Il primo matrimonio gay riconosciuto «valido» in Italia
10/04/2014 di Alberto Sofia
Per la prima volta un matrimonio stipulato all’estero tra due persone dello stesso sesso è stato riconosciuto valido in Italia. La possibile svolta per i diritti della comunità Lgbt è stata decisa dal Tribunale di Grosseto, che, contraddicendo il parere del pm, ha imposto al Comune la trascrizione nei registri civili di un’unione celebrata con rito civile nel dicembre 2012 a New York, accogliendo le richieste della coppia composta da Giuseppe Chigiotti e Stefano Bucci (un architetto e un giornalista del Corriere della Sera, ndr).
IL PRIMO MATRIMONIO GAY RICONOSCIUTO IN ITALIA – In un paese nel quale manca ancora una normativa sulle unioni civili – con disegni di legge più volte affossati in Parlamento di fronte alla contrarietà dei partiti moderati, dei settori più conservatori e delle gerarchie vaticane – e dove il matrimonio gay resta un miraggio, è stato così un giudice ad aprire nuove prospettive per il riconoscimento dei diritti (e dei doveri) delle coppie dello stesso sesso. Di fatto, creando un precedente per altri matrimoni celebrati fuori dall’Italia. Secondo il giudice del Tribunale di Grosseto, nel codice civile «non è individuabile alcun riferimento al sesso in relazione alle condizioni necessarie» al matrimonio. Smentendo così l’ufficiale di stato civile, che si era rifiutato «di trascrivere nei registri l’atto». Ma la coppia aveva fatto ricorso, vedendo ieri accolte le proprie richieste. La notizia è rimbalzata anche all’estero, riportata dal quotidiano francese Liberation, che ha sottolineato la portata storica della decisione.
LA TRASCRIZIONE NEI REGISTRI CIVILI DEL MATRIMONIO GAY CELEBRATO A NEW YORK – Prima della richiesta accolta dal Tribunale di Grosseto, altre coppie Lgbt sposate all’estero avevano cercato di veder riconosciuto il proprio matrimonio anche in Italia, invano. Mai prima di ieri un giudice aveva ordinato l’iscrizione nei registri comunali. Una richiesta simile era stata negata dalla Cassazione nel 2012, per il caso di due uomini sposati nel 2002 a L’Aja che avevano poi chiesto la trascrizione del certificato di nozze, come atto pubblico, al comune di Latina dove sono residenti. Basta leggere le motivazioni, però, per ricordare come i giudici avessero invitato in quel caso il Parlamento a riempire il vuoto legislativo sulle coppie di fatto: la Cassazione sottolineò come «l’intrascrivibilità delle unioni omossessuali» dipendesse «non più dalla loro inesistenza e neppure dalla loro invalidità», bensì «dalla loro inidoneità a produrre quali atti di matrimonio, appunto, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano». Eppure, si spiegava come le coppie gay, come i coniugi, hanno il «diritto ad una vita familiare» e ad esigere e a far valere per questo il diritto ad un «trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata». Indicazioni mai ascoltate dal Parlamento. Ieri, con la decisione del Tribunale di Grosseto, la svolta sulla possibilità di registrare matrimoni gay in Italia, contratti all’estero. Al Corsera, è stato Claudio Boccini, il legale che ha seguito la causa di Stefano e Giuseppe, a spiegare:
«Devo riconoscere di aver trovato in Tribunale a Grosseto dei giudici molto attenti e, soprattutto, preparati. Ho argomentato non soltanto la questione dell’ordine pubblico (fondamentale per le nostre leggi), ma anche il fatto che nelle nostre norme non esiste un divieto esplicito al matrimonio dello stesso sesso, dunque il matrimonio omosessuale non è contrario alla nostra legislatura».
Spiegazioni accolte dal tribunale di Grosseto, che ha ordinato la trascrizione nel registro di stato civile della coppia, perché non è «previsto, nel nostro ordinamento, alcun ulteriore diverso impedimento derivante da disposizioni di legge alla trascrizione di un atto di matrimonio celebrato all’estero» e perché la trascrizione non ha natura «costitutiva, ma soltanto certificativa e di pubblicità di un atto già valido di per sé».
LA SENTENZA – Per l’Italia si tratta di un «precedente unico», come ha chiarito il senatore del Partito democratico, Sergio Lo Giudice, ex presidente di Arcigay: «Per la prima volta un matrimonio gay viene riconosciuto nel nostro Paese. Il giudice ha chiarito come non sia contrario all’ordine pubblico, né può più essere considerato inesistente dal nostro ordinamento», ha ricordato il parlamentare dem. Una decisione che arriva nello stesso giorno in cui la Corte Costituzionale ha bocciato anche il divieto di fecondazione eterologa. La speranza per la comunità Lgbt (e per la coppia di Grosseto), è che adesso nessuno impugni la decisione del Tribunale. Anche perché la sentenza potrebbe fare giurisprudenza, aprendo la strada al riconoscimento di altri casi analoghi. Ma non solo: secondo l’avvocato, il prossimo passo potrebbe essere un pronunciamento della Consulta: «Con una domanda di base: perché una coppia dello stesso sesso è obbligata ad andare a sposarsi all’estero per vedere riconosciuti i propri diritti?». Un quesito che il Parlamento e la politica continuano a ignorare.