Oggi il Fatto Quotidiano pubblica il contenuto di una telefonata intercettata tra Matteo Renzi e il padre Tiziano durante la quale i due parlano dell’inchiesta Consip. Nel corso della conversazione, avvenuta la mattina del 2 marzo scorso, l’ex premier invita il papà (indagato per traffico di influenze illecite) a «non dire bugie» e gli chiede quante volte si sia incontrato con l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo.
L’intercettazione è un’anticipazione del libro di Marco Lillo ‘Di padre in figlio’ (edito da Paper First) che uscirà tra due giorni. Scrive il giornalista:
È Matteo che chiama al telefono il padre. Sa che rischia di essere intercettato e non a caso dice cose da manuale di educazione civica tipo: “Babbo devi dire tutta la verità ai magistrati”. Però qua e là nella conversazione esce fuori l’animo “familista” del leader del Pd. Come quando suggerisce di non rivelare che a un ricevimento con alcuni imprenditori era presente anche sua madre, Laura Bovoli. Durante la chiamata emerge chiaramente la sfiducia di Matteo verso Tiziano: il figlio teme che il padre possa mentire anche a lui. Non solo all’Italia e ai pm. Renzi in quel momento non è più premier né deputato. È solo un figlio infuriato con il padre che rischia di rovinargli la carriera politica.
Appena Tiziano risponde al telefono il figlio gli fa: “Non puoi dire che non conosci Mazzei perché lo conosco anche io”. Matteo Renzi è terrorizzato dall’interrogatorio che si terrà il giorno dopo a piazzale Clodio. Dice al padre che “è una cosa molto seria” e gli intima: “Devi ricordarti tutti gli incontri e i luoghi, non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorje”. Tiziano, che è devoto alla Madonna e crede nelle sue apparizioni, lo ferma: “Non devi dire così” ma il neo segretario del Pd in quel momento se ne frega del santuario, dell’Erzegovina e dei pellegrinaggi e Poi Matteo arriva al dunque: “È vero che hai fatto una cena con Romeo?”. La risposta non è netta ma sibillina. I carabinieri nel brogliaccio annotano: “Tiziano dice di no e che le cene se le ricorda ma i bar no”. Cioè, Tiziano Renzi nega un incontro al ristorante (“la bettola”) come è stato riferito ai pm e ai giornali da Mazzei che a sua volta l’aveva appreso da Romeo in persona. Però, se il no sui ristoranti è netto, non lo è altrettanto quello su un possibile incontro con l’imprenditore campano in un bar.
Segue uno scambio in cui Matteo Renzi ribadisce di non credere a quanto sostiene il padre e gli chiede di non tirare in ballo la madre («altrimenti interrogano anche lei»). «Matteo ascolta: io non ho mai incontrato Romeo. Fidati», dice Tiziano Renzi. «Non ti credo», gli risponde il figlio. «Devi immaginarti cosa può pensare il magistrato. Non è credibile che non ricordi di avere incontrato uno come Romeo, noto a tutti e legato a Rutelli e Bocchino», è un’altra frase di Matteo. Tiziano prova a ricordare qualche incontro. Il figlio lo incalza: «Hai incontrato Matteo in un’altra situazione?». Il padre ribadisce di non ricordare. Matteo manifesta il suo disappunto con una cupa previsione: «Andrai a processo, ci vorranno tre anni e io lascerò le primarie». E infine: «Io non
voglio essere preso in giro e tu devi dire la verità in quanto in passato la verità non l’hai detta a Luca e non farmi aggiungere altro. Devi dire se hai incontrato Romeo una o più volte e devi riferire tutto quello che vi siete detti».
La replica di Matteo Renzi alla pubblicazione dell’intercettazione non si è fatta attendere. «Questa mattina – ha scritto il segretario Pd su Facebook – Il Fatto pubblica con grande enfasi delle intercettazioni tra me e mio padre. Nel merito ribadiscono la mia serietà visto che quando scoppia lo scandalo Consip chiamo mio padre per dirgli: ‘Babbo, questo non è un gioco, devi dire la verità, solo la verità’». E ancora: «Politicamente le intercettazioni mi fanno un regalo. La pubblicazione è come sempre illegittima. Ma non ho alcun titolo per lamentarmi: non sono il primo a passare da questa gogna mediatica. Anzi: ad altri è andata peggio. Qualcuno si è tolto la vita, qualcuno ci ha rimesso il lavoro».
Intanto in relazione all’intercettazione pubblicata dal Fatto la procura di Roma ha aperto un fascicolo per violazione del segreto istruttorio e per pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale.
(Foto: ANSA / RICCARDO ANTIMIANI)