Il Gambia e il Commonwealth: quando il colonialismo è una scusa

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Il presidente sceglie l'isolazionismo contro la pretesa di chi gli vorrebbe imporre il rispetto dei diritti umani. Yahya Jammeh è razzista e omofobo. E allontanarsi dagli inglesi favorirà la sua dittatura

Yahya A.J.J. Jammeh ha annunciato che il Gambia lascia il Commowealth britannico perché «non sarò mai membro di un’istituzione neo-coloniale e non sarà mai parte di alcuna istituzione che rappresenti un’estensione del colonialismo.»



VENT’ANNI AL POTERE – Ha avuto tempo tempo di pensarci una ventina d’anni, Jammeh infatti prese il potere con un golpe nel 1994 e da allora non lo ha più spostato nessuno, ma prima dell’altro ieri non aveva mai dato segni di covare una decisione del genere. La lunga permanenza al potere però non deve aver giovato al suo equilibrio, descritto da molti come un paranoico, ultimamente sembra aver scelto la strada dello scontro frontale con il resto del mondo, anche se in teoria non ce ne sarebbe alcun bisogno, quasi la reazionecrescente a un fastidio più che una mossa meditata.



UNA PIATTAFORMA PER IL COMMERCIO DI SCHIAVI – Il Gambia è nel Commonwealth per colpa dei portoghesi, che costruirono una prima base alla foce del fiume a metà del millecinquecento e che poi vendettero l’esclusiva dei commerci sul Gambia ai mercanti inglesi, come se fosse roba loro. Gli inglesi da allora non hanno mai mollato la proprietà, nemmeno quando i francesi s’impadronirono del territorio dell’attuale Senegal, tutto attorno. Il paese è infatti una strischia lunga circa 320 chilometri larga 48 nel suo punto più largo, una striscia di terreno che risale il corso del Gambia fino a che il fiume non incontra il confine orientale del paese,. Una striscia di terreno che contiene meno di due milioni di abitanti e che ha per capitale Banjul, una minuscola cittadina da 30.000 abitanti là dove c’era la prima colonia portoghese, circondata da una “area metropolitana dove che ne stanno circa dieci volte tanto. Stabiliti definitivamente i confini con i francesi nel 1889 il territorio diventerà il Gambia Britannico (British Gambia), si doterà di un consiglio locale nel 1901 e nel 1906 abolirà formalmente la schiavitù. Da Banjul sono partite almeno tre milioni di persone, condotte come schiavi nelle colonie americane durante il periodo della tratta, la sua posizione sulla costa occidentale dell’Africa ne fece uno dei poli logistici del traffico, ma all’epoca la tratta era già tramontata da tempo. L’abolizione per legge della schiavitù fu siglata in Gran Bretagna nel 1906 con il Slave Trade Act del 1807, un secolo prima, e per buona parte di quel secolo Londra mantenne in zona una robusta forza navale per stroncare il traffico che prosperava comunque. In Gambia i britannici liberarono molti degli schiavi recuperati a bordo delle navi intercettate in atlantico dal West Africa Squadron, questo il nome di un gruppo navale che all’apice della sua attività arrivò a dispiegare un sesto della della marina britannica allo scopo. Uno sforzo notevole che dal 1808 al 1860 porterà alla liberazione di oltre 150.000 schiavi e alla cattura di 1.600 navi negriere, anche se non dedicato esclusivamente alla repressione del traffico, che comunque aveva anche il senso di costringere la concorrenza coloniale a non approfittare della rinuncia britannica al business e di essere allo stesso tempo un ottimo sistema per legittimare il sequestro di centinaia di navi che andranno a rafforzare la potenza navale britannica.

DUE SOLI LEADER DALL’INDIPENDENZA A OGGI – Come leali sudditi di sua Maestà gli abitanti del Gambia contribuirono allo sforzo bellico durante la Seconda Guerra Mondiale contribuendo con l’invio di sei (6) soldati, finiti per lo più a combattere i giapponesi in Birmaniae infine ottenendo l’indipendenza negli anni ’60 e divenendo una repubblica associata al Commonwealth nel 1970. Da allora la storia del paese è riassumibile con semplicità, perché ai cinque mandati consecutivi di Dawda Kairaba Jawara seguirà un golpe nel 1994 e da allora il paese è governato da Yahya Jammeh. Solo all’epoca di Jawara si è registrato l’unico tentativo di risolvere l’anomalia rappresentata dall’esistenza stessa del paese che sìincunea nel territorio senegalese, quando nel 1982 i due paesi firmarono un trattatato di federazione che doveva portare alla formazione della Confederazione del Senegambia. Poi a Jawara, che nel 1981 aveva subito un tentativo di golpe dal quale si era salvato solo grazie all’intervento delle truppe senegalesi, ci ha ripensato e nel 1989 ha ritirato il paese dal progetto federale. Così nel 1994 arriva al potere un giovanissimo Jammeh, all’epoca capo della polizia ad appena 29 anni.



CONSOLIDAMENTO DEL POTERE E DELIRIO – Nel 1996 Jammeh vince le sue prime elezioni, nel 2006, non proprio elezioni regolari a detta degli osservatori. Si ripete con il 53% dei consensi in elezioni truccate solo un po’, ma poi ha ottenuto il 67.3% nel 2006 e il 72% nel 2011, percentuali che vanno di pari passo con l’implementazione di quello che molti descrivono un regime del terrore, tanto che le elezioni del 2011 non saranno riconosciute nemmeno dall’Economic Community of West African States (Ecowas), evento per nulla frequente. Nel 2012 Jammeh pone le radici della crisi attuale, ordinando l’esecuzione di tutti i 47 condannati a morte detenuti nel paese e facendo eseguire le condannne mentre ONU, organizzazioni umanitarie e altri paesi lo pregano di soprassedere e di mantenere la moratoria sulla pena di morte in vigore fino ad allora. Le malelingue dicono che la colpa di tutto sia di un veggente locale, che gli avrebbe predetto un golpe in arrivo, ma di certo nessuno è riuscito a trovare una spiegazione razionale a questo improvviso exploit e lui non ha dato spiegazioni, così come non ha dato molte spiegazioni e proposito dell’abbandono del Commonwealth.

QUEI DIAVOLI OMOSESSUALI – Jammeh non la prende bene e prende ancora meno bene il conseguente taglio dei contributi UE, le ricorrenti accuse di corruzione e la «pretesa d’imporci il rispetto della religione dei diritti umani» da parte dei paesi occidentali e del Commonwealth in particolare. Da allora il tono del confronto con l’Occidente si farà sempre più aspro, culminando con uno show all’ONU nel quale espone la sua teoria sull’omosessualità, spiegando che: «L’attrazione omosessuale è una delle tre maggiori minacce per l’esistenza dell’umanità», le altre due sarebbero l’avidità e l’ossessione per il potere. Secondo Jammeh l’omosessualità sarebbe inoltre promossa come diritto umano da potenze malvage, anti umane e anti-Allah per mettere fine all’esistenza umana.»

UN TIPO UN PO’ COSÌ – Ai rettiliani non ci è ancora arrivato, ma in compenso ha stabilito che i malati di HIV devono essere curati con frizioni di erbe e banane e non con i farmaci, opinione in fondo coerente con il considerare l’omosessualità un’attivita anti-umana in quanto satanica, al punto da minacciare anche gli omosessuali che volessero visitare il paese di gravi conseguenze. Il presidente ha il dovere di difendere i paese dagli attacchi di Satana o del big complotto che sia e Jammeh non si tira certo indietro, come non si tira indietro quando ci sono da torturare gli oppositori, anche perché dice che il Corano dice che si può. Il corano non dice nulla sulla tortura e la repressione dei giornalisti, ma in questo caso Jammeh preferisce far finta di niente e darsi da fare in silenzio, secondo RSF il Gambia è un posto da incubo per quelli che non lo lodano, figurarsi per i critici.

SULLE ORME DI MUGABE – Un vero leader pronto a tutto per difendere il suo paese dai diavoli stranieri, e poi è anche generoso, come ha scritto qualcuno sulla voce Wikipedia a lui dedicata. Solo nel 2012 ha donato 2.563.138 $ alla National Youths Conference and Festival (NAYCONF) e un “camion di tacchini” alla Gambia Christian Council for delivery to the Christian community, che non si dica che discrimina i cristiani. Dati molto precisi, ma c’è da scommettere che se qualcuno chiedesse come ha fatto a mettere insieme quei due milioni e mezzo di dollari con lo stipendio da presidente, non apprezzerebbe la curiosità e avrebbe qualche difficoltà a rispondere. Uscendo dal Commonwealth Jammeh si libera della pressione di molti critici e denuncia gli associati al Commonwealth come allineati a un disegno coloniale al quale si ribella in nome della difesa del paese della piaga diabolica dei diritti umani. L’unico ad averlo preceduto su questa strada è stato Robert Mugabe, che ha dissociato lo Zimbabwe da Londra e dalle sue ex colonie nel 2003, senza trarne all’apparenza grandi vantaggi. Difficilmente Jammeh riuscirà a far di meglio di Mugabe e non solo perché non ha neppure la statura di , tanto più che la sua iniziativa difficilmente resterà senza una risposta di Londra, che quando vede lesi i suoi interessi sa essere assai più drastica di quando s’atteggia ad avvocato dei diritti umani.