Il referendum sul Veneto indipendente e la voglia di secessione

Non ha un valore giuridico, ma per Gianluca Busato e gli organizzatori di Plebiscito.eu raggiungere l’obiettivo dei due milioni di partecipanti sarebbe un segnale politico non irrilevante. Il controverso referendum autogestito sul Veneto indipendente lanciato dai venetisti continua a far discutere, tra la Lega Nord che – in affanno di voti – ha cavalcato il tema, i promotori che hanno denunciato il silenzio dei media italiani e gli altri partiti che, al contrario, hanno snobbato l’iniziativa. In base ai numeri annunciati sul sito ufficiale, alle ore 18 del quarto giorno di votazione sarebbero 1.307.334 i veneti che hanno risposto al quesito della consultazione on line (“Vuoi che il Veneto diventi una Repubblica Federale indipendente e sovrana?”), pari al 35,02% del corpo elettorale regionale.

Referendum Veneto

IL REFERENDUM PER IL VENETO INDIPENDENTE – Se reali, le cifre sarebbero il sintomo di come una parte della regione sia ancora tentata dalla retorica separatista, cavalcata dallo stesso governatore Luca Zaia e sulla quale anche il segretario Matteo Salvini sta tentando di costruire la sua campagna elettorale per le Europee. Tra un attacco all’Euro e la propaganda storica contro “Roma Ladrona”, la Lega cerca di recuperare consenso, dopo essere naufragata nei numeri per gli scandali del vecchio gruppo dirigente, con il «cerchio Magico» della famiglia Bossi. Luca Zaia ha cercato però di difendersi dalle critiche di strumentalizzare il referendum lanciato dai venetisti: «Io non mi accredito risultati ottenuti da altri. Noi abbiano partecipato ai gazebo, offrendo il nostro sostegno», ha spiegato. Che significato può avere il referendum? «Il tema è sentito. In Consiglio regionale la proposta di un referendum consultivo è sul tavolo della commissione affari istituzionali. Ben vengano iniziative come questa, che confermano come i nostri cittadini guardano con modernità al tema. In Consiglio vogliamo iniziare una dialettica simile a quella avvenuta in Catalogna. Il dibattito Barcellona-Madrid diventerà quello Venezia-Roma», ha rilanciato il governatore ai microfoni di Sky Tg24. In realtà, più volte la Lega Nord ha tentato di portare avanti iniziative simili, tutte affossate dai numeri insufficienti. Ma non solo. C’è chi tra i costituzionalisti ha ricordato come ci sia il rischio di scioglimento dell’assemblea, per attentato alla Costituzione, in caso di un voto effettivo in Consiglio regionale. Il Corriere della Sera ha ricordato comunque quali sono le due proposte che avevano iniziato il suo iter:

«Due proposte di legge insabbiate da tempo in commissione Affari istituzionali. La prima è l’ormai celeberrima legge presentata da Stefano Valdegamberi di Futuro Popolare, che se approvata dà automaticamente avvio all’iter di convocazione del referendum secessionista. La seconda, dall’afflato meno rivoluzionario, è quella firmata da Costantino Toniolo, presidente della commissione in quota Ncd, che punta a chiedere ai veneti se vogliano o meno «più autonomia» da Roma. «Appena finita la sessione del bilancio – fa sapere Toniolo – si passerà alla discussione di queste proposte. Potremmo anche scegliere di celebrare un unico referendum con due distinti quesiti sulla scheda: indipendenza o autonomia?».

Considerati numeri e ostacoli giuridici, i venetisti non sembrano credere più di tanto alle parole di Zaia, tanto da aver lanciato in modo autonomo quel referendum autogestito che si concluderà domani pomeriggio, venerdì 21, fino all’annuncio dei risultati (dal semplice valore “politico”) in Piazza dei Signori a Treviso.

IL DIBATTITO SUL VENETO INDIPENDENTE – Mentre diversi eletti leghisti nei vari comuni veneti fanno a gara per rilanciare su Fb le foto con l’avvenuta votazione, è arrivato anche l’appoggio all’iniziativa di circa 180 comuni. I promotori hanno esaltato i numeri per ora raggiunti, con tanto di retorica: «L’obiettivo di due milioni di veneti che votano il Referendum di indipendenza del Veneto è raggiungibile; facciamo passare in ogni dove, in ogni angolo del Veneto la notizia che nella nostra Terra sta crollando il dominio dispotico del regno del male. La Repubblica Veneta si sta rialzando in piedi», si legge nel sito. Tutto mentre anche diversi siti e media di tutto il mondo hanno dato risalto alla votazione autogestita. C’è chi azzarda paragoni con la Crimea, chi cerca un asse con la Catalogna – il 25 novembre è previsto il voto nella regione iberica di Artur Mas, ndr – o chi con la Scozia. L’afflato secessionista viene rilanciato anche da Libero.

Referendum Veneto Libero
Libero rilancia il referendum autogestito in Veneto

Il quotidiano evoca i problemi economici italiani, rilancia la «rapina fiscale ai danni delle regioni del Nord», azzarda come i veneti avrebbero «capito che l’unità non giova più a nessuno». Si legge:

«I veneti hanno ormai compreso che l’Italia è parte del problema e quindi non può esserne la soluzione. Dopo mesi nei quali il ministro Fabrizio Saccomanni raccontava che trovare 500 milioni era impossibile, è arrivato Carlo Cottarelli il quale ci assicura invece che si possono tagliare ben 3 miliardi di spesa e, con grande, ma grandissimo, coraggio politico, fino a 5 nei prossimi 8 mesi. Ecco, alla fine, la certificazione del fallimento: la spesa pubblica è di 830 miliardi di euro, il debito pubblico di 2.100 miliardi, dire che si possono abbassare le spese rispettivamente dello 0,36 e 0,14 per cento significa affermare ciò che la romana burocrazia sussurra da sempre: «nun se po’ fa». La spesa è incomprimibile, anzi aumenta costantemente, così come il debito pubblico. Un’altra spremitura fiscale è l’unica soluzione»

Tanto che, per Libero, la soluzione scelta dei veneti sarebbe quella di imboccare «un’altra strada». Con tanto di secessione. A parte i dubbi legittimi sui numeri, sui finanziatori, sul controllo dei risultati («Chi sono gli osservatori internazionali? Li sveleremo insieme ai risultati, venerdì sera», ha spiegato Busato), Libero sembra generalizzare sulla presunta volontà indipendentista della regione. Resta però indicativa di una tendenza, di un progressivo aumento della distanza tra Roma e parte dei cittadini del nord della penisola. Anche se la consultazione è priva di valore giuridico. Un nodo sul quale aumenta il pressing anche nei confronti del governo, per la ridefinizione di autonomie e competenze tra Stato e regioni. E sul quale l’esecutivo sarà costretto a interrogarsi, al di là delle provocazioni dei venetisti. Tra i quali non mancano gli annunci propagandistici: lo stesso Busato ha dichiarato, qualora i numeri raggiunti dalla consultazione superino il 50% degli aventi diritto e vincano i sì, che i «i delegati all’indipendenza del Veneto eletti dovranno dare inizio all’esercizio dell’indipendenza del Veneto». Ma non solo: «Il primo atto credo potrà essere l’esenzione fiscale totale nel periodo transitorio di istituzione delle strutture della Repubblica Veneta. In tal modo i cittadini non dovranno più pagare le tasse al governo italiano», ha aggiunto. Non senza denunciare “atti di intolleranza”,  con «un oltraggio alla bandiera veneta» e il «danneggiamento di un furgone degli organizzatori, dipinto con vernice rossa».

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