La Banca Mondiale ha sfollato milioni di persone. Che per statuto dovrebbe aiutare

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Un'inchiesta condotta dal International Consortium of Investigative Journalists in collaborazione con diverse testate internazionali rivela che l'istituto non rispetta e non fa fa rispettare le salvaguardie poste a tutela dalle popolazioni interessate dai progetti finanziati

L’inchiesta portata a termine dall’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) in collaborazione con diverse testate internazionali, conferma il fallimento delle politiche che la Banca Mondiale si vanta di adottare a protezione delle popolazioni interessate dai progetti che finanzia: conta a milioni le persone sfrattate con la forza e senza alcun risarcimento a causa delle attività finanziate dall’istituto che in teoria esisterebbe proprio per migliorare la loro condizione.



 LA BANCA CHE DEVE AIUTARE I POVERI –

La Banca Mondiale è nata insieme al Fondo Monetario Internazionale (FMI-IMF) nel 1944 a margine della conferenza di Bretton Woods. Da allora ha agito in stretta sintonia con il  FMI allo scopo principale di ridurre la povertà, missione principale di un istituto che è nato per finanziare progetti nei paesi in via di sviluppo e che nel tempo ha assunto obbligazioni «etiche» sempre più pressanti, sviluppando dal 1989 tutta una serie di politiche e procedure che dovrebbero consentire alla Banca di rispettare un altro dei capisaldi dell’istituto, quel «do not harm», non far male, che l’impegna a fare particolare attenzione a evitare il finanziamento di progetti dannosi per le popolazioni interessate. Limiti posti dall’essere un istituto profondamente legato all’ONU e alle sue agenzie, ma soprattutto da una tragica serie d’esperienze che han visto la banca riuscire a portare a termini ben pochi processi senza finire subissata di critiche e senza provocare crisi o disastri.



OGGI LA BANCA È CAMBIATA –

La Banca Mondiale ha cambiato nel tempo la sua governance e anche se rimane largamente dominata dai paesi occidentali ha visto crescere nel tempo l’influenza di nuovi attori, come la Cina, la Russia, l’India e il Brasile. Tradizionalmente diretta da un americano a rappresentare il maggiore azionista, ha visto l’ultimo mandato affidato per la prima volta al coreano Jim Yong Kim. Oggi il potere di voto è diviso tra gli Stati Uniti (15.85%), Giappone (6.84%), Cina (4.42%), Germania (4.00%), Gran Bretagna (3.75%), Francia (3.75%), India (2.91%), Russia (2.77%), Arabia saudita (2.77%) e Italia (2.64%) ai primi dieci posti. Progressi che non hanno impedito all’istituto di mancare clamorosamente i suoi impegni, come conferma l’inchiesta dell’ICIJ e come non hanno neppure provato a smentire gli uomini della Banca Mondiale sentiti dai giornalisti. Una delle promesse mancate è sicuramente quella per la quale la BM si è impegnata a fare in modo che le persone che perdono casa, terre o lavoro a causa di un progetto ricevano abbastanza aiuti da continuare ad avere lo stesso tenore di vita o uno superiore.

MILIONI LASCIATI SENZA CASA DALLA BANCA MONDIALE  –

Negli ultimi 10 anni oggetto dell’inchiesta la BM ha sistematicamente evaso questa obbligazione infliggendo pene terribili a milioni di persone che vivono nelle zone più povere del pianeta, quelle che i suoi finanziamenti dovevano servire a far star meglio. Il tutto gratificando invece multinazionali e governi corrotti che spesso hanno usato i proventi generati da quei progetti per rendere più solida la propria presa sul potere finanziando la repressione e la spesa in armamenti. Questo è successo sostanzialmente perché la Banca Mondiale ha mancato di tirare le somme di quei progetti e ha finto di non vederne le evidentissime conseguenze, da quello che emerge dall’inchiesta la BM non ha idea di quel che è successo attorno alla maggior parte dei progetti finanziati, perché evita sistematicamente di indagare come invece dovrebbe. Per di più la BM ha mostrato di non avere alcuna riluttanza con i governi che si sono già macchiati di terrificanti abusi sulle popolazioni locali, mostrando così che in effetti i contraenti non rischiano niente a ignorare le clausole «etiche» e gli accordi sottoscritti a salvaguardia delle popolazioni interessate dalle conseguenze dei finanziamenti erogati dalla Banca Mondiale.



SENZA CONTROLLI, SENZA SANZIONI –

Spesso non c’era intenzione d’adempiere da parte del governo e spesso non c’era intenzione da parte del management della banca di far rispettare gli impegni», così Navin Rai, che ha lavorato per la BM dal 2000 al 2012 occupandosi proprio della protezione delle popolazioni indigene ha riassunto l’andazzo. La stessa BM non ha avuto difficoltà ad ammettere all’ICIJ che la sua attenzione alla sorte delle popolazioni sfollate ha sofferto «falle sistematiche», lo stesso presidente Jim Yong Kim ha dichiarato che «abbiamo analizzato come ci poniamo con gli sfollati e quello che abbiamo trovato mi causa grande preoccupazione». Che potrebbe suonare come un eufemismo, visto che secondo l’ICIJ si è trattato di una condotta che ha lasciato oltre 3 milioni di persone senza casa e senza sostentamento in giro per il mondo, persone per le quali Yong Kim per ora non sembra avere soluzioni o buone notizie. La Banca Mondiale ha sì allo studio una serie di contromisure, ma è opinione comune che la bozza circolata nel 2014 dia ancora più voce in capitolo ai governi locali nel decidere se e come le popolazioni danneggiate debbano essere risarcite, il che vuol dire che a pagare il prezzo occulto dei progetti finanziati dalla BM saranno ancora i più poveri tra i poveri, gli ultimi.

A MILIONI SENZA CASA –

Dal 2004 al 2013 secondo l’ICIJ i progetti della BM hanno costretto 3,4 milioni di persone a cambiare residenza involontariamente, come vuole la lingua condita da eufemismi dell’organizzazione, privandoli di case, terre e lavoro. Un numero che probabilmente è significativamente più alto, perché già in partenza i progetti stanno stretti quando si tratta d’identificare i numeri delle persone coinvolte dai progetti, ma quello di 3,4 milioni è confermato dal lavoro di più di 50 giornalisti di 21 paesi che per un anno hanno analizzato le carte della BM e intervistato centinaia di persone in Albania, Brasile, Etiopia, Honduras, Ghana, Guatemala, India, Kenya, Kosovo, Nigeria, Perù, Serbia, Sud Sudan e Uganda.

GENTE PRIVATA DI TUTTO –

La devastazione registrata va dalla perdita assoluta dell’ambiente nel quale le comunità vivevano ai gravi danni economici che hanno comunque spinto la popolazione a emigrare una volta sparite le antiche fonti di reddito. L’inchiesta ha accertato che la quasi totalità delle persone colpite vive in Africa o in tre paesi asiatici: Vietnam, Cina e India. Nel periodo interessato la BM ha prestato 455 miliardi di dollari per la realizzazione di 7.200 progetti nei paesi in via di sviluppo. Nello stesso periodo le persone colpite hanno presentato numerose denunce alle magistrature locali e sommerso inutilmente la BM di proteste e richieste di risarcimento o di aiuto in nome delle regole che la stessa BM impone nei suoi accordi di finanziamento.

LA CONFERMA DI UNA TRADIZIONE ULTRADECENNALE –

I casi sottolineati dal rapporto comprendono un lasso temporale non molto lungo e quindi abbracciano un numero limitato di progetti finanziati, anche perché i progetti di questo tipo hanno gestazioni che durano anni e altri ne trascorrono prima che abbiano dispiegato i loro effetti più nefasti. È anche da notare che in passato progetti simili hanno prodotto danni anche più ingenti, uno dei più clamorosi e recenti fallimenti è ad esempio il finanziamento dell’oleodotto che ha permesso alla Exxon di esportare il petrolio del Ciad e al suo dittatore di dotarsi di uno degli eserciti più forti d’Africa e di permanere al potere a piacimento, nonostante la presenza di clausole che «garantissero» l’investimento della rendita petrolifera in spese sociali.

GUADAGNANO LE ELITE, PAGANO I POVERI –

Nel rapporto rientrano comunque casi raccapriccianti come quello degli abitanti di Badia East, uno slum nigeriano spianato dalle ruspe dalla sera alla mattina, nel febbraio del 2013, lasciando migliaia di persone senza averi, case e attività commerciali senza nemmeno essere stati avvisati prima. Colpa di un progetto di rinnovamento urbano finanziato dalla BM, che prevedeva il trasferimento e non la cacciata degli abitanti del luogo. Non meno triste quello di una minoranza musulmana di pescatori che viveva di pesca nei pressi di un golfo Nord-occidentale dell’India dove ora Tata Power ha costruito una centrale energetica a carbone, che ha provocato il riscaldamento delle acque del golfo e le sparizione del patrimonio ittico sul quale gli abitanti della regione facevano affidamento per le loro sopravvivenza. Lo stesso triste destino tocca da sempre agli abitanti delle regioni trasformate in invasi per le dighe o quelli vicini a progetti estrattivi e minerari, in genere ogni progetto di «sviluppo» finanziato dalla BM comporta benefici sicuri per i partner industriali e altrettanto sicure ricadute negative per le popolazioni locali, spesso tanto negative da significare la devastazione delle vite di milioni di persone. Esiti certificati che sono sotto l’occhio di chiunque li voglia vedere e che continuano a ripetersi nonostante si ripetano da decenni stentoree dichiarazioni di principio, rassicurazioni sul fatto che non accadrà mai più.