Iraq, la battaglia alla raffineria di Baiji

Gli islamisti dell’ISIS in Iraq non appaiono in grado di catturare altri abitati, ma i loro gruppi armati hanno ancora una certa libertà di movimento e così ne hanno approfittato per attaccare un’importante raffineria. A Baghdad intanto salgono le pressioni per le dimissioni del primo ministro al Maliki.

Non solo le curde, altre donne irachene si mostrano pronte alla lotta (Photo credit HAIDAR HAMDANI/AFP/Getty Images)
Non solo le curde, altre donne irachene si mostrano pronte alla lotta (Photo credit HAIDAR HAMDANI/AFP/Getty Images)

LA BATTAGLIA DELLA RAFFINERIA – Oggi il generale Qassim Atta, portavoce per la sicurezza del primo ministro Nuri al Maliki, ha annunciato che le forze lealiste irachene hanno ripreso il “pieno controllo” del complesso di raffinerie di Baiji, 200 chilometri a nord di Baghdad, attaccato nei giorni scorsi dai jihadisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis). La battaglia ha infuriato per ore e dall’impianto, che ha riportato diversi danni secondo le informazioni che arrivano dal posto, ora si leva una densa colonna di fumo nero visibile a chilometri di distanza.

MALIKI NEI GUAI – Nel frattempo si è fatta più insicura la posizione del primo ministro Nuri al Maliki, che ha chiesto agli americani un aiuto sotto forma di bombardamenti aerei e pare che come risposta abbia ricevuto un consenso, condizionato però alle sue dimissioni. E dimissioni chiedono anche molti parlamentari iracheni in maniera decisamente bipartisan, anche se al momento un cambio di «mano» al governo sembra più un azzardo che una necessità impellente. Da segnalare l’intervento del britannico Cameron, il primo ministro ha dichiarato che tra i ranghi dell’ISIS ci sono centinaia di cittadini britannici e che tra i loro piani ci sono anche attacchi al Regno Unito, il genere di dichiarazione che di solito prelude a un aumento dell’impegno militare e securitario degli uomini di sua maestà

LEGGI ANCHE: L’ISIS mostra le sue stragi in IraqFoto

IL GOVERNO AGISCE – Proprio ieri al Maliki aveva annunciato fiducioso che la mobilitazione contro l’ISIS procede, illustrando sia i progressi del reclutamento che il ritorno di un battaglione di miliziani sciiti dalla Siria, dove attualmente non sono impegnati nei combattimenti, ma nella protezione di siti cari agli sciiti nelle zone controllate dal governo di Assad. Saranno sostituiti in Siria da altrettanti Hezbollah libanesi, mentre similmente due battaglioni d’iraniani sorvegliano ora i siti sacri agli sciiti nell’Iraq meridionale. Quelli di ritorno dalla Siria sono invece stati schierati a protezione della capitale, liberando così truppe da combattimento che possono essere impegnate contro l’ISIS.

COSA FA L’ISIS – La situazione sul campo vede gli uomini dell’ISIS contenuti tra Mosul e il confine siriano, incapaci di di muovere alla conquista di altre città o verso Baghdad, ma ancora capace di organizzare attacchi ad obiettivi sensibili come appunto la raffineria di Baiji, uno degli impianti più importanti del paese. A questo punto resta determinante la velocità con la quale la coalizione arcobaleno che s’oppone loro riuscirà a cacciarli da Mosul e a ridurre la loro presenza in Iraq. Ipotesi che comunque sembra contemplata dai piani degli stessi islamisti, che dalle incursioni in Iraq sembra stiano cercando di ricavare sopratutto armi e risorse da investire in Siria.

Share this article