Il silenzio di Massimo Bossetti e quel cellulare spento la notte in cui scomparve Yara

Massimo Giuseppe Bossetti, presunto assassino di Yara Gambirasio è accusato di aver «adoperato sevizie e di aver agito con crudeltà». Omicidio aggravato con l’aggravante della crudeltà. Il capo di imputazione formulato dalla Procura di Bergamo spiega come l’indagato abbia colpito Yara «con tre colpi al capo e con plurime coltellate in diverse regioni del corpo», «abbandonandola agonizzante in un campo isolato ne cagionava la morte». La ragazzina, secondo quanto riporta l’autopsia sul corpo, per freddo e di stenti e non per le ferite inferte dal suo aggressore.

Non è indicata la premeditazione nella richiesta di convalida del fermo che oggi il Gip deve valutare. Il Dna di Bossetti, che per ora si avvale della facoltà di non rispondere, presenta una «sostanziale assoluta compatibilità» con quello ritrovato sui legging della ginnasta. A confermare in serata l’esito della comparazione del Dna tra Giovanni Bossetti e il figlio legittimo Massimo Giuseppe Bossetti: ha dato esito negativo. Non solo: a stringere il cerchio dell’uomo la posizione del suo cellulare (agganciato alla stessa cella di Yara nel giorno della sua scomparsa) rimasto poi spento tutta la notte seguente.

Caso Yara Gambirasio : l'abitazione di Massimo Giuseppe Bossetti
LA casa del fermato. Credits foto e copertina LaPresse

YARA: LE TAPPE E LE PROVE Yara scomparve il 26 novembre 2010 dopo essere uscita dalla palestra di Brembate dove seguiva i suoi allenamenti di ginnastica ritmica. Pochi, passi. La sua casa si trova a 700 metri. Alle 18.47 il suo telefonino fu agganciato alla cella di Mapello, un comune distante circa tre chilometri da Brembate, poi il silenzio. Solo tre mesi dopo, il 26 febbraio 2011 il cadavere della ragazzina fu ritrovato in un campo a Chignolo d’Isola, ad una decina di chilometri da Brembate. Uccisa sul posto e morta lentamente dopo che l’aggressore aveva agito contro di lei.
L’unica speranza di risalire al colpevole dell’orrore è quella traccia genetica, che il killer lasciò ferendosi con il coltellino usato per tagliare gli slip di Yara. Solo comparando i dna della zona si è riusciti ad arrivare a Giuseppe Guerinoni, autista di Gorno e padre di Ignoto 1. Solo dalla relazione illegittima dell’autista (defunto prima della scomparsa della piccola) si è riusciti ad arrivare al 44enne di Mapello.
Non solo: nel referto dell’autopsia si parla di “polveri nei polmoni riconducibili a calce”. Bossetti è muratore e ad incastrarlo c’è anche l’analisi delle celle telefoniche. Bossetti (o meglio il suo cellulare) si trovava a Brembate in un orario compatibile con la scomparsa della giovane ginnasta. Quel cellulare farà una telefonata resterà spento fino alle 7.34 del giorno dopo. Un elemento a favore dell’accusa ma se dovesse essere ripetuto per controllare i cellulari di eventuali amici-complici «comporterebbe indagini lunghissime, al momento dunque ci sono accertamenti in corso», spiegano gli inquirenti.

LA FAMIGLIA DI BOSSETTI E LA CASA VUOTA – Sarà ora il giudice per le indagini preliminari, Ezia Maccora, la stessa che archiviò la posizione di Mohamed Fikri, se confermare l’emissione della custodia cautelare in carcere. Bossetti risulta scosso e provato dalla prima notte in prigione, persone vicine parlano di un uomo preoccupato per la famiglia. A Mapello la villetta dove abitava la famiglia Bossetti è vuota. «Sono andati da parenti – dicono conoscenti dei familiari – che abitano in zona, in un altro paesino qui attorno» per «proteggere per quanto possibile la loro privacy».

«Alla famiglia di Massimo Giuseppe Bossetti continuo a ripetere che devono pregare e io prego per loro e che bisogna avere fiducia nella giustizia», ha detto don Claudio Dolcini, parroco di Sotto il Monte, parrocchia frequentata dalla famiglia del muratore. Don Dolcini non ha voluto rivelare nulla dei suoi colloqui con la moglie e gli altri familiari dell’arrestato. Lunedì sera subito dopo il fermo era andato a casa a consolare la moglie disperata e i figli. Poi è tornato anche ieri mattina, ma in casa c’era solo la suocera e il prete si è intrattenuto un po’ con lei: «Ho già raccomandato agli altri bambini di non additare ne’ di prendere in giro i figli di quell’uomo così come ho ripetuto ai parrocchiani, nelle messe di questi giorni, che non devono assolutamente alimentare i pettegolezzi né le chiacchiere perché sono sterili». L’importante, ha voluto ripetere, è non trasformare quell’uomo in un orco. «Ho detto e ripetuto – ha aggiunto – che il male può essere in ciascuno di noi».

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