Il villaggio preistorico seppellito dall’indifferenza

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Il sito archelogico di Nola, considerato la "Pompei dell'Età del Bronzo", sarà interrato a causa di un allagamento. L'amarezza dei volontari che l'hanno curato per anni: "Sarebbe bastato poco per salvarlo"

E’ considerato uno dei più importanti siti archeologici mai scoperti, ma sarà interrato per evitare che la falda acquifera sottostante risalita ad un livello eccessivo ne danneggi ulteriormente i resti. Il Villaggio Preistorico di Nola (comune a circa 30 km ad est di Napoli), piccola ma significativa Pompei dell’Età del Bronzo Antico scomparirà sotto un cumulo di terra dopo aver vissuto un decennio di scarsa considerazione ed inefficacia delle istituzioni locali e nazionali che avrebbero dovuto e potuto tutelare la sua conservazione e promuovere il suo immenso valore culturale e potenziale turistico.



UN SITO ARCHEOLOGICO UNICO – Tutto comincia nel 2001. Durante lo scavo per la costruzione di un centro commerciale, in via Polveriera, area periferica del comune dell’entroterra napoletano, vengono rinvenute alcune capanne risalenti al periodo tra il XIX e il XVII secolo a.C., sepolte in seguito all’eruzione del Vesuvio detta ‘delle Pomici’, una delle potenti mai verificatesi al pari della colata che nel 79 a.C distrusse Pompei ed Ercolano. Per la prima volta vengono alla luce, non solo piccoli particolari, ma strutture quasi integre vecchie di 4mila anni e capaci di offrire indicazioni inedite sulla organizzazione della vita sociale del tempo.



GLI ALLAGAMENTI – Come mai era successo prima viene scoperto un insediamento umano dell’epoca  osservabile dal tetto fino alle fondamenta. Emergono centinaia di reperti, oggi conservati presso il Museo Archeologico di Nola, tra i quali scheletri di animali, utensili, vasi. Si tratta di un patrimonio inestimabile, insufficiente però per spianare la strada ad futuro roseo del sito archeologico. Dopo una prima apertura del Villaggio, avvenuta nel 2004, cominciano le interruzioni per gli allagamenti dovuti all’elevarsi del livello dell’acqua del sottosuolo. Una prima inondazione richiede l’intervento dei Vigili del Fuoco. Poi arriva la Gori, la locale azienda per la gestione delle risorse idriche, che provvede ad installare alcune pompe idrauliche per liberare lo scavo dall’acqua. Il problema viene risolto momentaneamente. Ricominciano le visite, ma a fasi alterne. Un ulteriore innalzamento della falda rende necessari nuovi interventi, ed anche nuovi stop. La Gori intensifica il suo impianto, ma inutilmente. Nel 2009, quando si rende palese l’impossibilità con le risorse e i mezzi disponibili di rendere il sito integro, arriva l’ultima chiusura. Oggi, infine, a tre anni di distanza, la decisione di interrare nuovamente il Villaggio per evitare di comprometterne definitivamente la conservazione.



ATTRAZIONE SFUMATA – L’amarezza è forte tra coloro che in tutti questi anni hanno contribuito in maniera determinante all’apertura del sito. Senza la collaborazione dei volontari dell’associazione culturale Meridies probabilmente il Villaggio Preistorico non sarebbe riuscito ad aprire i cancelli ai visitatori. “Poteva diventare l’attrazione principale dell’area nolana”, ci racconta, deluso, Angelo Amato de Serpis, ex presidente di Meridies e tra i principali promotori della Pompei nolana. Il suo gruppo, dopo aver collaborato con la Soprintendenza durante la fase dello Scavo, si è fatto carico dell’organizzazione delle visite e delle aperture domenicali, grazie alle quali, nell’unico anno in cui il sito è stato aperto senza interruzioni (2007/2008), sono state totalizzate quasi 13mila presenze.

SENZA MEZZI, SENZA FONDI – “Se non ci fossimo stati noi – spiega de Serpis – probabilmente il Villaggio non sarebbe mai stato aperto. La Soprintendenza non ha mai avuto i mezzi effettivi per poter mantenere e realizzare qualcosa. Le uniche spese realizzate sono relative alla recinzione, alla cancellata, ai bagni pubblici, tra l’altro mai attivati, alla copertura di ferro per le capanne, realizzata un paio d’anni dopo lo scavo. Lavori necessari per rendere possibile l’accesso”. Per rendere agibile il Villaggio, però, non poteva bastare solo l’opera generosa di un’associazione senza scopo di lucro.

UN MINISTERO SORDO – Per evitare l’allagamento del sito, acquistato dalla Regione nel 2004, sarebbe stato necessario un investimento degli enti pubblici. Ministero, Comune, Provincia e Regione, dunque, come si sono comportati? “Il problema non è tanto la Soprintendenza. La Soprintendenza – continua l’ex presidente di Meridies – è un braccio. Il problema è la testa. Il Ministero dei Beni Culturali non ha mai voluto occuparsi seriamente del sito, non ha mai investito nulla. Da anni chiedevamo che venisse attuato un piano speciale. Con il problema della falda ci sarebbe stato bisogno di un piano speciale. E con i fondi della Soprintendenza per la manutenzione ordinaria dei beni non si può fare niente. L’intenzione era di far intervenire direttamente il Ministero con un intervento specifico, ma non è mai stato fatto nulla, nonostante richieste specifiche e interrogazioni parlamentari”.

“INTERVENTO NON IMPOSSIBILE” – Per gli attivisti dei beni culturali la mancata risoluzione dei problemi e le condizioni di degrado in cui versa il Villaggio Preistorico sono maggiormente legate all’incapacità che all’impossibilità di agire delle istituzioni locali o nazionali che avrebbero potuto difendere il patrimonio pubblico che presto finirà per essere nascosto sottoterra. “Le possibilità – spiega de Serpis – c’erano. Serviva un intervento consistente, ma non impossibile. Non c’è stata la volontà. Le istituzioni ‘inferiori’ (Regione, Provincia e Comune) non hanno fatto le dovute pressioni. Non hanno dato la dovuta importanza al sito”.

IL TRISTE EPILOGO – Nel 2008 l’Amra, centro di Competenza nel settore dell’Analisi e Monitoraggio del Rischio Ambientale, ha realizzato un apposito studio sull’allagamento. Nel 2010 una frana della parete dello scavo ha causato lo spostamento di una delle tettoie di protezione dei resti. Poco dopo è stato rivolto un appello agli imprenditori dell’area a farsi carico dei costi per i lavori di messa in sicurezza e recupero del sito.