha confermato l’avvio della fase di stabilizzazione.

LA TIMIDA CRESCITA DELLE IMPRESE – Prosegue contestualmente anche il miglioramento della fiducia delle imprese. Secondo Confindustria nell’ultimo mese la produzione industriale ha segnato un aumento dello 0,5 per cento rispetto a febbraio. I dati sugli ordini, oltretutto, registrano un miglioramento dello stesso valore sempre rispetto al mese scorso. Inoltre è stato rilevato un recupero nel clima di fiducia da parte delle famiglie che se da un lato non percepiscono miglioramenti nella loro situazione personale, dall’altro sembrano nutrire speranze sul futuro, grazie alla contenuta evoluzione dei prezzi ed alle prospettive di riduzione del carico fiscale. E qui torniamo agli 80 euro al mese promessi dall’esecutivo Renzi ai dipendenti detentori di busta paga. Ed a proposito di prezzi, è importante rilevare come questi siano scesi grazie ad un calo dell’inflazione.

INFLAZIONE GIÙ – Siamo arrivati allo 0,4 per cento. Parliamo di un dato importante che, ricorda il Codacons, dipende in larga parte dalla diminuzione dei consumi. Questo però ha portato ad un calo nei prezzi, come avvenuto per gli oggetti tecnologici e le sigarette. Diminuisce la domanda ed ecco che cala anche il prezzo. Una legge di mercato chiara ma che ha dei risvolti a dir poco interessanti, come nel caso delle sigarette il cui prezzo è calato per la prima volta dopo 12 anni. Ed a proposito di cali, è necessario ricordare anche il crollo del gas, sceso del 23,7 per cento. Ma in questo caso il valore va interpretato perché se è vero che da un lato questo dato dipende dalla crisi economica, dall’altro il peso delle energie rinnovabili ed un inverno più caldo della media hanno contribuito ad alleviare la bolletta. E quantomeno non si è assistito

SEMPRE MENO LAVORO – Quindi l’Italia è in crisi, i consumi diminuiscono, la gente mangia meno, spende meno soldi per vestirsi, lascia le auto parcheggiate in strada. Ma c’è un clima di fiducia latente che ha bisogno solo di una miccia per essere innescato. E questa miccia si chiama lavoro. E per questo forse si dovrà aspettare ancora. A causa della debolezza del settore produttivo e delle incertezze rilevate, nel febbraio 2014 si sono persi 39.000 posti di lavoro, con un calo di 365 mila unità rispetto ad un anno fa. Nello stesso mese i disoccupati sono aumentati di ottomila unità, con una crescita di 272.000 rispetto allo scorso anno. E dal febbraio 2007 ad oggi il rapporto tra disoccupati e forza lavoro è passato dal 5,9 per cento al 13, con un milione ed 850 mila disoccupati n più.

SERVE UNA RIFORMA DI SISTEMA – Ciò significa che la mancanza di lavoro e di fiducia nel futuro porta gli italiani a consumare meno. Ma questo impoverisce il Paese perché con meno lavoro e meno beni venduti si perdono altri posti di lavoro. E si da vita ad un circolo vizioso che, nel nostro caso, si trascina ormai da 2007. La proposta di Matteo Renzi è sicuramente un primo passo ma non basta ancora. Secondo le stime riprese da Consumerismo servirebbero altri 100 euro per rilanciare davvero i consumi. E per arrivare a questo bisogna che ci sia la convinzione di praticare una seria riforma fiscale. O almeno ad un’inversione di tendenza nel mercato del lavoro. O più semplicemente che si possa nuovamente garantire l’accesso al credito per far ripartire il Paese nella sua interezza.