La triste parabola di Italo, il treno privato che non fa utili e che sembra ormai su un binario morto

Categorie: Economia
Tag:

Dall'esordio nel 2012 NTV ha accumulato solo perdite e il futuro si annuncia più fosco che mai. Il contratto di solidarietà per ora ha evitato 300 licenziamenti, ma le prospettive sono grame. C'è chi spinge per una fusione con Trenitalia. Per privatizzare (anche) quest'ultima?

L’impresa ferroviaria privata italiana sembra già moribonda e c’è persino chi parla di una sua nazionalizzazione come se fosse auspicabile e un vantaggio per il paese tutto. Anche se si tratterebbe di un esito non proprio in linea che le magnifiche premesse che hanno stimolato il progetto.



Luca Cordero di Montezemolo e Giuseppe Sciarrone all’inaugurazione di Italo il 20 aprile. (Foto di Giorgio Cosulich/Getty Images)

LA PRIVATIZZAZIONE DELLE FERROVIE –

La Nuovo Trasporto Viaggiatori è stato il miraggio dei privatizzatori a oltranza, ha aperto alla concorrenza le ferrovie solo per arrivare a dimostrare che la concorrenza non è strutturalmente possibile nel trasporto ferroviario, un tipo d’impresa sovvenzionata dallo stato costretta a correre su un’infrastruttura costruita e mantenuta dallo stato, che vive degli investimenti dello stato e che ha un interesse strategico che troppo spesso non coincide con quello dell’impresa.

SOLO DEBITI PER ITALO –

NTV sembrava partita bene, già nel 2013 ha triplicato 
il fatturato rispetto al 2012, ma perdendo però 78 milioni come l’anno prima. Perdite ripianate, e il capitale di rischio che restò invariato a poco meno di 110 milioni. L’anno scorso il capitale 
è stato aumentato a 264 milioni ma oggi, con il debito complessivo salito a 781 milioni, il capitale sociale si è ridotto di un terzo solo nel primo trimestre di quest’anno. Gli unici dati confortanti sono l’aumento di fatturato e passeggeri, arrivati ormai ai 6 milioni all’anno, ma per ogni cliente conquistato NTV ha speso una piccola fortuna. Secondo la società un andamento tanto negativo dei conti è colpa della posizione dominante di Trenitalia, con la quale ultimamente ha scatenato una guerra d’offerte e ribassi sempre più arroventata. Trenitalia può contare sulla vicinanza di Rete ferroviaria italiana, la società collegata del gruppo Fs che gestisce la rete dei binari.



 LEGGI ANCHE:  Alitalia, Montezemolo designato presidente

ASSETTO SOCIETARIO E GOVERNANCE –

La società è stata fondata nel 2006 da Luca di Montezemolo, Diego Della Valle, Gianni Punzo e Giuseppe Sciarrone, soci pesanti sono Intesa Sanpaolo che detiene il 20% delle azioni oltre ad una gran parte dell’esposizione bancaria (che ammonta in totale a circa 700 milioni di euro) e i francesi della Société Nationale des Chemins de fer Français (SNCF) con un altro 20%. Dopo l’esordio commerciale, nel 2013 ha visto Montezemolo lasciare la carica di presidente ad Antonello Perricone, che poi ha preso anche quella di amministratore delegato, che infine ha lasciato a Flavio Cattaneo nel febbraio scorso.



LA CRISI E LA MINACCIA DEI LICENZIAMENTI –

Partita  per competere con Trenitalia sull’alta velocità ferroviaria, di recente ha annunciato l’avvio delle procedure per la messa in mobilità di 300 dipendenti (un quarto della forza lavoro). NTV rimprovera al governo di averle messo i bastoni tra le ruote, vuoi perché Trenitalia ha scatenato la guerra dei prezzi, vuoi perché anche il recente decreto competitività del ministro dello Sviluppo, Federica Guidi, ha segnato la fine del regime tariffario agevolato per l’energia, introdotto nel 1963, determinando per NTV un incremento secco dei costi di 15-20 milioni l’anno a partire dal 2015. Un livello che sarebbe insostenibile per l’azienda, che già paga 120 milioni l’anno per l’accesso alla rete e che è in perdita senza prospettive di un’inversione di tendenza a breve.

IL CONTRATTO DI SOLIDARIETÀ PER SALVARE ITALO –

L’annuncio della mobilità ha provocato il primo sciopero della storia dell’azienda, indetto unitariamente da Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugl Taf e Fast Ferrovie e in seguito le trattative tra azienda e sindacati si sono concluse con un accordo che evita tagli all’organico. In base all’accordo verrà applicata la solidarietà al 21% medio lordo (con i lavoratori che avranno riduzione di orario e di retribuzione distribuita fra tutti per 24 mesi), ritirando allo stesso tempo la procedura di licenziamento collettivo avviata nei confronti di 246 dipendenti. «Dopo la firma, le parti si sono impegnate a ritirare da una parte la messa in mobilità e dall’altra ogni forma di protesta», si legge in una nota del gruppo, in cui si spiega che Ntv, in seguito al confronto con le forze sindacali avvenuto in mattinata, ha siglato due documenti. «Il primo evidenzia il costo del lavoro e la redditività attesa dell’azienda per i prossimi cinque anni. Il secondo documento è relativo al contratto di solidarietà per i prossimi due anni al 21% medio lordo». Infine, «l’azienda ha programmato con le organizzazioni sindacali una serie di incontri tesi a verificare alcuni temi gestionali senza aggravio di costi», si legge ancora.

LE TRATTATIVE NON SEMPLICI CON I SINDACATI –

Secondo un nota di Filt Cgil «nel corso degli incontri che si sono tenuti nel mese di marzo tutti i sindacati erano disponibili a fare l’accordo sul contratto di solidarietà per due anni. Poi l’azienda, alzando l’asticella per giungere a un accordo, ha posto come pregiudiziale il blocco dell’aumento del costo del lavoro per i prossimi sette anni per poi procedere ai licenziamenti collettivi. Una decisione inaccettabile tra l’altro in contraddizione con i piani di rilancio di cui l’azienda parla». Quest’ultima poi è scesa a più miti consigli, ma si può dire che la crisi di NTV non sia arrivata a mordere con severità anche i redditi dei suoi dipendenti.

LEGGI ANCHE:  Italo-Frecciarossa, il confronto sulla Roma-Milano

LA NAZIONALIZZAZIONE, IDEA MERAVIGLIOSA –

Di fronte a un tale bagno di sangue e al fatto che all’orizzonte non si vede traccia di utili, i soci hanno poche scelte piacevoli, la peggiore delle quali è continuare a ricapitalizzare la società, poi c’è quella di metterla in liquidazione o di venderla, impresa ardua e non solo per le prospettive poco appetibili. Resta l’ipotesi di venderla e c’è chi dice cose come: «il mercato ferroviario italiano è modesto, sia Trenitalia che Italo sono piccoli, bisogna superare 
le incomprensioni, mettere insieme 
le forze, dar vita a un player di scala internazionale capace di competere 
con gli altri operatori europei». Tra questi ci sono sicuramente quanti hanno auspicato l’avvento di un player privato sul «modesto» mercato ferroviario e che ora, par di capire, suggeriscono di scaricare sul partner pubblico buona parte del peso che si sono accollati i privati. L’interesse di Trenitalia in un tale matrimonio non è chiaro, se Italo viene messo in liquidazione nessuno ci guadagnerà come Trenitalia, che potrà acquistare a prezzo di fallimento quello che preferisce e lasciare il resto. Al contrario è abbastanza evidente chi altri abbia interesse a un esito del genere, auspicabile per gli azionisti di NTV e per quanti magari intendessero la fusione come una manovra in direzione della privatizzazione di Trenitalia.