Il grande ritorno della cambiale

Categorie: Economia

A causa della crisi e della stretta del credito sono sempre di più le imprese ed i privati cittadini che ripiegano sui "pagherò" con i creditori ben felici di emettere tali documenti a scadenza spinti dalla certezza di recuperare la somma segnata senza necessità di perdersi in cause dalla durata incerta

“Perciò signori miei dovete sapere che la cambiale è il contante di domani. Amici miei, se c’è una cosa che in Italia avrà un avvenire questa, signori miei, è la cambiale”. Nel 1959 Aroldo Tieri nel film “la cambiale” si rivolgeva così ad Erminio Macario e Totò i quali non capivano quale potesse essere il pregio di questo pezzo di carta che permetteva acquisti di ogni tipo pagando solo il 3 per 1000 della cifra stabilita.



UNA STORIA ITALIANA – Si perché la cambiale è entrata nell’immaginario collettivo dell’Italia a partire dal boom economico fino ad oltre gli anni ’70. Del resto come dimenticare il pagamento in cambiali di Fantozzi o Mario Carotenuto in “Febbre da Cavallo” che si affrettava a dire al suo interlocutore al telefono: “nessuno è mai andato in galera per una cambiale?”. Con il passare degli anni il suo utilizzo è andato via via diradandosi anche a causa dell’ingresso di nuovi metodi utili per generare credito. Con l’avvento della crisi però i blocchetti di fogli colorati sono tornati di moda, in special modo tra gli imprenditori.



LA CAMBIALE TORNA DI MODA – Secondo un sondaggio effettuato dall’AdnKronos, ripreso da Televideo, nell’ultimo anno il 45 per cento degli imprenditori interpellati ha ammesso di aver firmato na cambiale nell’ultimo anno mentre il 70 per cento si dichiara possibilista sulla possibilità d’utilizzo della stessa. Per dirne una, sei mesi fa i risultati di questo sondaggio erano rispettivamente 40 e 59 per cento. La cambiale torna quindi di moda aiutata da due fattori essenziali, ovvero il ritardo nei pagamenti sia della pubblica amministrazione sia di altre imprese, oltre alla stretta del credito operata dalle banche. Quindi si sceglie di tornare alla cambiale per via della sua facilità d’utilizzo e dell’esigibilità del credito.



CHE COS’E’ – Prima di proseguire è opportuno spiegare meglio cosa sia una cambiale, sopratutto per le giovani generazioni. Parliamo di un titolo di credito la cui funzione tipica è quella di differire il pagamento di una somma in denaro. In realtà i prodotto sono differenti ma ci limiteremo a studiarne solamente due: il primo è la cambiale tratta la quale viene emessa da due persone: il traente dà ordine al trattario di pagare una somma al portatore del titolo. Per legge il traente garantisce la cambiale. Poi c’è il “pagherò cambiario”, ovvero un titolo all’ordine trasferibile mediante girata. Qui l’emittente fa una promessa di pagamento al creditore e viene firmata dall’emittente. E’ un titolo autonomo: non si fa riferimento al rapporto fondamentale tra creditore e debitore che ha dato origine all’emissione della cambiale.

DECRETO INGIUNTIVO – Trattasi poi di un titolo formale, ovvero che solo se rispetta i requisiti di legge può essere considerato come titolo di credito. Se è regolato da un bollo, vale come titolo esecutivo. Quindi se non viene onorata alla scadenza diventa automaticamente un decreto ingiuntivo di pagamento. La sua garanzia è data dall’ “Avallo”, ovvero da una firma di garanzia posta sulla cambiale da un soggetto terzo che garantisce il pagamento qualora il contraente principale non onori il suo debito. In mancanza di una sua presenza s’intende o il traente o l’emittente. Secondo la legge l’avallante si pone nella posizione immediatamente successiva e risponde in solido con lui del pagamento.

GLI IMPRENDITORI PROTESTATI – Parliamo di un prodotto “storico”, visto e considerato che la sua disciplina in italia è regolata dal Regio Decreto n. 1669 del 14 dicembre 1933, chiamato “legge cambiaria”. Insomma, c’era ancora il Duce al potere eppure i suoi effetti si fanno sentire ancora oggi. Il creditore può far circolare la cambiale oppure la tiene salvo presentarla alla scadenza del termine. Se invece l’imprenditore è costretto all’insolvenza scatta il protesto ed il creditore ha buone possibilità di recuperare la somma, essendo la cambiale un titolo esecutivo. Anche se questo non sembra spaventare molto i debitori visto che, come denunciato dall’AdnKronos, il 20 per cento degli imprenditori che ha usato cambiali ha sofferto nella vita almeno un protesto.

IL REPORT DI INFOCAMERE – Ed il trend delle mancate onoranze è destinato ad aumentare. Infocamere ha diffuso nei mesi scorsi un esaustivo report nel quale spiega come tra assegni, tratte e cambiali non pagate nel primo semestre del 2012 si sia arrivati ad una cifra di 1,64 miliardi di euro. Non solo. Rispetto allo stesso periodo del 2011 i protesti sulle cambiali sono però aumentati del 5,1 per cento, a causa della maggiore diffusione della stessa a causa della crisi mentre i protesti su assegni e tratte sono diminuiti rispettivamente del 4,6 e del 6 per cento.

LA CORSA DEL SUD – Complessivamente nei primi sei mesi del 2012 i protesti sono stati circa 670 mila ed il loro importo medio è di circa 2450 euro. Ma se al nord-est il fenomeno è rimasto stabile, con un calo dello 0,1 per cento, e migliorato a nord ovest (-4 per cento) al sud sono aumentati sia i valori contestati (+ 0,3 per cento rispetto al 2011) sia il numero dei protesti (+6 per cento). Il 26,1 per cento dell’insoluto nazionale si è concentrato nelle provincie di Napoli, Roma e Milano mentre il peso delle cambiali e tratte sul totale dei titoli di mancato pagamento rappresentano il 76 per cento del totale.

UNA SICUREZZA PER TUTTI – Ma allora perché sceglierle anche in caso di dubbio sulla reale capacità del debitore di onorare il proprio impegno? Semplice, perché come detto precedentemente, la cambiale rappresenta un titolo esecutivo. I “pagherò” possono essere riscossi attraverso un ufficiale giudiziario senza dover necessariamente passare da un tribunale. Le cambiali rappresentano quindi una forma ulteriore di garanzia del credito ed al massimo possono essere “passate” di mano in mano. Per questo le aziende sembrano preferirle, perché sanno di poter avere la certezza della cifra grazie alle maggiori garanzie.

LA CRESCITA DAL 2011 AD OGGI – La Stampa ci propone poi un altro studio firmato dall’Unirec, unione nazionale Imprese a Tutela del Credito, il quale ha stabilito che dal 2009 ad 2011 i “pagherò” sono aumentati del 40 per cento. Molta più gente quindi trova sollievo nel formare un titolo di credito recuperabile nelle tabaccherie nel quale è specificato l’ordine di pagare una somma ad una scadenza stabilita con la minaccia che se non ce la faccio ad onorare l’impegno il creditore si potrà rivalere sui beni posseduti dal debitore. E del resto come conferma l’Unirec i debitori hanno scelto questo mezzo per saldare i propri conti in sospeso con banche, società di servizi e società di credito. Nel solo periodo 2010-2011 la variazione è stata dell’11 per cento.

PICCOLE SPESE – Ad ulteriore sostegno di questo studio le 530 mila marche da bollo dal valore del 12 per mille dell’importo, emesse per le cambiali, cifra confermata dall’Agenzia delle Entrate. Nel 2012 questo numero è aumentato a 550 mila. Da sottolineare però che l’importo complessivo medio è diminuito passando dai 140 milioni del 2011 ai 135 dello scorso anno. Secondo il presidente di Unirec Gianni Ampirino, i debitori sono famiglie desiderose di beni di consumo, dalle tv alle vacanze fino alla ristrutturazione degli immobili. Se poi uno dei due coniugi perde il lavoro, continua Ampirino, ecco che le società finanziarie piuttosto che rischiare azioni legali dalla durata indefinita cercano di concordare un piano di rientri del debito attraverso cambiali dal deposito basso da pagare regolarmente in banca, per una media a cambiale che va da 220 a 260 euro a famiglia.

CAMBIALE COME MALE MINORE – Come detto in precedenza, si tratta di un fenomeno che interessa anche le imprese. Prosegue Ampirino: “a quanto ci risulta, le imprese del settore trasporti, sono in difficoltà a causa del calo degli ordinativi o dei ritardi nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni. Resta la sensazione che oggi la cambiale rappresenti un male minore, uno strumento rispolverato dal passato per arginare i danni di una cultura del credito facile che ha indotto molti italiani a costruire stili di vita lontani dalle loro effettive capacità di reddito”.

L’INTERESSE DEL MINISTERO DELL’ECONOMIA – Tra gli interessati al ritorno in auge della cambiale c’è anche, manco a dirsi, lo Stato. Secondo Italia Oggi, ripreso da Compliance.net, il ministero dell’Economia sta nuovamente valutando la possibilità di monitorare i “pagherò” in ottica antiriciclaggio per verificare se la normativa in questione è applicabile anche con le cambiali. Ad oggi i pagherò vengono “segnalati” per operazioni sospette da verificare ma non sono previsti limiti, come stabilito dall’articolo 49 del decreto Legislativo 231/07. Inoltre sono considerati titoli di credito solo alcune forme di vaglia cambiari come quelli emessi dal Banco di Napoli e dal Banco di Sicilia. La cambiale è costosa, come abbiamo visto dal valore della marca da bollo, ma a causa della mancanza di liquidità e gli effetti della crisi ecco che è tornata più viva che mai. Per questo motivo il Ministero sta pensando di capire se esistono i limiti per il cambio della normativa in questione anche per via dell’uso della cambiale come garanzia multi-livello con eventuali fornitori.

RITORNO AL PASSATO – Secondo i funzionari di via XX settembre sarebbe opportuno imporre un limite di 1000 euro per la tracciabilità esattamente come avviene per gli assegni, anche se secondo la giurisprudenza la cambiale è un’obbligazione e non un titolo di credito. Detto questo però è evidente che la situazione venutasi a creare a causa della crisi e della stretta del credito sia quantomeno imbarazzante. Assistiamo ad un ritorno al passato, ovvero quando bastava firmare un “pagherò” per andare avanti senza problemi. Il debitore avrebbe avuto la sua soddisfazione mentre il creditore sarebbe stato sicuro di un ritorno della cifra attesa. Ed oggi assistiamo alla chiusura di un cerchio. All’inizio del boom economico le cambiali rappresentavano la via maestra per il credito. Cinquant’anni dopo siamo tornati al punto di partenza. Solo che negli anni ’50 uscivamo dalla guerra, oggi invece cerchiamo di sopravvivere alla peggiore crisi economica della storia. E chissà che tutto non migliori come avvenuto nei ruggenti anni ’60. (Photocredit Google / Mymovies)