Il paese dove gli italiani rubano il posto di lavoro
15/01/2014 di Andrea Mollica
Uno dei problemi più rilevanti per il nostro paese è l’elevato tasso di disoccupazione, in particolare per i giovani. Ai nostri confini però ci sono ragazzi e ragazze che si lamentano di non poter lavorare per colpa degli italiani. Si tratta dei giovani del Canton Ticino, che sostengono di non trovare un’occupazione per colpa delle aziende che preferiscono offrire stipendi da fame, per la Svizzera, ai nostri connazionali piuttosto che assumere forza lavoro autoctona.
PROBLEMA FRONTALIERI – Il quotidiano svizzero Blick traccia un resoconto sul problema della disoccupazione nel Canton Ticino, la parte italiane della Confederazione Elvetica. In questo Cantone ai confini la presenza dei nostri connazionali sta diventando un tema sempre più esplosivo per la società locale. Negli ultimi anni è infatti cresciuto molto il numero di italiani occupati in aziende ticinesi, i cosiddetti frontalieri, un nome che indica il pendolarismo da frontiera compiuto ogni giorno da chi attraversa il confine tra Italia e Svizzea per recarsi sul posto di lavoro. Alle dogane di Como, Gaggiolo o Lavena Ponte Tresa ci sono sempre file interminabili di macchine italiane che colorano le prime scure ore del giorno. La preferenza accordata ai frontalieri per le offerte di lavoro viene lamentata da un gruppo di giovani ticinesi, che ha lanciato un movimento che chiede di penalizzare le imprese che assumono gli italiani.
BASTA ITALIANI – In Svizzera il costo della vita è significativamente più alto rispetto al nostro, e stipendimolto bassi per il Canton Ticino rimangono molto attrattivi per chi vive in Italia, specie alla luce della crisi occupazionale del nostro paese. Per questo motivo, lamentano i giovani ticinesi che si sono raggruppati nel movimento « Basta stare zitti! E’ un nostro diritto avere un lavoro! », le aziende svizzere non assumono più forza lavoro elvetica. Molti animatori del gruppo sono stati intervistati da Blick. Uno di loro, Alessandro Conrad di Lugano, 21 anni, rimarca come gli italiani lavorino per stipendi da fame, in questo modo battendo sempre la concorrenza dei giovani elvetici. Conrard evidenzia come il gruppo non abbia né un carattere politico e neppure razzista. Una precisazione che assomiglia ad una presa di distanza dalla Lega dei Ticinesi, movimento politico che ha fondato il suo successo sulla contrapposizione, per quanto talvolta contraddittoria, con l’Italia, utilizzando toni xenofobi.
LAMENTALE TRICOLORI – Conrard spiega a Blick come il gruppo, che ha già svolto varie manifestazioni in Canton Ticino, si ponga l’obiettivo di rendere palese la drammatica situazione del mercato del lavoro locale. Poco meno di 60 mila italiani lavorano in questo momento in Svizzera frontalieri, con una percentuale sugli occupati totali pari quasi ad un quarto. La competizione sui bassi salari svantaggia i lavoratori ticinesi, come racconta Marco Chiffi di Malcantone, paese del luganese.Dopo essersi diplomato da elettricista, è riuscito solo a lavorare per quattro mesi, prima di dover svolgere il servizio militare obbligatorio. Da due anni non trova occupazione, nonostante invii dai 20 ai 25 curriculum al mese. Altre storie simili sono raccontate al più diffuso quotidiano elvetico, che mostra di essere attento alla Svizzera Italiana, la parte più trascurata della Confederazione. In Ticino vivono poco più di 300 mila persone, e il peso politico della componente italiana della Svizzera è sempre stata ridotta, tanto che sono ormai vent’anni che nessun politico locale siede in Consiglio Federale, il governo della Confederazione Elvetica.
INIZIATIVE FUTURE – Il tema sul frontalierato è diventato particolarmente accesso alla luce del referendum sula libera circolazione. Le forze di destra, Udc e Lega dei Ticinesi, chiedono di rivedere uno dei trattati bilaterali che legano la Svizzera all’Unione Europea. A sorpresa anche i Verdi del Ticino si sono schierati con le forze conservatrici, per lanciare l’allarme sul problema dei frontalieri. Il movimento costituito dai giovani prende le distanze della politica, e ribadisce a Blick di non avere nulla contro gli italiani.«La colpa non è degli italiani, vengono da noi perché vogliono sopravvivere. La colpa è delle nostre aziende, che fanno dumping salariale, e dei politici, che lo permettono. Da quando c’è la libera circolazione non c’èpiù attenzione a rapporti di lavoro regolari. Le imprese ticinesi chiamano i dipendenti part time anche alla domenica, per soli 1500 franchi al mese, circa 1200 euro al mese. Così in Ticino nessuno può vivere», spiega Alexander Conrad. Il gruppo dei giovani ticinesi sta raccogliendo storie e si sta attivando in varie iniziative. Uno degli obiettivi è la pubblicazione di un libro da presentare al governo locale, mentre si valuta la raccolta firme per un referendum che limiti, o regoli, il fenomeno del frontalierato. La politica locale è divisa, anche perché le forze tradizionali di governo, di centrodestra, rimarcano come la disoccupazione in Ticino sia bassa, al 5%, un livello che l’Italia può solo sognare, ora come ora.
(Photocredit: gruppo Facebook, Blick)