Il lento declino del trasporto ferroviario merci
23/10/2013 di Maghdi Abo Abia
Il trasporto ferroviario delle merci in Italia è in crisi. Nonostante da anni si faccia un gran parlare della necessità d’incentivare la produzione di collegamenti ferroviari ad alta capacità in grado di agevolare il trasporto di materie primi o prodotti finiti su rotaia anziché su gomma, i numeri parlano di un progressivo disimpegno tamponato dall’attività delle aziende private che cercano in tutti i modi di arginare la crisi del settore.
IL FORUM «MERCINTRENO» – Nei giorni 1 e 2 ottobre è andato in scena a Roma «Mercintreno» il Forum organizzato da Federmobilità che mira a fare il punto sulla situazione complessiva del settore. I risultati sono sconfortanti. Secondo il viceministro delle infrastrutture Vincenzo De Luca, il settore delle merci risulta decisivo in un progetto di rilancio dell’economia del Paese, anche se ha dovuto riconoscere che non è stato fatto molto a livello istituzionale per coordinare e permettere il rilancio del settore. Anzi. Nel 2011 Milano Finanza, ripreso da Ship2Shore, parlava di uno smembramento di Trenitalia Cargo, con una separazione delle attività redditizie dalle attività di rango inferiore che sarebbero state risolte solo attraverso la contribuzione pubblica per il servizio universale, che come vedremo più avanti ammonta a 230 milioni di euro l’anno.
IL RUOLO DEL TAGLIO DELL’IMU – Soldi freschi ed importanti che aiutano il settore (o almeno, Trenitalia Cargo) ad andare avanti. A dimostrarlo le parole del viceministro che ha riconosciuto come «abbiamo tutt’ora un 25% in più dei costi del trasporto su ferro rispetto alla gomma e il taglio degli ultimi mesi di 300 milioni di euro destinati al traffico ferroviario dovuto alla manovra per cancellare l’Imu, sacrifica il futuro dell’Italia». Quindi il taglio dell’Imu ha colpito anche il trasporto merci. De Luca ha poi ricordato che il potere di mercato dei porti italiani sta lentamente scemando a causa della mancanza d’infrastrutture in grado di sostenere la domanda ed il trasporto delle merci. La soluzione passerebbe quindi da un rinnovamento della aree retroportuali.
40 PER CENTO DI TRAFFICO IN MENO – La colpa è però anche della burocrazia. Continua De Luca: «esistono troppe autorità competenti, viviamo in un Paese dove la realizzazione di un’opera pubblica diventa un calvario. C’è un’eccessiva frantumazione istituzionale e di competenze che aumenta le difficoltà. L’Italia è un Paese dove vige il parassitismo e c’è un’ inerzia di lussi che non possiamo più permetterci. Siamo a punto limiti per reti portuali, aeroportuali, ferroviari e rischiamo di uscire fuori mercato». Con il risultato che l’Italia ha perso il 40 per cento delle quote di traffico tra il 2008 ed il 2012. Ma certo non è tutta colpa sua. Anche l’Europa in un certo senso ha agevolato tale situazione. Perché un conto è non avere la struttura, un altro è doversi trovare ad affrontare difficoltà logistiche insormontabili, oltre che incomprensibili.
UNA BABELE EUROPEA – Aldo Maietta, responsabile Sviluppo Business di Cargo Trenitalia, se la prende con le regole europee che prevedono un’incentivazione per la sostituzione degli impianti frenanti con altri più silenziosi, regole che potrebbero mettere fuori gioco le aziende italiane, se private di un efficace sostegno normativo che agevoli tali sostituzioni. Mentre per Mauro Pessano, amministratore delegato di Captrain Italia Srl, il problema è sopratutto infrastrutturale: «Il fatto che esistano cinque tensioni differenti, otto catenarie differenti, 25 sistemi Atp e 4 scartamenti nell’Unione Europea non aiuta lo sviluppo del sistema ferroviario». Pessano, ripreso da Ferpress, continua sciorinando numeri che confermano come la scarsa attitudine all’adeguamento da parte del sistema paese sta portando l’Italia ad arretrare dal punto di vista del mercato.
L’IMPEGNO DI RFI – Dal 2008 al 2012 i volumi del traffico ferroviario merci sono diminuiti del 40 per cento ed oggi il trasporto ferroviario in Italia rappresenta solo il sei per cento del mercato merci, mentre in Europa la media si attesta al 12 per cento e raggiunge il 15-17 per cento in Francia e Germania. Fuori mercato la Svizzera che, come vedremo, viaggia intorno al 60 per cento. E per approfondire la questione burocratica lanciata da De Luca, Pessano ricorda che solo le Asl locali a giudicare se un treno può essere guidato da un solo agente, anche se le normative in questione sono state approvate dall’agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria. Intoppi su intoppi che limitano quindi la competitività delle nostre aziende. Tuttavia Pessano riconosce l’impegno di Reti Ferroviarie Italiane che provvede a modernizzare le linee nel tentativo d’incentivare il trasporto su rotaia.
LE MODIFICHE SULLA TRIESTE-MILANO – Sul tema Trasporti Italia ci spiega che la stessa Rfi il 2 ottobre scorso ha concluso i lavori dell’autostrada viaggiante Trieste-Milano con l’adeguamento strutturale sulla sagoma delle gallerie dell’ultimo tratto, quindi tra Brescia e Milano. Ora potranno viaggiare carri semirimorchi con larghezza fino a due metri e cinquanta ed altezza fino a quattro metri e dieci, aprendo la strada ai treni con semirimorchi, casse mobili e container high cube. Ogni treno, secondo Rfi, libererà la rete stradale da circa 10.000 camion trasferendo da asfalto a ferro oltre 250.000 tonnellate di merce e riducendo le emissioni di CO2 di circa 6.000 tonnellate. Numeri importanti che permetterebbero il rilancio del trasporto su rotaia. Eppure questo anziché crescere, diminuisce. Perché?
L’ANALISI EURISPES – Eurispes ci spiega che nonostante in Italia nei primi anni 2000 si sia investito con convinzione sulle reti ferroviarie, con un totale di 10.175 miliardi di euro nel decennio 1995-2005, è l’egemonia del trasporto su gomma a frenare la crescita del nostro Paese. I costi di quest’ultimo sono elevati, la consegna dipende dal tempo e dalle condizioni stradali ed ha un impatto sull’ambiente elevatissimo. Eppure gli investimenti strutturali negli ultimi 60 anni hanno spinto verso camion ed autoarticolati. Eurispes propone poi uno studio di Fercargo che dimostra come un treno merci europeo, per ogni tonnellata di carico, emetta nell’atmosfera 39 grammi di Co2. Un mezzo pesante Euro5 invece ne butta 81. Inoltre un treno merci equivale a 40 tir.
UNA POLITICA INSENSIBILE – Eppure il traffico continua a scemare. Nel 2007 venivano prodotti in Italia 70 milioni di treni al chilometro, oggi invece il settore conta 42 milioni di treni-km. Ed ecco tornare la diminuzione del 40 per cento. Secondo Carlo Tosti, Direttore dell’Osservatorio Eurispes sulla Mobilità e i Trasporti «Il vistoso calo non è imputabile solo alla crisi economica, sicuramente rilevante, ma si deve considerare la totale assenza di qualsiasi politica di sostegno ad un comparto che in tutto il mondo è ritenuto fondamentale per la logistica e il trasporto delle merci». Finora invece la politica ha dato vita all’Authority dei trasporti o nulla più. O meglio, qualcosa è stato fatto, ma ad appannaggio di un unico soggetto.