I martiri sauditi che criticano la monarchia su YouTube

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Alcuni sauditi manifestano liberamente il loro pensiero sulla dinastia ladrona usando YouTube e finiscono in galera, ma non finisce lì

Un’ondata di proteste senza precedenti su YouTube, cittadini comuni «ci mettono la faccia» e mostrano i documenti in video criticando duramente la tirannia saudita. Finiscono tutti in galera, ma la protesta non si ferma.



TUTTI SU TWITTER – In settimana è sbarcato su Twitter Khaled Al Tuwaijri, capo della corte saudita e segretario privato del re. Aveva aperto l’account molto tempo fa, ma era rimasto inattivo fino a che  qualche giorno fa non ha cominciato e retwittare timidamente, tanto è bastato per farlo arrivare a oltre 400.000 follower in pochi giorni. Secondo uno studio recente più del 32% dei sauditi possiede un account Twitter, è in assoluto il paese del mondo nel quale è maggiore la penetrazione del social network di San Francisco. E su Twitter i sauditi comunicano, anche se con estrema prudenza, ma soprattutto leggono e ascoltano, perché esprimersi resta terribilmente pericoloso, ci sono sauditi che han preso anni di galera, e finanche l’ergastolo per qualche parola fuori posto e per giunta di solito pronunciata comunque con deferenza verso la monarchia e la divinità locale, che è un attimo passare per blasfemi agli occhi dei pretoni wahabiti e prendere frustate, ancora peggio alzare la voce contro i Saud, che puntualmente incarcerano chiunque si faccia latore di petizioni democratizzanti, online come attraverso più tradizionali lettere o interviste. Un comportamento che s’estende anche ai familiari ribelli, come ha denunciato una principessa divorziata rendendo noto che le quattro figlie, sue e del re, sono in pratica prigioniere da più di un decennio in un edificio perché giudicate troppo libere e occidentalizzate,



DA YOUTUBE ALL’IMPROVVISO – Per questo assume un’eccezionale rilevanza la sequenza di video che dal 24 marzo scorso sono apparsi su YouTube, nei quali stanti le cose come stanno in Arabia Saudita si può ben dire che i protagonisti si siano offerti al martirio pur di denunciare la tirannia e la corruzione dei Saud, arrivando ad accusarli di aver sciacallato e piegato alle proprie esigenze anche la religione e la parola del Profeta. A bucare per primo la diga dell’autocensura dei sauditi è stato il giovane Abd Al-Aziz Muhammad Al-Dusari, che in un video dal titolo «un messaggio al re» ha detto chiaro e tondo che lui e molti altri come lui vivono male perché i Saud rubano e pesano sul bilancio dello stato:

«La pace, misericordia e benedizione di Allah siano su di voi. Sono un cittadino saudita. Ricevo solo 1.900 ryal (n.d.r. circa 500 dollari, al mese). Ti chiedo in nome di Dio, o Abdullah bin Abdul Aziz, questa cifra basta per la dote, l’auto o la casa? Ne abbiamo abbastanza. E tu non fai altro che condannare quelli che fanno attentati e condanni questo e quello. Dacci la nostra parte del petrolio, che tieni per godertelo con i tuoi figli. Qui c’è il mio nome, Abdul Aziz Muhammad Fahd Al-Dusari. Dacci quello che è nostro di diritto.»



E DUE… – Una rivendicazione economica, magari poco urbana e il povero Al-Dusary è stato arrestato immediatamente e accusato di incitamento, sedizione e ribellione al re. In Arabia Saudita si viene mandati a morte per molto meno. L’arresto però è servito relativamente,  un altro saudita di nome Abdullah Al-Ghamdi ha pubblicato un video esprimendo solidarietà per l’arrestato e invitando i sauditi a fare altrettanto pubblicando altri video, in più Al-Ghamdi ha criticato la corruzione nel regno, che fa prosperare alcuni e affama la maggioranza.  Anche lui ha mostrato la sua carta d’identità e anche lui è stato lestamente arrestato.

E TRE – Non c’è due senza tre, ed ecco allora Saud Al-Harbi offrire solidarietà ai due arrestati e avvertire che a far così la dinamica potrebbe spostarsi dalla rete alle strade. Poi ha criticato questa sordità dei Saud alle critiche facendo presente che dialogano con tutti, compresi ebrei e americani, ma non hanno mai dialogato con il loro popolo. Inutile dire che ha raggiunto in fretta in galera chi lo aveva preceduto in questa specie di auto-immolazione che in altri paesi passerebbe altrimenti inosservata. Identiche accuse per tutti e tre.

 

NON SI FERMA – E da qui le cose per i Saud sono andate peggiorando, perché alla notizia degli arresti Twitter si è acceso di discussioni ed è spuntato addirittura un riferimento a una «rivoluzione delle carte d’identità», roba da esecuzione sul posto, mentre i video hanno continuato ad apparire, con Abul Rahman Al-Asiri che ha solidarizzato con gli arrestati, che secondo lui hanno solo chiesto il rispetto dei loro diritti e ci è andato pesante:

«Ho visto dei video clip di alcuni giovani rispettabili e gentili del nostro paese, Al-Dusari, Al-Ghamdi and Al-Harbi. Chiedevano il rispetto dei loro diritti, dei loro diritti fondamentali. Il giorno dopo sono stati imprigionati. Il probelma siete voi al Saud. Voi cercate deliberatamente d’umiliare e impoverire le persone. Il povero al Dusari dice «il mio salario è di 1.900», per Allah, non basterebbe a pagare una cena dei vostri figli. Il giorno dopo abbiamo visto uno dei principi, uno dei vostri figli, che ha comprato un’auto placcata in oro. Il problema siete voi Saud. Avete rubato tutto. Avete rubato il nostro nome e il nostro paese e ci avete annessi, In base a che diritto lo avete fatto? Avete rubato persino l’Islam. È diventato l’islam saudita, che appartiene ad Al-Fawzan, ad Al Al-Sheikh e a voi. Lo avete persino distorto. Avete tubato il Profeta, che è diventato saudita. Come per il petrolio, invece di distribuirlo e dare al popolo, avete perseguito una politica d’umiliazione e impoverimento del popolo. E anche quando e se avete distribuito il petrolio lo avete dato ai nemici della Ummah, al Sisi e ai cristiani del Libano, che guardano dall’alto in basso gli arabi e li considerano spazzatura. Il problema siete voi. Voi avete rubato tutto. Ciò è illegali, ciò è ingiusto…E quando protestiamo ci imprigionate o ci dite di lasciare il paese. Questo paese non è solo vostro. No. Le persone chiedono i loro diritti. Vogliamo libertà. Vogliamo quello che è giusto per il nostro paese. Yemen, Tunisia e gli altri sono alla seconda repubblica. L’Arabia Saudita entrerà nella prima repubblica se non vi muoverete e non userete la ragione. E a beneficio della polizia segreta, perché conosco le loro tattiche, ecco (la cartà d’identità. Abdul Rahman Ali Ahmad Ghraib Al-Asiri. La pace, misericordia e benedizione di Allah siano su di voi»

LA REPUBBLICA PROPRIO NO – Probabilmente per i Saud non esiste parola più nefasta di «repubblica» e anche Al-Asiri ha finito per portare di persona la sua solidarietà agli incarcerati, ma nemmeno questo arresto ha fermato lo stillicidio. Ecco allora il fratello di Ali Salih Al-Amri, condannato a 3 anni di carcere e detenuto da 12 senza spiegazioni e senza che gli appelli della famiglia a chiunque potesse interessarsi del caso abbiano sortito effetto. Il fratello informa anzi che presto il congiunto sarà incriminato, devono giustificare retroattivamente quei 9 anni di carcere oltre la sentenza e magari trovare il pretesto per tenerlo qualche anno di più, lo stato di diritto i Saud non sanno nemmeno cosa sia, la legge sono loro. E suo fratello dice che non ha pubblicato il video per chiedere grazia ancora una volta, ma solo per denunciare una situazione «conosciuta da molti». Poi è stata la volta di Mu’adh bin Sulaiman Al-Juhani, anche lui a minacciare gravi conseguenze se quei ladri dei Saud non apriranno i cordoni della borsa, poi è venuto il lungo messaggio di Muhammad Mut’ib Abdullah Al-Shammari che se l’è presa anche con gli ulema e i lacchè della monarchia e probabilmente la sfilata è destinata a continuare, perché ogni nuovo video suscita palpabili ondate d’indignazione e solidarietà verso gli arrestati e finora si sono susseguiti con discreta regolarità.

Il principe Abdul Aziz bin Talal bin Abdul Aziz al Saud e la principessa Sora Bint Saud Bin Sa’Ad Al Saud fanno beneficenza negli Stati Uniti

IN QUALCHE MODO DOVRANNO PAGARE – I Saud hanno le solite opzioni, possono mandare tutti a morte o condannarli a pene detentive pesantissime o possono «perdonarli» e coprirli di soldi (difficile) se si piegheranno e chiederanno perdono , nessuna delle quali pare adatta e risolvere il problema della richiesta di libertà e di soldi comune a quasi tutti i sauditi. Fossero solo i soldi sarebbero un problema lo stesso, perché i Saud stanno sprecando miliardi di dollari inseguendo i loro disegni strategici all’estero e dirottarne buona parte verso l’interno per sedare almeno chi protesta perché non ce la fa ad arrivare alla fine del mese, inciderebbe sicuramente sulla capacità dei Saud di «convincere» e trovare alleati all’estero. Pagare il il conto del riarmo dei libanesi che spenderanno in Francia, finanziare il golpe e le spese correnti in Egitto, il programma nucleare in Pakistan, una guerra ultradecennale in Yemen e poi ancora la guerra in Siria, le forze reazionarie in Libia e Tunisia oltre a varie ed eventuali non è cosa da poco nemmeno per le floride finanze dei Saud. Per non dire del danno all’immagine di una monarchia feudale che continua ad essere tra i migliori alleati di quelli che spargono la democrazia e si dimenticano della sorte dei loro sudditi, vittime di una vera e propria tirannia di stampo medioevale.

LO SPECCHIO SI È ROTTO – Che saranno anche una famiglia con qualche migliaio di principi e parenti da mantenere, ma che oggi devono confrontarsi con un paese che conta ormai 30 milioni di abitanti dall’età media molto bassa, mediamente abbastanza istruiti e in contatto costante con il mondo esterno. Là dove gli altri musulmani considerano i Saud dei tiranni medievali e i loro sudditi prigionieri di un mondo a parte plasmato all’unico scopo di consentire loro di rimanere al potere. Non resta che attendere e vedere se questi neo-martiri riusciranno a piantare il seme della primavera araba anche nel cuore della monarchia più talebana del pianeta, ma intanto c’è da prendere atto di queste clamorose manifestazioni di dissenso, che resteranno storiche anche se non dovessero portare a nulla. Qualcosa si è rotto in Arabia Saudita e non sarà facile per i Saud riaggiustarlo.